I cento giorni di Ciampi l'equilibrista di Ugo Magri

I cento giorni di Ciampi l'equilibrista I primi mesi da Capo dello Stato tra interventi come mediatore e appelli perché il Paese si modernizzi I cento giorni di Ciampi l'equilibrista Niente passi falsi e un 'idea-guida: le riforme Ugo Magri ROMA Fonti solitamente bene informate attribuiscono al Presidente della Repubblica questa battuta: «Io ho un solo compito, garantire che il tendone non crolli giù. Allo spettacolo provvederanno altri...». Gli "altri" sono ovviamente domatori, fachiri e saltimbanchi della politica, che per contratto si contendono la scena, non certo il Capo dello Stato nel suo ruolo di impresario-garante della Costituzione. In realtà, per come si è mosso nei suoi primi cento giorni al Quirinale, Carlo Azeglio Ciampi farebbe la sua figura nei panni dell'equilibrista, capace di accontentare tutti e non scontentare alcuno. E' un fatto che dal 13 maggio, cioè dall'elezione a oggi, nessuno gli ha rimproverato passi falsi, cadute di stile, gaffes senza rete. Il Presidente ha camminato lieve sul filo teso nel vuoto. Non piace l'immagine da Circo Barnum? Diciamo che ha evitato i trabocchetti nei quali è più facile incappare. Insidia numero uno: isolarsi prematuramente sul Colle, inteso come torre d'avorio, luogo sacrale, lontano dall'Italia vera o presunta. Ciampi ha reagito alla "sindrome dell'eremita" che - confidano i suoi - lo preoccupa alquanto, con seicento udienze quirinalizie, quattro viaggi ufficiali in patria (Puglia, Veneto, Livorno, Torino) che si aggiungono ai due fuori dei confini (Albania, Berlino). Ha incontrato, ascoltato, riflettuto. Sulle orme dei predecessori, si è mostrato disponibile e cordiale, un volto da nonno felice, aiutato in questo dalle doti comunicative di donna Franca Pilla, la Presidentessa. Ma - ecco l'equilibrista Ciampi ha saputo fin qui contenere il suo slancio, frenando il presenzialismo un attimo prima di piombare nell'insidia numero due, la "pertinizzazione". Cioè il rischio di trasformarsi in una sorta di laica icona nazional-popolare, complici alcune oggettive coincidenze di gusti con l'ineguagliabile vecchio Sandro: dalla scelta di abitare nel Palazzo dei Papi anziché nell'appartamento in via Anapo, alle vacanze in caserma sulle Dolomiti, dalla passione per fanfare e bande musicali, alle visite nella garibaldina Caprera. Stesso stampo risorgimentale, stessa aria accattivante, stessa voglia di coltivare un colloquio diretto col popolo (con tanto di messaggio televisivo a reti unificate per la pace nel Kosovo dopo soli venti giorni di mandato), ma rispetto a Pertini una guardinga pruden- za nei confronti della popolarità da rotocalco. Quella, tanto per capirsi, che già eleva a oggetti cult le borsette e i fili di perle della First Lady, che calcola quante volte lei cambia abito per le cerimonie importanti, e ricama perfino sul vezzo di tenersi mano nella mano davanti alle telecamere, come due colombini. Così, a Palazzo sono suonati i campanelli d'allarme. Dopo il mitico pranzo di Castelporziano, quando un incontro tra vecchie coppie di amici - i Ciampi, gli Spaventa, i Levi, i Pirani - divenne quasi un affare di Stato, svdle colazioni presidenziali è calato il sipario del massimo riserbo. Da allora, nessuno si è accorto che Ciampi ogni giorno chiama qualcuno al suo desco, e dosa gli inviti con rigorosa logica bipartiscili: oggi tocca alla maggioranza, domani all'opposizione, dopodomani magari a tutte e duo insieme. Già, perché il Presidente è molto attento agli equilibri romani che calcola col bilancino, pur senza