« La mia vita tutta colorata di rosa»

« La mia vita tutta colorata di rosa» «Ho imparato ad amare il mestiere di dipingere da una poesia» « La mia vita tutta colorata di rosa» Mondino: la pittura, le donne giovanissime e la Morgan Alain Elkann Aldo Mondino è in vacanza in un'isola del Sud Italia, abbronzatissimo, magrissimo, occhi azzurri molto penetranti, come sempre molto elegante, scarpe di velluto verde scuro, pantaloni corti a piccole righe bianche e verdine, una maglietta di un verde difficile da descrivere. Lo accompagna naturalmente ima donna giovane, bellissima, molto alta. Beve una birra, mangia pezzetti di prosciutto. Quando è nata la sua passione per la pittura? «Ricordo che da bambino ero malato e nell'antologia della scuola elementare c'era una poesia intitolata II bambino malato. Diceva che con una matita rossa e blu facendo dei trattini si inventava e si imparava a sognare. Cosi mi sono fatto regalare una matita rossa e blu e ho disegnato dei soldatini immaginari. Una battaglia blu e rossa. Alla fine a forza di incrociare soldati sono rimaste solo delle croci blu e rosse. Questa cosa mi è piaciuta moltissimo e da allora ho deciso che da grande avrei fatto il pittore. ' Un'idea difficile però da realizzare: mio padre, che era un industriale, pensava che fare il pittore non fosse prestigioso e che per più si morisse di fame». Allora cosa ha fatto? «Ho fatto il liceo poi una scuola tecnica e di li sono scappato, sono andato a Parigi. Mi sono iscritto all'Accademia. Credevo di trovare a braccia aperte ad accogliermi Piccasso e Giacoinetti mentre invece i professori erano per lo più sconosciuti, a parte Gino Severini che aveva la cattedra di mosaico. Dunque mi iscrissi a mosaico». Severini com'era? «Molto anziano, si vedeva di rado. A Parigi ero molto serio, pensavo solo all'arte. Però avevo molta fortuna, incontravo persone straordinarie. Abitavo in una cameretta dell'Hotel du Danube in rue Jacob e seppi che nella stanza vicina abitava Tancredi che per me era un mito. Mi prese in simpatia. Stavo per ore nel suo studio e lui mi considerava una sorta di assistente. Io dipingevo ancora poco e male, ma lui chiese ad una galleria dove doveva fare una mostra di esporre con i suoi anche i miei quadri senza mai averli visti». Altri pittori famosi nella sua vita? «Molto più tardi nel '62 conobbi Giacometti quando vinse il premio della Biennale di Venezia. Aveva una psicologia fortissima. Lo guardavo mentre allestiva la sua sala alla Biennale. Lui mi venne vicino e mi chiese: cosa pensa? Gli dissi: maestro, il suo lavoro è bellissimo, interessante. E lui mi rispose: sei un bugiardo, non è possibile che ti interessi questo alla tua età». Quando tornò a Torino, la sua città natale? «Nel '61 per il servizio militare e vi rimasi per alcuni anni. La città è diventata molto interessante per la pittura. Vi erano artisti importanti come Paolini, poi Boetti, Mertz; c'erano la Bussola e la Galatea che erano gallerie così, più tradizionali. Ma nacque II Punto, in cui Gianenzo Sperone era il direttore. Era una galleria di importanza nazionale. Lasciai Torino per Roma nel '66-'67 perché la città cominciava a diventare stretta, era difficile vivere in mezzo a troppe lotte, troppa concorrenza. Decisi di andare a Roma perché Mimmo Rotella, allora famoso artista, mi disse: perché non vieni a fare una mostra nella capitale? Ma fu difficile trovarlo. Lo incontrai per un singolare caso: lo riconobbi per strada, camminando in via di Ripetta, delle scarpe particolari che portava Rotella: erano uguali alle scarpe dei Beatles, alte, nere con un elastico laterale. Vissi a Roma per cinque anni, tra molti amori e divertimenti. Lì decisi che l'avanguardia era finita e anche l'arte povera. Decisi di cambiare anche mestiere: facevo un po' di comparsate nel cinema e mi sono messo a dipingere senza pensare alla carriera o alle mostre». Perchè lasciò Roma? «Avevo fatto un paio di film e Sergio Leone mi offrì una parte nel film Giù la testa e un po' di soldi. Ma un gallerista venne a trovarmi, mi disse: perché ti dedichi al cinema? e mi mise in mano 500 mila lire che allora erano moltissimi soldi e mi propose di andare in Liguria. Così andai da Leone e gli dissi che sarei partito. Dalla Liguria poi mi trasferii a Parigi dove vissi tutti gli anni 70 come pittore senza successo. In dieci anni avrò venduto sì e no dieci ciuadri a Parigi. Avevo una casa bellissima a Montmartre alla quale non sapevo rinunciare: per campare venivo in Italia a