Ingegneria genetica all'assalto delle viti

Ingegneria genetica all'assalto delle viti Ingegneria genetica all'assalto delle viti In Germania e in Francia esperimenti per rendere le piante più resistenti e lente a marcire: ma cambierà anche il gusto Carlo Pettini MENTRE, come ogni anno nei mesi estivi, siamo alle prese con le degustazioni per la prossima edizione della guida «Vini d'Italia», leggiamo che presso Siebeldingen, storica zona vitivinicola tedesca, sono state messe a dimora le prime 130 viti frutto di elaborazioni genetiche. Utilizzando i geni dell'orzo le piante sono state manipolate per renderle più resistenti ali attacco di funghi e insetti. La notizia non ci sorprende. Già tre anni fa gli scienziati australiani Tricia Franks e Mark Thomas avevano presentato «il primo tipo di uva mutato geneticamente»: le loro nuove viti high-tech dovranno avere una migliore qualità per quanto riguarda i frutti, essere più resistenti alle malattie e più lente a marcire. Anche in Francia sono stati avviati i Primi esperimenti sulla vite, con obiettivo di rendere più resistente alle infezioni virali lo chardonnay di Borgogna. E l'ingegneria genetica si appresta a raggiungere il vino anche attraverso le tecniche di cantina. Per esempio con certi lieviti prodotti in Sud Africa (Paese all'avanguardia in questo settore), la cui azione va ben al di là della semplice trasformazione dello zucchero in alcol. Alcuni sono in grado di mitigare l'acidità del vino durante la fermentazione, trasformando il più aggressivo acido malico in acido lattico; altri di prelevare in misura maggiore la pectina presente sulle pareti degli acini, con il risultato di rendere più intenso il colore del vino rosso; altri ancora di favorire la formazione della glicerina, dando al vino un sapoie più pieno. Attraverso questa via si arriva dunque a influenzare le caratteristiche organolettiche del vino. Attualmente la maggioranza degli esperimenti di ingegneria genetica si concentra sul come rendere le piante più resistenti agli attacchi di parassiti e malattie, oppure sul come programmarle affinché diventino insensibili ai pesticidi. E sono sempre più numerosi gli esperimenti che mirano a migliorare il gusto, l'aspetto e la conservabilità dei frutti. Ed è illusorio pensare che la viticoltura rimanga un'isola felice. Sicuramente non pochi viticolto¬ ri accoglierebbero con favore vitigni immuni agli attacchi dei funghi. E addirittura una parte del movimento ambientalista sembra guardare con attenzione verso varietà che favorirebbero una viticoltura più «pulita», in quanto meno bisognosa di trattamenti. Peccato che, come sostiene Ernst R hi, responsabile dei programmi sulla vite all'istituto di ricerca sul vino di Geisenheim in Germania, la battaglia immunitaria del vitigno contro 1 attacco dei funghi sia un gioco complesso nel quale interagiscono diversi geni della pianta e che sia molto più facile trasferire la reattività ai funghi da specie selvatiche coltivate in modo classico che non attraverso l'ingegneria genetica. Al di là delle considerazioni di carattere etico su chi pretende di piegare il corso della vita e della possibilità di «incidenti di percorso» che avrebbero conseguenze gravissime per l'equilibrio naturale e per la salute dei consumatori, c'è il rischio che, in un futuro non lontano, colore, profumo, sapore del vino possano essere determinati in laboratorio. Poveri noi degustatori.

Persone citate: Mark Thomas, Tricia Franks

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia, Sud Africa