Caucaso, la battaglia incendia la Cecenia

Caucaso, la battaglia incendia la Cecenia Le truppe russe estendono l'offensiva alle basi dei guerriglieri daghestani nella vicina repubblica Caucaso, la battaglia incendia la Cecenia Mosca: sterminate i terroristi MOSCA Mosca è passata all'attacco a tutto campo nel Caucaso. Ieri il premier designato, Vladimir Putin, ha annunciato il suo obiettivo: «sterminare» gli estremisti ceceni che hanno fatto scoppiare la guerriglia nel Daghestan. Il nuovo «uomo forte» del Cremlino ha deciso di mettere da parte definitivamente la paura che perseguita la leadership russa dai tempi della disfatta in Cecenia. Putin ha ordinato di uccidere i terroristi «ovunque». Cioè anche in Cecenia. In altre parole, dopo tre annidi armistizio e semi-indipendenza, la ribelle repubblica caucasica ridiventa un bersaglio di Mosca. Putin ieri è stato categorico: «La Cecenia è territorio russo». E' una rottura definitiva di ogni tentativo di secessione negoziata, che doveva concludersi nel 2001. E un nuovo passo verso la guerra. Le truppe russe ieri hanno cominciato quella che il viceministro dell'Interno, Igor Zubov, ha definito «un' ofi ensiva su larga scala». I militari hanno usato cannoni e aerei per bombardare almeno venti volte i villaggi dove sono trincerati i guerriglieri fondamentalisti di Shamil Bassaev. Nella zona continuano ad arrivare sempre nuovi distaccamenti russi. Secondo il comando di Mosca, i terroristi stanno subendo enormi perdite: almeno 150 morti e 300 feriti, senza contare gli armamenti distrutti. I russi affermano che i ceceni cominciano a ritirarsi dal Daghestan. La prova sarebbe un radiogramma di Bassaev inter¬ cettato dai militari, nel quale il comandante ceceno chiede disperatamente rinforzi. Non si sa fino a che punto sia vero: i militari russi sono tristemente noti per relazioni di vittoria false fin dai tempi della guerra del '94-'96. E l'intenzione dei russi di colpire anche le basi dei terroristi in Cecenia ha inquietato Grozny. Le cosidette «basi»; infatti, non sono che fortificazioni nei villaggi di montagna e attaccarle significa fare strage non solo di guerriglieri, ma anche di civili. -, Il presidente ceceno, Aslan Maskhadov, ha risposto accusando Mosca: secondo lui, le radici del nuovo conflitto nel Caucaso si trovano al Cremlino e nelle sedi dei servizi segreti. Un sospetto che circola anche a Mosca, dove si discute ormai apertamente dei piani dell'entourage di Eltsin di usare la situazione nel Daghestan come pretesto per cancellare le elezioni e liquidare il concorrente più pericoloso: il sindaco di Mosca, Jurij Luzhkov. Un fatto che ieri è stato confermato in maniera abbastanza trasparente anche da Serghei Stepashin, nella sua prima intervista dopo il licenziamento. Spiegando alla «omsomolskaja Pravda» i motivi della sua caduta, l'ex premier è stato franco: «Non volevo vendermi a uno dei gruppi al potere. E non considero Luzhkov un nemico». Ora Stepashin sta trattando con il sindaco per allearsi al suo movimento, «Otecestvo». Che potrebbe diventare un megapartito con ottime chances per la maggioranza assoluta alla Duma: ieri anche il partito agrario, tradizionale alleato del pc, ha tradito Ziuganov per Luzhkov. E da un giorno all'altro è attesa la notizia più sensazionale di questa stagione politica: un altro ex premier, Evghenij Primakov - che rimane il politico più popolare del Paese, anche dopo tre mesi dal licenziamento - ha intenzione di accettare il primo posto nella lista di Otecestvo. la. z.l IL CAUCASO IN FIAMME OSSEZIA FEDERAZIONE RUSSA «sss^r—-T TERRITORI L'artiglierìa russapronta all'azione contro le postazioni dei guerriglieri M