vendere dei quadri. Era molto difficile a quell'epoca trasportare soldi tra l'Italia e la Francia, non esistevano carte di credito». Che pittura faceva? «Molto cubista, fuori da tutto. Vendevo pezzi di pittura cubista già fatta da grandi maestri e cercavo di rimettere i pezzi insieme. Ma questi quadri non avevano successo». Quando ritornò in Italia? «Passai tutti gli anni HO a Milano, vedendo poca gente: lavoravo molto e mi chiudevo anche in campagna. Il vero successo però venne da una mostra a Roma da Cleto Volscina. Poi da allora è andato tutto bene. Ho fatto mostre a Parigi, a Londra... Insomma, dall 86 in poi, quando avevo quasi 50 anni, è cominciato il mio vero successo». Una vita dura? «Sì, ma piacevole, perché ho fatto sempre quello che volevo». Il suo rapporto con Torino? «Sono tornato nell'88. Ho comprato una casa, un rudere vicino a Casale Monferrato e vivo lì dal '92. Mi sono riavvicinato anche alla mia religione, quella ebraica. Adesso mi hanno chiesto di fare da testimonial del Monferrato con Inge Feltrinelli. Lo faccio volentieri perché è un luogo molto bello, molto accogliente, dove si mangia bene e ci sono i migliori vini, dal Dolcetto alla Barbera, dal Grignolino alla Malvasia. Devo dire che il Monferrato mi ha portato fortuna e lì non mi sento affatto isolato». Che dipinge? «L'ultima mostra é stata fatta tutta di cioccolatini. Li hanno fatti apposta per me i miei amici Peyrano con una mescola che dura per semine. Non si può mangiare ma sono di aspetto abbastanza morbido e rivestiti di carte colorate. Ho l'atto un enorme ritratto di Moira Orlei tutto con i cioccolatini Peyrano Accanto: il pince Mondino con il figlio Antonio Nato a Torino, oggi vive ad Altavilla, nel Monferrato dopo esser vissuto per anni a Roma e a Parigi. .<E' un luogo molto bello, dove si vive e si mangia molto bene. Per questo ho accentato di diventarne testimonial con Inge Feltrinelli" e l'ho venduto a Roberto D'Agostino. Poi ho anche un ritratto del torero Ordonez, Adesso voglio fare una mostra a Roma che si chiami "Le tre Rome". Ci sarà una bellissima, enorme mappa dell'Europa con Mosca, Costantinopoli e Roma». Insomma, lei lavora molto? «Sì, tantissimo». Ma trova il tempo per il suo grande amore, l'auto Morgan? «Si, è stata il sogno di tutta una vita e quando l'ho potuta comprare ho dovuto prendere la patente. Ho comprato a Londra una Morgan bordeaux color Rolls, con l'interno di cuoio verde e il cruscotto di cuoio verde. Ho anche un meravigliose) portasei messo dietro. E' un mio sogno d'infanzia quella macchina». Altri capricci? «Ho una bella collezione di autografi e di manoscritti. Avrò trecento autografi e manoscritti: lettere di Bonnard, di Picasso, di Kandinsky... No, non colleziono quadri perché sono un nomade e cambiando sempre studio ho abbandonato tutto, anche i quadri e i vestiti. Mi piacciono i vestiti fatti bene, con un bel taglio. Mi servo a Londra. I sarti italiani sono bravi, non sopportano i suggerimenti: si offendono subito». Davvero le sue donne devono essere sempre giovanissime? «Sì. In due non si devono superare gli 80 anni. Con la mia prima moglie, che è una delizia di donna, avremmo orinai 110 anni». Se le chiedessero se si può fare oggi il pittore, come risponderebbe? «Per conto mio sì: è bello, piacevole ma ci si deve dedicare completamente». Ci sono oggi bravi pittori? «Sì. Penso di si. Vorrei anche dire qualcos'altro: che hanno parlato molto male della quadriennale di Roma, tutti si sono dissociati. Anche io non volevo inizialmente partecipare, perché la qualità mi sembrava bassissima. Ero preoccupato. Ma poi l'ho fatto e ho avuto lo spazio che ho richiesto e no trovato che era bella una mostra solo dedicata agli artisti italiani. Voglio dire che molte persone fanno i pittori e non hanno occasione di mostrare i loro lavori e la Quadriennale permette di esporre cinesii lavori di pittori magari sconosciuti accanto ad artisti più noti». Tornerà a stare a Torino, in città? «No, ma sono ad 80 chilometri di autostrada ed è un'ottima scusa per poter usare la min Morgan». fi 6 Mio padre, un industriale, era contrario: non lo considerava un lavoro e soprattutto era certo che sarei morto di fame j ij Le mie amanti sono sempre molto giovani per una ragione di calcolo: in 2 non si devono superare gli ottanta e io ho 61 anni j y Cognome Nome»??. NotoMO/W» qTOTHIO cittadinanza residwzo.ttttWIW... professione hobby ^ lAPUtURA ÒnimiiMÒRCifiH I * ì 1 1 I I 1 L Firma del titolare li: domenica con mestiere di dipinge