La Colombia nel caos, salta il governo di Maurizio Molinari

La Colombia nel caos, salta il governo Dilaga l'offensiva dei ribelli comunisti che si finanziano con il controllo del mercato della coca La Colombia nel caos, salta il governo Il Congresso teme un coinvolgimento militare Usa Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON Tutti i quindici ministri del governo colombiano si sono dimessi in un drammatico sviluppo della crisi dovuta alla ripresa dell'offensiva della guerriglia che si alimenta con il proventi del narcotraffico. Forte preoccupazione a Washington dove il Congresso teme un coinvolgimento militare diretto mentre l'Amministrazione Clinton tonta di favorire un intervento di paco dei paesi latino-americani. La ripresa in grande stile della guerriglia delle Forza Armate Rivoluzionarie Colombiane (Fare) risale alla metà di luglio. Partendo dalle loro basi della «zona libera» grande quanto la Svizzera - garantita nell'ambito del processo di pace inizialo dal presidente colombiano, Andres Pastrana - lo Fare hanno sferrato una violenta offensiva mandando in frantumi il negoziato e quindi lo stesso governo. La Casa Bianca ha inviato d'urgenza a Bogotà un'alta delegaziione guidata dal sottosegretario di Stato agli Affari politici, Thomas Pickering, che ha chiesto a Pastrana di «non mollare e continuare con il processo di pace». Ma la situazione sul terreno è incandescente: i 15 mila combattenti delle Fare agli ordini dei comandanti Manuel Marulada e Jorgo Briceno temono la definitiva pacificazione nazionale perché incassano ogni anno fra 200 e 600 milioni di dollari (fra 360 e 1100 miliardi di lire) per la sola protezione delle zone dove i boss del narcotraffico producono, trattano e smistano l'80 per cento dell'eroina e il 60 per cento della cocaina che arriva sul mercato degli Stati Uniti. «La crisi in Colombia tocca i nostri interessi strategici nazionali» ha ammesso Clinton. Ma sulla strada da seguire a Washington è scontro fra l'Amministrazione ed il Congresso. Il responsabile per la lotta al narcotraffico della Casa Bianca, il generale in pensione Barry McCaffrey detto «lo Zar anti-droga», ha dato luce verde alla creazione di una base Usa. in Ecuador ai confini con la Colombia, propone di triplicare l'aiuto militare a Bogotà portandolo ad un miliardo di dollari (1800 miliardi di lire) ed è in procinto di incontrare Pastrana per «studiare le prossime mosse». I leader del partito repubblicano so¬ no su tutte le furie e accusano la Casa Bianca di non aver saputo prevedere la crisi militare e di favorire un progressivo coinvolgimento militare diretto «da farci temere un altro Vietnam in America Latina». I timori di un «pasticcio colombiano» sono aumentati al Congresso e sui media negli ultimi 10 giorni prima per la caduta «accidentale» di un elicottero-spia Usa nella giungla (5 morti) e poi per lo scandalo della moglie del comandante Usa in Colombia colta con le mani nel sacco mentre spediva pacchetti di cocaina a New York. Lo scontro sul «che fare» fra Benjamin Gilman, presidente repubblicano della commissione Esteri della Camera, e McCaffrey durante un'audizio¬ ne pubblica è finito a insulti. Il dubbio serpeggia anche fra i deputati democratici: «Sarebbe meglio spendere i nostri soldi dicono ■ per la prevenzione nelle scuole e per i centri di reinserimento». Cresce anche la pressione dell'opinione pubblica, soprattutto in Florida. Il fallimento del negoziato di pace spinge i colombiani a fuggire verso Miami. L'ambasciata americana a Bogotà riceve 50 mila richieste di visto al mese. Da gennaio ad aprile in 65 mila sono fuggiti verso l'America e potrebbero diventare 300 mila entro la fine dell'anno. La maggioranza entra illegalmente. Le associazioni dei colombiani d'America hanno manifestato da Miami a Washington, da Atlanta a New York, per chiedere al Congressoo di aprire le frontiere. In difficoltà davanti al precipitare degli eventi, l'Amministrazione mira a coinvolgere l'Organizzazione dei paesi latino-americani, tentando di bissare il successo colto in El Salvador. «La Colombia è il maggior produttore di cocaina ed è il teatro della più lunga guerra civile dell'emisfero occidentale, dunque è un problema di tutti che deve essere risolto con il coinvolgimento politico di altri paesi» ha detto ieri a Houston McCaffrey. I giornali di Buenos Aires avevano invece riportato numerose indiscrezioni su un possibile piano della Cia di intervento con truppe sudamericane. Immediate le smentite: dopo quelle di Perù ed Ecuador ieri è stato il turno dell'Argentina. «Siamo contrari ad ogni tipo di intervento militare - ha detto il presidente Carlos Menem - compreso quello degli Stati Uniti». Infuriati i repubblicani. Potrebbe aprirsi un nuovo Vietnam alle porte di casa Una guardia d'onore porta la bara di uno dei sei marines morti nella caduta del loro aereo «anti-droga» in Colombia

Persone citate: Andres Pastrana, Barry Mccaffrey, Benjamin Gilman, Briceno, Carlos Menem, Clinton, Pastrana, Thomas Pickering