Simenon d'estate

Simenon d'estate UN GENTILUOMO TRA I BANDITI Simenon d'estate Mister Smitt aveva fatto una proposta pericolosa fOS ^0 Ì^ZÌB , 5000 Ò 011S H QOt\\Xc\ \£ COQà, 'I avrebbero potuto finalmente vivere sereni e ricchi partire,Giacomo!... Ho paura!... Ed olla piangeva stringendosi disperatamente a lui. Il suo povero viso, bagnato di lagrime, era sconvolto. Le guancie luccicavano e le palpebre erano come tumefatte. La giovane coppia era nel proprio appartamentino, ammobiliato a poco a poco, stanza per stanza. Ella, singhiozzando, ripeteva: - Ho paura!... Ho paura, Giacomo! E Arbaud sentiva serrarsi la gola da un'angoscia inesplicabile. Aveva voglia di piangere anche lui! Sentiva una voglia pazza di prendere Elsa fra le braccia e consolarla e dirle, asciugandole le lacrime con le labbra, che non sarebbe più partito. - Non partire, Giacomo!... Ho paura! Egli le teneva le mani sulle spalle e ripeteva macchinalmente in francese, nonostante che Elsa conoscesse solo l'inglese: - Andiamo... andiamo! Calmati!... Vi era in lui qualcosa di più forte del suo amore per Elsa, della sua attuale commozione: c'era la vertigine dell'avvenire che gli era balenato davanti agli occhi, dol destino che presentiva. - Un mese!... un mese e saremo ricchi. Un mese di separazione non era poi gran cosa! Doveva forse per l'isterismo di una donna rinunciare alla fortuna? Ella aveva paura quantunque Arbaud le avosso tenuto nascosta la verità. Le aveva detto che il denaro, che aveva ricevuto da Smitt, gli era stato inviato dai suoi genitori e aveva mostrato ad Elsa una lettera di suo padre. Ella comprendeva solo l'inglese e Giacomo non aveva esitato a farle una falsa traduzione della lettera paterna. Invece dei consigli e dei rimproveri che erano in essa contenuti, egli lesse ad alta voce: «Ti aspettiamo al più presto per metterci d'accordo sulla divisione dell'eredità di tua zia di Fécamp. Imbarcati sul primo piroscafo in partenza. La tua parte è di circa centomila franchi; con questo denaro potrai intraprendere degli affari più importanti di quelli di cui ci parli nelle tue lettere...». Ciò nonostante Elsa aveva paura! Giacomo le aveva detto che non poteva condurla con lui, perché i suoi genitori sarebbero stati scontenti di apprendere che si era sposato senza il loro consenso. Un mese di solitudine! Un mese durante il quale Giacomo sarebbe stato lontano da lei, in un altro Paese, ripreso da un'altra vita) Appena Giacomo le aveva accennato l'idea di lasciarla per ritornare per un mese in Francia, ella aveva trainato. E adesso ella non voleva intender ragione. - Ecco intanto mille dollari! le aveva detto Giacomo. - Siamo quasi ricchi. Tu non lavorerai più... è domani andremo insieme a comperare il vestito nella vetrina del Broadway e che ti piace tanto... L'acquisto del vestito non la entusiasmava più dal momento che Giacomo partiva. Elsa era un piccolo essere tutto nervi, un piccolo essere che vibrava al minimo soffio. Ella amava Giacomo senza essersene mai chiesto il perché: ella lo amava ed era stata felice: adesso non voleva perderlo; non voleva restar sola. - Non partire, Giacomo!... Ho paura. - Ma di che cosa? - Non lo so, ho paura. - Temi che il piroscafo naufraghi? Ma allora non bisognerebbe più uscire dal proprio letto... Eppoi tu che sei cosi accanita per andare in sandolino! Parole, niente altro che parole! Parole che Giacomo pronunciava senza convinzione, parole come quando si vuol calmare le paure di un bambino. - Ho paura!... - Dei miei genitori? Ma non hai sentito che mio padre mi dice che questa eredità mi servirà per incominciare degli affari, qua, in America?... - Perché non ti manda i denari qua, senza farti partire? - E' impossibile... Non può... Ci sono da compiere infinite formalità. Bisognerà fare delle firme... - Allora lascia che ti accompagni! Non mi farò vedere... Viaggeremo separati l'uno dall'altra... Viaggerò col mio nome da ragazza... Arbaud si snervava. Era continuamente costretto a trovare un'altra scusa per deciderla a restare. Ed ella sentiva che Giacomo mentiva. Oh! non indovinava certo che tutta la storia dell'eredità era una favola, ma sentiva, con sicurezza incredibile, che il giovane non pensava affatto le parole che diceva. La prova migliore di ciò era che, in certi momenti, Arbaud era commosso quanto lei. Perché era cosi commosso se era sicuro di ritornare fra un mese? - Giacomo! Tu mi nascondi qualche cosa... Voglio saper tutto!... Ho paura! E si stringeva contro di lui, sfiorandogli U viso con la propria