Un inferno di fuoco liquido brucia la mega centrale

Un inferno di fuoco liquido brucia la mega centrale Un inferno di fuoco liquido brucia la mega centrale ISTANBUL Quella vissuta dagli abitanti di Istanbul, Bursa, Sakarya, Canakkalc è una tragedia. Ma attorno alla raffineria di petrolio di Izmit la situazione ò apocalittica. Ancora martelli pomeriggio le agenzie d'informazioni riferivano di un incendio ma, aggiungevano, «fortunatamente lo fiamme non hanno provocato danni gravi». Purtroppo si trattava solo di belle speranze. La stessa sera il giornale delle televisione nazionale comunicava che «l'incendio si starebbe estendendo», e che il personale era stato «invitato» ad evacuare il territorio della raffineria. Poco dopo la televisione privata «Star» dava una versione minimamente più vicina alla realtà: l'incendio provocato dal sisma «è sfuggito al controllo». In verità, intanto, nell'enorme impianto di Izmit si era scatenato l'inferno. Non si sa ancora per quale motivo, probabilmente una ragione banale, a seguito del terremoto una grande cisterna di petrolio greggio della raffineria «Tupras», alla periferìa di Izmit, ha preso fuoco. La situazione in tutta l'area era caotica, i soccorsi non si vedevano, i militari erano accorsi prima di tutto alla vicina base navale di Golcuk, dove, pare, centinaia di marinai avrebbero perso la vita. E così tecnici e lavoratori della «Tupras», la più grande raffineria di tutta la Turchia, si sono trovati a dover combatte¬ re da soli contro le fiamme. Il fuoco, partito da una delle enormi cisterne, si era estesa ad altre cincjue, trasformando l'intero perimetro industriale in una micidiale fornace. Nella notte tra martedì e ieri, finalmente, la situazione era diventata chiara. L'incendio non è domato - diceva il sindaco Sirmen -. Tutta la città è minacciata dalle fiamme, e il municipio non ha i mezzi per domarle», un'ammissione di impotenza affidata all'agenzia ufficiale «Anadolu», che aggiungeva: «Il sindaco ha indicato che aerei con equipaggi specializzati nell'estinzione di grandi incendi sono partiti da Francia e Germania, e sono attesi nelle prossime ore». Era accaduto che il personale della raffineria, prima anco- ra che giungesse l'ordine ufficiale, era stato costretto ad interrompere i tentativi di domare le fiamme, e che il direttore dell'impianto, Husamettin Danis, aveva dovuto dare ordine a tutti di evacuare l'intera zona. Danis ha subito chiesto aiuto all'unità di crisi creata dal primo ministro Bulent Ecevit, e così un paio di aerei di solito usati per combattere gli incendi nelle foreste si erano levati in volo da Antalya, sulla costa meridionale della Turchia, per sganciare tonnellate di sostanze chimiche nel tentativo di soffocare il petrolio in fiamme. Ma senza alcun successo. Ieri il fuoco ha investito altre tre delle trenta cisterne, e minacciava di assalire anche i depositi di carburante raffina¬ to. «Questa è al momento la minaccia più grave», ha detto il premier Ecevit in un triste annuncio televisivo. Se l'incendio si estendesse, «per Izmit sarebbe un nuovo disastro», ha detto il governatore della provincia, Memduh Oguz. Disastro è dir poco, perché attorno alla «Tupras», in cui comunque sono stoccate ben 700 mila tonnellate di petrolio, si trovano diversi gasometri e, quel che è peggio, un impianto per la produzione di fertilizzanti con un deposito di ottomila tonnellate di ammoniaca. Un incubo. Da Ankara sono allora partite le richieste di aiuto, e Francia, Germania e Stati Uniti hanno subito deciso d'inviare aerei antincendio e tonnellate di schiume chimiche speciali, adatte a spegnere gli idrocarburi in fiamme. Ma all'appello ha risposto anche la Grecia, Paese storicamente nemico della Turchia, inviando un Canadair e un elicottero antincendio, un C-130 di prodotti chimici e, soprattutto, un'equipe specializzata. Lo stesso ha fatto Israele, mentre l'Italia ha inviato stanotte due tonnellate di polvere estinguente. Già da martedì sera la polizia aveva avuto ordine di evacuare un'area di cinque chilometri attorno alla raffineria. Ma, dramma nel dramma, ancora ieri molti abitanti si rifiutavano di andarsene: con i soccorsi che ancora non si vedono, partire significa abbandonare ogni speranza di riuscire a tirar fuori i propri cari dalle macerie dei palazzi crollati. [f. sq.l In fumo 8 cisterne Paura per una vicina fabbrica chimica

Persone citate: Bulent Ecevit, Danis, Ecevit, Oguz