Alla festa triste della Serbia

Alla festa triste della Serbia IN PROVINCIA TRE GIORNI DI MUSICA, BIRRA E BALLI Alla festa triste della Serbia In centomila per dimenticare la guerra reportage Giovanni Cerniti inviato a GUCA Eadesso suona, trombettiere!». Coinè gli anni di questa festa, dai faggi della collina paitono 39 cannonate a salvi!. Il campo sportivo di Guca trema, gli ubriachi vanno giù come birilli, uno, due, dieci. Suona tron ibet" tiere serbo, «incrociate le vostre trombe!», Sono venuti in centomila anche oggi, l'ultimo di tre giorni e tre notti. Qui nella Suinadija, due ore di macchina a Sud di Belgrado, «il vero cuore della Serbia» coiai! dice il vice-ministro dell'informazione Vlada Ilic, Suona perche vogliono ballare, bere, cantari!, dimenticare, ridere, piangere. Per tre giorni si possono cancellare Milosevic, le bombe, le angosce, l'inverno che arriva, l'opposizione che litiga, il pane che; aumenta del 25 per cento, il taxi del 40, sciopero degli insegnanti, la benzina che non c'è. Dal palco invitano le 39 orchestre che andranno alla sfida. Il poeta Ljubivqje Bsumovic sale con il suo bicchierone di birra chiara. «Auguriamoci che l'amore sia più forte del pianto. I potenti possono litigare, ina noi vogliamo la vila, la pace, giorni normali». Suona trombettiere che i serbi devono ballare. Mjriana, la vecchia zingara senza denti, smetto di succhiare una pannocchia bollila e dà il via al «Kolo», tutti per mano a saltellare, lei e il reduce con cappellino cetnico e le medaglie dei tempi di Tito. Balla e piange, la vecchia Mjriana. Dusko Simic è arrivato da Cacak, la città dietro la collina dove è presidente della Jul, il partito della signora Milosevic. E' contento. «Questa è la tradizione, questa è la vera Serbia!». Centomila che ballano e piangono. Questa è la «Festa del trombettiere», la gara tra le migliori orchestre della Serbiu. Con tanto di giuria di musicologi arrivati da Belgrado, sul palco si esibiscono le migliori 19, quelle che hanno vinto le gare nei distretti. Le altre, e sono centinaia, girano per questa fiera che è diventata (luca, il paese delle patate; rosa e del monumento al Trombettiere. Tre giorni e tre notte a bere vino e mangiare inaiale allo spiedo. Bancarelle di ogni genere, quella del ricettatore si chiama «Buotique Cosa Nostra». Le gare di lancio della pietra, dieci chili. 11 tiro al bersaglio con la pera che deve passare da un anello di trenta centimetri. Il salto in alto con la moto, centomila in una bolgia. E ovunque un trombache suona, stride, fischia. «Venti dinari, prego...». Il tavolo dei notabili è sotto il tendone blu sponsorizzato dalla Skoda. C'è l'industriale farmaceutico Mileta Mihajlovic. C'è il padrone dell'albergo «La tromba d'oro». E c'è Dusko Simic presidente della Jul di Cacak. «Visto quanta gente? - dice - Altro che la manifestazione di Belgrado della cosiddetta Alleanza per il Cambiamento!». Scusi, ma che c'entra? «Con epifille manifestazioni continuano i bombardamenti della Nato. Ma il popolo capisce e al momento del voto li punirà». Il signor Dusko gioca con i suoi due anelli d'oro e andrebbe avanti per ore, come un trombettiere. «Quanti erano a Belgrado i Cosiddetti? Centomila, il doppio? Fos¬ sero stati anche il triplo sarebbe un niente comunque. I serbi sono 11 milioni, e non sono mica tutti fessi!». A Guca sono arrivati in tanti, da Belgrado. Tre giorni nella tradizione. E alle tre del pomeriggio, quando parte il primo colpo di cannone, nelle prime file c'è anche la solita maglietta nera di Zoran Djindjic, il presidente del Partito Democratico. I giornali riportano l'ultima puntata della disfida con Vuk Draskovic, ormai sembrano d'accordo solo su uno frase: «Con quello lì mai piti!». Anche Djindjic pensa subito alla manifestazione di Belgrado. «Come giovedì scorso c'è meno gente del previsto perchè manca la benzina, e quella poca che c'è è troppo cara. Ma come in piazza a Belgrado qui c'è l'energia dei serbi, lo stosso entusiasmo di un popolo che non si vuole arrendere». E balla, canta, beve, vomita e piange stremato. Trombe, trombette, tromboni, corni, tube, sassofoni. Sul palco c'è di tutto. Sono le musiche di Goran Bregovic, la tradizione zingara. Battono grancassa e tamburi con bacchette di sambuco, danno il ritmo, ma la musica resta triste e i testi peggio. Vecchie e nuove canzoni dove c'è sempre il caduto in battaglia, la mamma che piange, il figlio che diventa orfano, «ma che coraggio hai dimostrato quando non ti sei arreso e ti sei fatto ammazzare!». Al campo sportivo saranno in 30 mila che vanno e vengono. Attorno c'è chi sviene, chi è crollato in un sonno duro, chi cerca un pezzo di maiale per mandar via la sbornia. «Non c'è tristezza e doloro finché c'è dà bere», si legge sulle carrozze attaccate ai muli. La festa di chi vuole dimenticare. Per tre giorni. Con Djindjic c'è Ceda Jovanovic, nel 1996 alla guida della rivolta degli studenti di Cacak. Per Dusko Simic della Jul è un brutto figuro, un «cosiddetto». Per le ragazze del '96 era un Dio. «Ceda sposami», scrivevano sulle loro spillettc. Nor. si è ancora sposato, la rivolta è finita in niente e pure Ceda vorrebbe dimenticare per qualche ora. Si guarda attorno, vede le sbronze tristi, vede chi piange, e dice che «questi sono i nostri tempi». L'anno scorso non era così. E nemmeno negli altri cinque, giura Djindjic che c'è stato. «Sono tempi tristi come le sbornie dei serbi», continua Ceda. «E' una festa diversa, in Serbia l'allegria non c'è più», lo interrompe Djindjic. Al tavolo di Dusko Simic invece c'è baldoria. E' arrivata l'orchestra di Emil Bartic. «Venti dinari, prego...». Dusko sta ancora raccontando le meraviglie della Serbia di Milosevic e signora. «A Cacak hanno bombardato sei fabbriche, sei mila operai senza lavoro, ma non ci manca niente: solo un palazzotto dello sport...». Emil è salito sul tavolo, ha la camicia azzurra zuppa di birra, balla e soffia nella tromba, non sa che questo è il tendone dei notabili. Suona trombettiere, suona e bevi con la Jul. «Sto suonando da cinque ore e andrò avanti fino all'alba», dice Emil che è un virtuoso e ha già vinto quattro trombe d'oro. Ma anche Emil è triste, sbronzo e in lacrime. Viene da Surdulica, la sua casa è crollata sotto una bomba Nato. «Un altra birra, amico. Non voglio fermarmi, non voglio più pensare. Voglio bere come se fosse l'ultima volta...». Nel vero cuore della vera Serbia. Trentanove cannonate a salve danno il via alla tradizionale sfida annuale tra trentanove orchestre Il rappresentante locale del partito della first lady «Ha visto quanta gente? Questa è la nostra vera Patria»