«Impossibile che si sia ucciso» di Francesco Grignetti

«Impossibile che si sia ucciso» LE ULTIME ORE PRIMA DELLA TRAGEDIA «Impossibile che si sia ucciso» Il supertestimone: non ha fatto una bravata intervista Francesco Grignetti inviato a PISA H B ALLIEVO paracadutista H ~ Stefano Viberti, classe 99 1977, quarto anno dell'istituto tecnico industriale di Fossano, catapultato da Alba in una caserma dell'esercito cinque settimane fa, è l'ultima persona che ha visto in vita il povero Emanuele Scieri. Pergiorni l'allievo Viberti è stato torchiato da carabinieri, ufficiali, commilitoni, magistrato e psicologo. Non ne può davvero più. Ma è scosso dalla morte dell'amico e accetta di parlare con i giornalisti. Lei è davvero il supertestimone? «Ho visto che i giornali mi chiamano così. Ma supertestimone di che? Detta così, sembra che io sia importante. Sono l'ultimo ad avere visto Emanuele, è vero. Ma è una settimana che mi fanno tutti le stesse domande e io do le stesse risposte. Una tortura». Qualcuno pensa che lei non dica tutta la verità. «Lo so, non mi credono. Non mi vogliono credere. Me ne sono accorto dalle domande. Ma io davvero non so più di quanto ho detto». Andiamo con ordine. Cosa accadde la sera di venerdì scorso? «Eravamo appena arrivati a Pisa. Abbiamo mangiato in caserma e siamo usciti per vedere il centro». Avete bevuto? «No. Niente di particolare. Emanuele non era tipo da ubriacarsi. Non beveva particolarmente». Lui come stava? «Tranquillo. Me lo ricordo di poche parole, come al solito. Una che parlava quando è giusto». Per caso l'ha visto prendere pasticche? «Niente. Forse era più silenzioso del solito. Ma era uno, l'ho detto, che parlava solo quando serviva». In caserma avevate avuto problemi con i "nonni" o con qualcun altro? «No. Si paria tanto di nonnismo. Ma io non l'ho visto». Fate un giro per Pisa, quindi. E poi? «Siamo rientrati dalla libera uscita intorno alle dieci di sera. Era ancora presto. Io e Emanuele siamo rimasti fuori a fumarci una sigaretta. Abbiamo fatto una passeggiata lungo il viale. Era la prima sera che dormivamo qui. Ci guardavamo attorno». E siete arrivati alla torre. «Sì. In fondo al viale c'è la torre. L'avevamo già vista al pomeriggio perché lì c'è il magazzino delle lenzuola. Ci eravamo andati quando abbiamo preparato i letti. Ma di notte mi ricordo solo un gran buio. La torre nemmeno si vedeva». Tra voi due avete parlato della torre? Magari si ricorda una parola di Emanuele? «Assolutamente nulla. Abbiamo parlato delle licenze che non ci hanno dato. Ci eravamo rimasti male perché su 70 reclute avevano dato la licenza a 23. Ricordo di avergli detto: "Non importa, poi toccherà a noi, forse anzi è meglio così, ci possiamo ambientare meglio"». E poi che accadde? «Lui ha detto: "Mi allontano per fare una telefonata". Allora io sono rientrato». Aveva il cellulare? «Sì, aveva il telefonino in mano». Quando hanno trovato il corpo di Emanuele, il cellulare era nel marsupio. «Lui l'ha tirato fuori davanti a me. E io sono tornato indietro», Qualcuno dice che in quel punto non c'è campo e forse Emanuele potrebbe aver provato ad arrampicarsi per far funzionare il telefonino. «Io non ce l'ho il telefonino e non lo so. Però alcuni della camerata sono andati a fare le prove e dicono che si prende bene la linea anche ai piedi della torre». Avete fatto le vostre indagini, dunque. Parlate molto di quello cne è accaduto? «Eccome. Ne parliamo ininterrottamente. Io non so spiegarmi cosa è successo. Non credo al suicidio. Non ci crede nemmeno chi lo conosceva meglio. Era una ragazzo tranquillo. Uno giusto». E nel frattempo avevate visto qualcuno? «Nessuno. Non ho visto nessuno». Forse c'era qualche «nonno» in giro per le camerate? «Nemmeno. Era il weekend di Ferragosto. La caserma era mezza vuota». Resta il fatto che Emanuele si è arrampicato su quella torre. C'è anche chi pensa che forse voi due avete fatto una bravata e tu ora neghi di essere stato li con lui. «Lo so che si sono convinti così. Mi hanno chiesto anche questo. Ma sbagliano. D'altra parte mi chiedono di tutto. Mi hanno chiesto se sono omosessuale. Se era omosessuale Emanuele. Se io mi sono proposto e lui ha rifiutato. Se si è proposto lui e ho rifiutato io. Davvero di tutto mi stanno chiedendo». Ti impressionano queste domande? «No, li capisco. Hanno poco tempo e cercano la soluzione. Io sono quello che l'ha visto per ultimo e da me vogliono sapere di più», Ma tu perché non hai parlato fin dal primo momento? «Non è vero che non ho parlato. La sera, al contrappello, lo abbiamo detto subito al caporale che Emanuele era rientrato. La mattina dopo, quando s'è visto che non c'era, mi sono fatto avanti io. Ho parlato con il caporalmaggiore e gli ho detto queste cose che sto raccontando ora. Lui però ha pensato che Emanuele fosse uscito dalla caserma con la scusa di telefonare». E tu perché non sei andato a cercarlo? «Onestamente devo dire che mi era passalo di mente. Eravamo stanchi, frastornati. Quando è passato il contrappello, abbiamo detto che Emanuele era rimasto fuori un attimo. Al limite, pensavo che l'avrebbe visto la ronda. Poi sono andato a dormire». E ora provi un senso di colpa? «No... Che ne potevo sapere? Ma chi pensava...». Che cosa accadrà, Stefano? «Non lo so. Dovevo andare in licenza. Adesso mi diranno se posso partire. Però mi hanno delto che devo stare a disposizione. E' arrivata mia madre da Alba per starmi vicina». [fra. gri.) «Si parla tanto di aggressioni, ma non ne ho vista nessuna in caserma Emanuele mi ha detto che doveva fare una telefonata e io mi sono allontanato» In alto il para morto Emanuele Scieri Qui a fianco il commilitone Stefano Viberti l'ultimo a vedere vivo il ragazzo siciliano

Persone citate: Emanuele Scieri, Stefano Viberti, Viberti

Luoghi citati: Alba, Fossano, Pisa