averne l'aria. Con la scusa di prendere i primi contatti, ha convocato segretari politici e vertici sindacali proprio nei momenti top. Ha scritto la parola "riforme" sull'agenda dei partiti, ha privatamente esortato alle buone maniere Sergio Cofferati e Massimo D'Alema, quando i due se le stavano cantando. Ha mediato facendo leva sul momento magico che accompagna ogni inizio di settennato. In sostanza, Ciampi si è concesso margini amplissimi di intervento; però nessuno, tantomeno da Palazzo Chigi, l'ha accusato di interventismo. Se ha invaso la sfera del governo (e nei discorsi pubblici qualche volta ne ha dato l'impressione), l'ha fatto sempre con grazia, chiedendo prima permesso e consiglio ai titolari dei dicasteri anche in quei campi - come l'economia - dove nessuno si azzarderebbe a dargli sulla voce. Ma il suo capolavoro di tatto Ciampi l'ha messo in pratica nei giorni scorsi, quando è riuscito a firmare la par condicio di Massimo D'Alema senza perdere l'affetto, pubblico e dichiarato, di Silvio Berlusconi che della par condicio è la vittima predestinata. Per ora, resta il Presidente di tutti: garantisti e magistrati, governo e sindacati, referendari e anti. 11 dubbio è se riuscirà a camminare sul filo anche in futuro, resistendo a chi tenterà di tirargli la giacca e trascinarlo nella mischia. «Voi lo sottova lutate», replica chi lo conosce bene, «Ciampi ha esperienza da vendere. E' un vero equilibrista...». Finora quattro viaggi in patria e due all'estero per vincere la sindrome dell'eremita» E un freno per evitare la chimera della «pertinizzazione» Un primo record: da maggioranza e opposizione finora solo consensi GIANNI MORANDI ELOGIA GUAZZALOCA MONGHIDORO (BOLOGNA). L'attesa per la prestazione del neosindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca è andata delusa almeno a metà. Non ha giocato nella prima partita del torneo calcistico benefico di Monghidoro. Era ancora dolorante ad una costola per una caduta in vacanza, ma ha accettato una sfida ai calci di rigore con il «padrone di casa» Gianni Morandi, che lo ha elogiato: «Lo vedo sereno e motivato. È capace di comunicare con la gente. Si capisce che ha a cuore il bene di Bologna». Guazzaloca, che non si è neanche cambiato (ha indossato solo scarpe sportive), ha dribblato tutte le domande politiche dei giornalisti e a chi gli ricordava che aveva giocato con Giacomo Bulgarelli nelle «giovanili» del Bologna ha replicato che era successo «40 anni e venti chili fa». Non lo ha smosso neppure il riferimento al suo predecessore, il diessino Walter Vitali: «Io non ho il fisico, si vede che i sindaci precedenti erano più atletici». Per il torneo (calcio a sette, incasso destinato ad una comunità di Don Gelmini, e alla «Casa dei risvegli Luca De Nigris» destinata ai giovani in coma) c'erano circa duemila persone. «Sono iniziative positive e da proseguire», ha detto Guazzaloca. Con la squadra del Milan (che ha vinto 5-3) hanno giocato Diego Abatantuono, Romeo Benetti, Ivan Capelli, Valerio Staffelli, Marco Masini, il televenditore Roberto. Con la maglia del Bologna in campo Morandi, Sandro Giacobbe, Michele Serra. Ha arbitrato Gianni Ippoliti. In porta Eraldo Pecci, gran centrocampista di Bologna, Torino, Napoli e Fiorentina che alla fine ha commentato con perfidia: «Non sapevano neppure da quale parte tiravano». [r. i.] Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e la moglie Franca Pilla salutano la folla dal terrazzo della villa Ausserer a Siusi. ieri hanno passeggiato e in serata hanno assistito a un concerto diretto da Claudio Abbado a Bolzano