guancia ardente, bagnata di lagrime. Giacomo fu sul punto di cedere, di dirle tutta la verità, di prometterle di non rivedere mai più Smitt che lo trascinava su una via pericolosa. Al disopra della testa della moglie. Arbaud guardò, in giro per la stanza, gli oggetti che gli erano famigliari: il suo sguardo si posò a lungo sul grammofono che era l'orgoglio di Elsa. - Non piangere più, cara! Tornerò! E saremo febei... - Lo siamo già tanto adesso... accontentiamoci! - Lo saremo ancora di più... - Io non voglio esserlo di più. Ho paura... Questa paura ella non sapeva spiegarsela ma fino dalle prime parole di Giacomo, il presentimento le aveva serrato la gola. Elsa sentiva improvvisamente che Giacomo le sfuggiva, le pareva che quella giornata fosse l'ultima della loro felicità. - Calmati, cara, calmati... Non parto domani... abbiamo ancora qualche giorno avanti a noi... Questo fu il solo argomento che riuscì a calmarla un po' perché sperò in questo frattempo di riuscire a convincere Giacomo a non partire. Un mattino mentre stavano per uscire, il campanello della porta squillò ed Elsa, che era andata ad aprire, si trovò in presenza di Smitt che la salutò con marcata affettazione. - La signora Arbaud, vero? - Sì, volete parlare con mio marito? Già Arbaud accorreva dalla stanza vicina. - State attento! - pronunciò in francese -. Voi siete l'uomo d'affari incaricato di parlarmi della successione di mia ziaElsa ascoltava senza comprendere, ed il fatto che Giacomo s'intratteneva con lo sconosciuto in una lingua per lei incomprensibile, accrebbe il suo spavento. Perché Giacomo parlava in francese dal momento che il visitatore era americano? Smitt le fu subito antipatico: prima di tutto perché le portava via il marito, poi perché vi era troppa spavalderia nel suo sguurdo. Vi sono degli sguardi che le donne non perdonano: quegli sguardi di uomini abituati a trionfare sempre, grazie al loro denaro e che si posano su una donna come per dire: - Vale la pena che prenda anche questa? Sguardi che, nello stesso tempo, svestono, giudicano, decidono: - Forse, un giorno, chissà, se avessi il capriccio... Così Smitt guardava le donne e così, per tutto il tempo della conversazione che ebbe con Arbaud, guardò Elsa. Giacomo se ne accorse ed il suo viso s'imporporò, ma dovette frenare la gelosia e far fìnta di nulla. Nondimeno tentò di tutto per attirare altrove l'attenzione di Smitt. - Benissimo!... Vi ascolto... diceva Smitt continuando imperturbabile ad osservare, con gii occhi socchiusi, la giovan? donna, senza togliersi il sigaio di bocca. Comodamente seduto in una poltrona, con le gambe distese ed appoggiate sulla traversa di una seggiola, senza mai togliere gli occhi di dosso ad Elsa, avvertì Arbaud che l'indomani mattina si doveva imbarcare. Il piroscafo partiva alle dieci. - Durante il viaggio, nessuna lettera, siamo intesi, vero? Non dovete né spedirne, né riceverne! - Ma... - E Arbaud accennò a sua moglie. - Vi ripeto, nessuna lettera! So quello che dico.. In Francia, ricordatevi che non sarete più Arbaud, ma il conte di Trémois... Alla stazione di San Lorenzo troverete una persona che vi rimetterà tutte le carte necessarie per assumere tale nomeQuando finalmente Smitt se ne andò, dopo aver ripetuto ad Arbaud le sue ultime istruzioni, questi entrò nella stanza dove si era rifugiata Elsa. Egli entrò, con la ferma intenzione di consolare la poverina, pronto a impiegare tutti i mezzi, pronto a dirle delle frasi tenere prendendola in braccio. Ma, sia perché si vergognava da se stesso, sia perché sentiva di essere indegno di chiamarsi uomo, egli disse tutto il contrario di ciò che voleva dire. - Che cosa è successo, Elsa? lei diventata pazza? Non ti accorgi della situazione imbarazzante in cui mi hai messo in faccia ad un amico?... Ehm lo guardò spaventata. Come? Dopo quanto era successo, e per colpa sua, egli aveva il coraggio di rimproverarla? Ciò nonostante egli continuò su quel tono. Egli reagiva... non contro di lei, ma e w' ro se stesso. Poiché non poteva prendersela con sé, se la prendeva vigliaccamente con la moglie e, cosciente della sua vigliaccheria, ne soffriva. - Ogni giorno che passa diventi sempre più nervosa! Alla fine sarai insopportabile. Che cosa è successo? Niente di più naturale! Mi si annuncia un'eredità. Perché io ne entri in possesso bisogna che faccia un viaggio! Ecco che ti metti chissà quali idee in testa e non vuoi lasciarmi partire... Vuoi che rinunci a centomila franchi per i tuoi presentimenti di cattivo augurio? Ti pare