Allarme bombe, i tank nelle vie di Mosca di Anna Zafesova

Allarme bombe, i tank nelle vie di Mosca Nel Daghestan i fondamentalisti abbattono un elicottero russo con tre generali a bordo Allarme bombe, i tank nelle vie di Mosca J Si temono attentati islamici, giallo sul ruolo dei blindati Anna Zafesova MOSCA L'eco del conflitto nel Caucaso potrebbe esplodere anche a Mosca: da due giorni la capitale russa si prepara a eventuali «situazioni d'emergenza» e la presenza di militari armati in città è sempre più visibile. Sulle strade sono stati avvistati anche dei blindati, apparizione che non si era verificata dalla «mini guerra civile» del '93 e che nella storia russa e sovietica è sempre sintomo di qualcosa di grave. Una colonna di autoblindo ha marciato mercoledì in pieno giorno sul Chausse Entuziastov, alla periferia est di Mosca. Mentre i mezzi blindati si districavano in mezzo al traffico i soldati posavano tranquillamente davanti alla macchina fotografica. Poi i blindati si sono dileguati in direzione ignota. E qui è cominciato il giallo. Tutte le autorità interrogate sul movimento di mezzi blindati a Mosca hanno mostrato di ignorare il fatto. I militari hanno ipotizzato un ordinario spostamento di truppe. La polizia ha immaginato che potrebbero venire usati per rafforzare l'ordine pubblico nelle zone minacciate da eventuali attacchi terroristici dei ceceri. Ma tutte queste ipotesi sono frutto della fantasia dei portavoce interpellati: ufficialmente il fatto non è stato spiegato in alcun modo. In tutti i casi precedenti le truppe sono entrate in città di notte e i blindati e i carri venivano sempre esposti in bella vista nel centro, per fungere da ammonimento. Stavolta invece sono scomparsi. Qualcuno dice di averne visto uno vicino al Cremlino, ma il fatto non è stato documentato. E quindi la spiega¬ zione - se non si tratta davvero di un semplice, per quanto insolito «spostamento di truppe» sembra essere una sola: i blindati sono entrati nell'antica cittadella degli zar che si sta preparando a qualche eventi straordinario. Un'ipotesi che da settimane è sulla bocca di tutti e che la nomina a premier ed «erede» presidenziale del capo dell'ex Kgb Vladimir Putin ha solamente confermato. Il quotidiano liberale «Segodnia» ieri, citando fonti vicine al Cremlino, ha apertamente accusato Eltsin e la sua «famiglia» di covare piani per dichiarare lo stato d'emergenza e cancellare le elezioni. Con un pretesto evidente: il Daghestan. Secondo gli informatori di «Segodnia», lo stesso scoppio del conflitto nel Caucaso non è casuale: pare che pochi giorni fa Alexandr Voloshin, capo dell'amministrazione presidenziale, si sia incontrato in segreto con Shamil Bassaev, comandante del blitz ceceno nel Daghestan. Fatto stravagante, visto che Bassaev in Russia è un ricercato e ufficialmente viene considerato il nemico numero uno di Mosca. E Serghej Shakhraj, ex pupillo di Eltsin e uno degli artefici nel '94 della guerra in Cecenia, ieri di fatto ha accusato il Cremlino di manovrare dietro le quinte i terroristi: «L'80 per cento di quello che avviene nel Caucaso nasce a Mosca». Se davvero dietro all'improvvisa esplosione di violenza nel Daghestan c'è la «mano di Mosca», sembra proprio che questo piano le si stia ritorcendo contro. Ieri, nonostante le trionfanti relazioni dei generali russi, per i ceceni è stata una giornata di vittorie. Sono riusciti perfino ad abbattere un elicottero pieno zeppo di generali: tre di loro sono rimasti feriti. Negli scontri è rimasto ferito però anche uno dei comandanti ceceni, l'estremista giordano Khottab. I russi stanno dimostrando nel conflitto - che ormai è un'autentica guerra locale - tutta l'incapacità di combattere che ha portato alla clamorosa disfatta in Cecenia. Contro i guerriglieri, mobili e ben addestrati, vengono dispiegate forze pesanti: aerei, elicotteri e soprattutto blindati, estremamente vulnerabili in montagna. Nel frattempo il resto dela zona resta indifeso in caso di un altro blitz dei ceceni. E il loro ideologo fondamentalista Movladi Udugov ha promesso ieri di «ridisegnare la carta del Caucaso». I generali russi comunque sono intenzionati ad andare fino in fondo: ieri il comando di Mosca ha annunciato che non ci può essere «nessuna trattativa» con i terroristi e che i «banditi» vanno sterminati. Giovedì pomeriggio i militari russi hanno chiuso tutte le frontiere con la repubblica ribelle. Grozny si è già rivolta all'Onu denunciando sconfinamenti da parte dei russi e chiedendo di proteggere la propria «indipendenza». Grozny denuncia alle Nazioni Unite lo sconfinamento delle truppe russe L'ex pupillo di Eltsin «Dietro i ribelli c'è la mano del Cremlino» L'elicottero russo abbattuto dai ribelli ceceni in Daghestan. A bordo c'erano tre generali che sono rimasti feriti BJ

Persone citate: Alexandr Voloshin, Bassaev, Eltsin, Movladi Udugov, Shamil Bassaev, Vladimir Putin