La Bibbia esalta la «senectute»

La Bibbia esalta la «senectute» La parola del Signore contro le disposizioni della Chiesa La Bibbia esalta la «senectute» Domenico Del Rio NELLA vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare il Signore». I vescovi italiani, che certamente si pascolano di Sacra Scrittura, devono aver meditato queste parole del salmo 92 e hanno pensato di poterle contrapporre alle disposizioni pontificie che li mvitano a lasciare il ministero episcopale all'età di 75 anni, dichiarandoli vecchi per decreto apostolico. E' da credere, infatti, che la parola del Signore, almeno qualche volta, almeno per i vescovi, valga di più della parola del Papa, sebbene questa sia sempre assennata e rivolta la bene delle anime, comprese quelle dei pastori di anime. Anche perché, nel caso specifico, chi potrebbe sostenere che, oggi, con il progres¬ so del mondo, si sia vecchi a 75 anni, soprattutto per coloro che stanno nel campo ecclesiastico, abituati da sempre a penetrare nel «De Senectute» mantenendo autorevolezza e, ovviamente, saggezza? Ha scritto proprio un cardinale, Leo Suenens, belga, già ultraottantenne: «La condizione della Chiesa dipende largamente dagli inauditi mutamenti del mondo in cui vive. L'accelerazione della storia, in questa seconda metà del ventesimo secolo, si produce con un ritmo allucinante: ormai cambiamo di secolo ogni cinque o dieci anni». Già fin dai tempi antichi, d'altra parte, e con l'autorità stessa della Bibbia, è con gli anni che si accumula saggezza ed è bene che tale cumulo non si sia formato inutilmente, ma possa essere esercitato a beneficio del popolo intero. Non solo del popolo, ma, per esempio, anche dei politici che, come avveniva in tempi di antica cristianità, era dai vescovi che ricevevano particolare assistenza. Decretava, infatti, sia pure in un latino un po' contorto, il Concilio di Arles: «Qui rem publicam agere volunt ab episcopis cura illis agatur», che vuol dire: «Coloro che vogliono dedicarsi alla politica siano presi in cura dai vescovi». Il cne non deve far credere ai pastori, pur nella loro saggezza, di possedere già la perfezione. Un giorno, lo stesso papa Wojtyla, parlando di loro, ha detto: «Può accadere che, con le loro imperfezioni o addirittura con le loro colpe, anche dei vescovi vengano meno alle esigenze della loro missione e rechino danno alla comunità. Perciò dobbiamo pregare per i vescovi affinché si impegnino sempre ad imitare il Buon Pastore Gesù».

Persone citate: Domenico Del Rio, Gesù, Leo Suenens, Wojtyla