Mafia dei Balcani dietro le rapine

Mafia dei Balcani dietro le rapine Milano, altre armi provenienti dall'ex Jugoslavia nell'ultimo arsenale scoperto Mafia dei Balcani dietro le rapine Riforniva la banda degli ex terroristi Fabio Poterli MILANO Adesso manca solo ilBosniaco. Adesso c'è solo lui, nel mirino degli investigatori che indagano sulla rapina di via Imbonati. E' l'uomo che riforniva di armi l'organizzazione. E' quello che dalla ex Jugoslavia, faceva arrivare le armi trovate ancora pochi giorni fa, nell'ultima santabarbara scoperta, quella in un box di via Savona. Quella intestata a Gabriele La Piana, 41 anni originario di Messina, pregiudicato ed ex semilibero. E lui il diciassettesimo arrestato nelle indagini, è lui che sta collaborando da giorni con gli investigatori, per ricostruire ruoli e responsabilità dell'organizzazione. Nell'arsenale che custodiva, oltre a due mitra, otto pistole, munizioni, baffi finti, cellulari e lampeggianti della polizia, è stata ritrovata anche una maschera con il volto di Silvio Berlusconi. «Come nel film Point break. Come quel gruppo di surfer che assaltavano banche in California, camuffati da presidenti Usa...», dicono in Questura. Quella maschera non risulta essere stata usata nò in via Imbonati, nò in altre rapine. Ma adesso c'è un interrogativo più serio, nella testa degli inquirenti. Un dubbio che porta al terrorismo, dopo l'arresto di Fabio Canavesi, ex militante di Prima Linea, il terzo a finire in manette per questa indagine. E allora sono in molti, a chiedersi se insieme a rapinatori professionisti ci sono questi vecchi terroristi, arruolati perchè sanno imbracciare bene le armi come, Francesco Gorla, arrostato il 25 luglio scorso. O se invece si tratta di nuovi elementi delle ultime bierre, quello responsabili dell'omicidio di Massimo D'Antona, armi in pugno per autofiaanziarsi. , «Sono segnali su cui stiamo lavorando», non si sbilancia Giovanni Salvi, il magistrato romano titolare delle indagini sull'omicidio di D'Antona. «Tre ex terroristi in una sola rapina, non può essere un caso», ripete Italo Ormanni, procuratore aggiunto a Roma, «Le indagini sono a trecentosessanta gradi, non tralasciamo alcuna ipotesi», giura il Questore di Milano Giovanni Finazzo, mentre altri investigatori ritengono più plausibile la pista terroristica. Una pista smentita con l'orza, sia dal procuratore capo di Milano Gerardo D'Ambrosio sia dai vicecapo della polizia Rino Monaco. Da loro arrivano purole identiche: «In questa in chiesta non è emerso assolutamente alcun collegamento con organizzazioni terroristiche». Spiega D'Ambrosio: «Quelli arrestati sono ter- roristi dell'ultima ora, quando furono arruolati anche criminali comuni. Niente di strano, se sono tornati a compiere gesti criminali». Sottolinea, Monaco: «Quella del terrorismo era solo una pista investigativa». Più seria allora diventa la pista bosniaca, quella del faci- le reperimento di ex Jugoslavia in anni. armi dalla guerra da Kalashnikov in gran quantità, armi leggere, pistole, munizioni e bazooka, come quelli che in via Imbonati dovevano essere utilizzati per aprire insieme all'esplosivo il furgone blindato. O fermare le pattuglie della polizia e dei carabinieri arrivati sul posto in pochissimo tempo e sommersi da una valanga di fuoco, trecento proiettili almeno, alcuni dei quali mortali per l'agente Vincenzo Raiola. «Ma io quel giorno nemmeno c'ero. Ero da un'altra parte», fa mettere a verbale Fabio Canavesi, l'ex militante di Prima Linea interrogato ieri pomeriggio dal pm Lucilla Tontodonati e dal gip Francesca Manca. Nega tutto anche l'altro arrestato, Nicola Petrillo, una storia criminale infinita, dalle rapine con i coltellini fino al '94, alle 31 rapine a mano armata per cui era stato arrestato la prima volta. «Il mio cliente ha risposto serenamente. Ha detto che in via Imbonati non c'era, che non conosce nemmeno gli altri arrestati, a parte due con i quali ha una conoscenza casuale», racconta il difensore d'ufficio di Petrilli. Ma nelle mani degli inquirenti, ci sono le intercettazioni ambientali tra altri componenti della banda, dove si parla di «Fabio» e di «Nicola». Dove si dice che forse farebbero meglio a lasciare Milano. Dove si sostiene che quella rapina è finita male, perchè molte cose non andavano fatte in quel modo, a partire dal'utilizzo di un chilo di esplosivo, di alcune auto lasciate poi sul posto. Fino al mancato sganciamento dopo che il colpo era fallito e il successivo conflitto a fuoco. E niente hanno detto anche gli altri cinque arrestati, già in carcere per la rapina di via Imbonati, fermati per un altro assalto, quello a un portavalori che aveva appena ritirato 120 milioni da un centro commerciale, l'anno scorso appena fuori Milano. Un rapina fallita anche in quel caso, con il ferimento di uno dei vigilantes, colpito dai proiettili sparati da un kalashnikov. U vicecapo della polizia Monaco esdude legami tra la gang di via Imbonati e l'omicidio di D'Antona compiuto a Roma dalle Br Trovata una maschera di Berlusconi, forse usata dai banditi durante alcuni colpi Armi e maschere recuperate nell'ultimo covo della banda di via Imbonati. Sotto: Fabio Canavesi, ex terrorista di Prima Linea, arrestato venerdì