serio questo? Eh... Rispondi!... Ebbene, perché lo vuoi ci rinuncio... Non partirò... Così sarai contenta e saremo sempre due miserabili... Non sapeva più nemmeno lui quello che diceva: vedeva davanti a sé un povero essere scosso da singhiozzi convulsi. Elsa non poteva più parlare, la sua disperazione era troppo grande! Giacomo tacque e, ripreso possesso di sé, toccò dolcemente la spalla della moglie: - Andiamo, Elsa! Dimentica quello che ti ho detto! Sono stato ingiusto e cattivo! Ma perché anch'io soffro... Non vorrei lasciarti... La tua disperazione mi rende ancora più penóso il distacco... perché la mia partenza è indispensabile, lo sai... non posso farne a meno... In quel momento scorse il proprio viso nello specchio attaccato alla parete di fronte e si vergognò della commedia che recitava. Ebbe uno scatto di sincerità! Sì, non sarebbe partito, avrebbe confessato tutto! Cercherebbe un altro posto... ma... Smitt verrebbe a reclamare i mille dollari che gli aveva anticipato... e Giacomo ne aveva spesi più della metà. Era impossibile! Ormai non si poteva più retrocedere! - Mia piccola Elsa, perdonami! Ti ho fatto dispiacere! Ma è perché ti amo!... Comprendi?... Se non ti amassi, partirei senza preoccupazioni... Mi hai fatto paura coi tuoi presentimenti... Dì!... Guardami, Elsa... Dimmi che mi perdoni!... Ti giuro che quell'uomo non entrerà più qui... Ella volse il suo viso pallido e sofferente verso di lui. Delle traceie rosse si delineavano sulle guancie, le labbra sanguinavano. Vedendola soffrire così una commozione grandissima gli serrò il cuore. - Elsa!... - gridò con tutta l'anima. Ella sentì che il suo scatto era sincero e tutto il suo cuore volò a lui in una esclamazione: -Giacomo!... Ma ella aggiunse: - Tu non partirai!... dimmi che non partirai!... Io sento che tu parti e tutto è finito... EgU rimase immobile a testa bassa. Elsa si rifugiò nelle sue braccia e con imo sforzo eroico sorrise: - Siamo così febei! Che c'importa la ricchezza? Credi forse che ti amerei più di adesso se fossimo ricchi?... Guardami... Piangi... Tu piangi... Perché... Non voglio che tu pianga!... Non vogbo... Giacomo non dirmi più mula!... No, no... Non ti trattengo più. Non insisterò più, perché tu rimanga e te lo prometto... Hai ragione... son un po' troppo nervosa... Resterai via tre settimane... Il tempo necessario per andare e tornare... Giacomo... Mi senti?... Lascia ch'io t'asciughi gli occhi... Ascolta... Usciamo... E' mogUo! Sarà la nostra ultima passeggiata... prima della tua partenza... Uscirono. I loro visi, però, recavano ancora le traccie delle lacrime versate, delle emozioni passate. Erano tristi, ma si sforzavano a sorridere. Essa volle mostrarsi brava e trascinò il marito in vari negozi dove acquistò ella stessa alcuni oggetti da viaggio. Ella non dubitava che quegli oggetti erano troppo semplici e troppo miseri per U personaggio che doveva diventare Giacomo. Un debole sorriso rischiarava il suo viso. - Mi darai l'indirizzo dei tuoi genitori perché io ti scriverò tutti i giorni. Però se non vuoi che i tuoi vedano le mie lettere, ti scriverò fermo posta... Anche tu, vero, mi scriverai tutti i giorni?... Lettere brevi perché sarai molto occupato... Ma che abbia almeno una tua parola affettuosa... Il tempo passerà veloce... "Trascorsero la notte l'uno vicino all'altro, fingendo di dormire: si ascoltarono vicendevolmente il respiro e ciascuno pensava che era solo a vegliare e a lasciar cadere, ad una una, sul guanciale lacrime amare cocenti. Alle sette Giacomo partì. Volle che Elsa rimanesse in casa per il timore di incontrare Smitt sulla banchina. Alle dieci del mattino Elsa era solai Seduta sul letto non ancora rifatto guardava l'impiantito come inebetita: Giacomo Arbaud, in piedi sul pionte della prima classe del «Lievatan» contemplava la statua della Libertà che spariva a poco a poco nello scintillio del sole. (Continua) ©1929 Estate of Georges Simenon ali rights reserved Per gentile concessione di Adelphi Elsa ha paura, piange e invoca il suo amore perché non la lasci, teme di perderlo per sempre, di restare sola Giacomo è certo che tutto sarà facile, un solo mese lontani e poi l'eterna felicità. Ma lei sospetta un triste inganno VII PUNTATA Elsa e Giacomo Arbaud sposi felici ma poveri nella New York poveri fine Anni Venti. Mister Smitt offre a Giacomo 5000 dollari per una missione di contrabbando. tuttolibri tem poUbero

Persone citate: Georges Simenon, Giacomo Arbaud, Simenon

Luoghi citati: America, Elsa, Francia, New York