Quelle tempeste sulla Folgore di Giorgio Boatti

Quelle tempeste sulla Folgore Dalla guerra alla rissa in osteria con Occhetto Quelle tempeste sulla Folgore Giorgio Boatti INUTILE negarlo: in Italia gli alti e bassi nel rapporto tra le Forze Armate e la società civile sono spesso scanditi dall'immagine che i paracadutisti della Folgore, unità tra le più prestigiose del nostro esercito, si conquistano presso l'opinione pubblica. Da questo punto di vista, forse, uno dei momenti più difficili si registra nel 1966 proprio alla «Gamerra» di Pisa. Altri tempi, naturalmente. Due anni prima, nel luglio del 1964, Achille Occhetto e altri giovani comunisti, sorpresi in una trattoria a cantare una canzone antimilitarista, vengono presi a bottigliate in testa da un tenente. L'ufficiale responsabile dell'aggressione viene immediatamente chiamato a rapporto dal suo colonnello che lo redarguisce: «Simili canzonacce non meritavano botte, ma sputi...». «Signor colonnello, erano tanti e la saliva non mi bastava per tutti», risponde il tenente che, ovviamente, farà una brillante carriera sino a diventare generale. Sono gli anni in cui a Livorno, ma anche a Pisa, banali contrapposizioni tra civili e para finiscono in scazzottate di piazza in cui, ancora una volta, ci si divide tra rossi e neri. Militanti di sinistra contro para, accusati di nostalgie verso la vecchia Folgore fascista. D'altra parte, addestramento, canzoni e distintivi e parole d'ordine impiegati dall'unità paracadutisti, ricostruita a partire dal 1963, non facevano nulla per smentire questo continuo ammiccamento ad un passato che, invece, era fortunatamente trascorso. E così, per anni, si mobilitano portuali livornesi e operai e studenti pisani contro quella che viene ritenuta una truppa prona alle pianificazioni di qualche generatone con la fissa del golpe. E il reclutamento che veniva fatto allora - quasi solo gente di destra tra le reclute della Folgore - qualche sospetto finiva con l'accenderlo. Tempi duri, insomma. Tanto che quando la stampa di sinistra decide l'ennesima inchiesta sulla Folgore e sui nieto- di di addestramento e su misteriosi e mortali incidenti accaduti alla «Gamerra» succede il fattaccio. Un articolo sostiene che per adeguarle ai ritmi massacranti di impiego le reclute vengono dopate: il comandante dalla scuola di paracadutismo replica a modo suo. Mette le sue belle decorazioni sull'alta uniforme e, adocchiato nei dintorni della «Gamerra» il giornalista autore del servizio, lo prende a schiaffi. Non uno - come si faceva per sfidare a duello al tempo dei gentiluomini. No, una bella raffica di schiaffoni e via. Ovviamente è subito tempesta sul colonnello (si chiamava Palumbo) e sulla Folgore, che obiettivamente ospita tra le sue file un po' tanti nostalgici del Duce e continua ad alimentare scontri e polemiche. Poi arriva a comandarla un generale, Alberto Li Gobbi, medaglia d'oro della Resistenza e di simpatie socialdemocratiche, e tutto sembra placarsi anche perché i ragazzi della Folgore, durante l'alluvione del 1966 a Firenze, danno il meglio di sé. Altro scompiglio è al tempo della P2, quando salta fuori che il comandante della Folgore, il generale Viviani, ex-capo del controspionaggio, è nella lista del venerabile Licio Gelli. Rapidissimo trasloco por Viviani ma per la Folgore sono altre polemiche ancora. E poi negli anni, di tanto in tanto, dentro l'unità incidenti gravi o misteriosi episodi il cui clamore è velocemente sopito. Anche perché la Folgore, grazie a ristrutturazioni interne, a un reclutamento più aperto, a nuovi compiti affrontati nell'ultimo quindicennio in modo efficace e autorevole, ha dimostrato di sapersi muovere sui più diffìcili e mortiferi scacchieri (ad esempio la Bosnia, «Operazione Vulcano»). Ragione di più perché sulla morte di un ragazzo della Folgore si faccia, e subito, piena luce. Paracadutisti della Folgore I ragazzi di Pisa s. sono spesso distinti in situazioni difficili Nell'alluvione di Firenze del 1966 il corpo ha dato il meglio di sé

Persone citate: Achille Occhetto, Alberto Li Gobbi, Duce, Licio Gelli, Occhetto, Palumbo, Viviani

Luoghi citati: Firenze, Italia, Livorno, Pisa