Violante: sì all'esperimento-braccialetti

Violante: sì all'esperimento-braccialetti Niente arresto prima della Cassazione: «Se si sbaglia, la libertà non può essere restituita» Violante: sì all'esperimento-braccialetti «Definitive già in appello sólo lepene pecuniarie» Enrico Mart.net inviato a COURMAYEUR Infila con forza in una serie di «non sono d'accordo» il presidente della Camera Luciano Violante sulla «questione giustizia», rispondendo a Gad Lerner e di fronte a un pubblico troppo numeroso per la struttura del «./ardiri de l'Ange» di Courmayeur. Quasi si rammarica di non poter partecipare - per la carica istituzionale che ricopre - al congresso del suo partito, i Democratici di sinistra: «Direi che rischia il divorzio dai problemi sociali, dall'emergenza del binomio scuola-lavoro. Aggiungerei che il matrimonio si può rifare, si deve rifare. Ma non posso, anche se vorrei farlo». Conclude con una sorta di «sentenza» sul Paese Italia: «Ci vuole la cultura della responsabilità (siamo più inclini a perdonare piuttosto che stabilire responsabilità), la stabilità politica che possa creare l'ambiente ideale per gli investimenti». I «non sono d'accordo» cominciano con il «j'accuse» di Gherardo Colombo, uno dei pm di «Mani pulite» che ha lamentato l'aumento «del fortissimo senso di impunità» e la «fine del periodo delle grandi inchieste sulla corruzione». Il magistrato ha parlato di «difficoltà a investigare e ad arrivare a sentenze». Violante risponde: «Mi sembra che il procuratore Saverio Borrelli dica altre cose. Nelle parole di Colombo, di cui ho molta stima perché rappresenta con la sua statura morale e professionale la fascia altissima della magistratura.c'è appello al pessimismo. Rispetto molto il processo "Mani pulite", ma non è vero che la lotta alla corruzióne sia finita. Adesso andrà alla Camera la legge anticorruzione. Ricordo che è già stata costituita l'Autorità di controllo per i Lavori Pubblici, proprio grazie all'esperienza del processo su Tangentopoli. La corruzione esiste in tutti i Paesi e sta crescendo perché gli attuali meccanismi della spesa pubblica richiedono rapidità, quindi i controlli sono più difficili. Il problema è come accorgersi che in un certo ambito vi sia corruzione. Ci vogliono indagini di prevenzione. Per esempio, nei Lavori Pubblici, l'Autorità dovrà verificare se alla data stabilita un ponte sarà stato fatto e se costi e tipologia siano stati rispettati». Quindi si passa alla questione legata al magistrato elvetico Carla Dal Ponte, che lascia la procura per le rogatorie internazionali (aveva fatto fare passi da gigante alle indagini su Tangentopoli), trasferendosi al Tribunale internazionale. «La lotta alla mafia o la questione della rogatorie non possono essere determinate dalle persone. E' assurdo sostenere che, andato via dalla procura di Palermo Giancarlo Caselli, sia finita la lotta alla mafia, oppure che le rogatorie internazionali subiscano un rallentamento perché se ne va la Dal Ponte. E' un dato di fatto che i processi di corruzio¬ ne abbiano una difficoltà interna. S'indaga su persone che hanno potere economico e politico, è quindi più complesso che indagare su un "povero Cristo". Piuttosto - dice ancora - ci vorrebbe una legge sui beni confiscati ai corrotti simile a quella sui beni sequestrati ai mafiosi, che ritornino cioè alla comunità. Anche questa è giustizia». Il presidente della Camera non è d'accordo neppure sulla proposta del giudice di sorveglianza di Torino Mario Vaudano di comminare le pene dopo il primo grado di giudizio. «Troppe sentenze sono state modificate radicalmente in secondo grado e c'è da considerare che ora c'è il giudice unico. L'imputato non è più giudicato da tre giudici, ma da uno solo, quindi i tempi delle sentenze sono più rapidi, ma un po' di garanzia viene per forza ridotta. Il primo grado da solo non è garantista. Piuttosto è il terzo grado, quello della Cassazione, che va ricondotto com'era, cioè i magistrati devono giudicare soltanto la legittimità e non fare un terzo processo come sta avvenendo e come gli stessi magistrati di Cassazione lamentano». Per Luciano Violante si devono comminare le pene dal secondo grado, «ma soltanto quelle pecuniarie, perché in caso di errore i soldi si possono restituire mentre la libertà no». Non è d'accordo sulla proposta di «dar voce alle vittime» per le scarcerazioni o per le pene diverse dal carcere. «La vittima - dice il presi- dente della Camera - va tutelata subito, quando entra in un commissariato o in una caserma. E' in quel momento che deve sentire lo Stato vicino. Una volta concluso il processo la questione della pena rientra nel rapporto Stato-cittadino, altrimenti si potrebbe assistere a una negoziazione tra privati, addirittura potrebbero esserci casi di estorsione». L'emergenza della piccola criminalità va combattuta secondo Violante «dando più potere d'investigazione alla polizia. Se si tratta di prendere un ladro del quartiere non si può aspettare che l'indagine venga istruita da un sostituto procuratore, por questo bisogna aumentare la possibilità d'intervento della polizia». Un «sì» al «braccialetto tecnologico» per seguire chi è agli arresti domiciliari. «Non è degradante o incivile. Pensiamo all'alternativa. Per controllare chi è agli arresti in casa propria bisognerebbe bussare alla sua porta, controllare davanti a moglie, figli e vicini. Questo è degradante. Che male c'è in una "macchinetta" alla caviglia coperta dai pantaloni? E poi sperimentiamolo per un anno, vediamo se funziona, quindi decideremo». fi fi la sinistra oggi rischia il divorzio dalla società Per mantenere il rapporto con l'elettorato dovrebbe occuparsi di scuola e lavoro così come la destra punta sull'economia p ij Il presidente della Camera Luciano Violante

Luoghi citati: Courmayeur, Italia, Torino