Veltroni: una Internazionale per combattere la povertà

Veltroni: una Internazionale per combattere la povertà La Quercia aderisce al piano di Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna e Germania contro la miseria Veltroni: una Internazionale per combattere la povertà Walter Veltroni DIECI giorni fa, all'aeroporto di Bruxelles, due ragazzi africani di 14 e 15 anni, Yaguine Koita e Pode Tounkara, venivano trovati morti assiderati nel vano del carrello di un Airbus della Sabena, proveniente dalla Guinea. Sarebbe stata una delle tante, tragiche storie di poveri migranti, se Yaguine e Fode non avessero avuto indosso una lettera «ai governanti d'Europa»: «Se vedete che ci sacrifichiamo e che mettiamo a rischio la nostra vita - scrivevano i due ragazzi ò perché in Africa si soffre troppo... abbiamo la guerra, le malattie, la mancanza di cibo, carenza di educazione e di istruzione... noi vogliamo studiare e vi chiediamo di aiutarci a studiare per essere come voi...». Pochi giorni dopo, il grido disperato di Yaguine e Fode sembra essere stato raccolto e rilanciato da quattro «governanti d'Europa», tutte e quattro donne, ministre della cooperazione allo sviluppo di Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna e Germania. Si sono incontrate ad hanno levato la loro voce, in modo forte e chiaro: la povertà, hanno scritto, è «il grande problema morale del nostro tempo», ma è anche «la radice di molti problemi globali». «Sentiamo la responsabilità di avviare un cambiamento che deve passare attraverso il coordinamento sulle sovvenzioni e sugli aiuti, la guerra alla corruzione, la liberazione dei Paesi più poveri dai debiti». Su questa stessa linea, sono impegnati anche i Democratici di sinistra italiani. E' la linea della costruzione di un «nuovo internazionalismo», fondato sulla promozione dei diritti umani e la lotta alla povertà. Non potrebbe infatti definirsi «di sinistra» una forza politica che non mettesse al centro della propria attenzione, della propria riflessione, della propria iniziativa e della propria lotta, la questione della disuguaglianza nell'accesso alle risorse del pianeta. L'aiuto mondiale ai Paesi in via di sviluppo ammonta oggi a circa 50 miliardi di dollari. Sembra una cifra imponente. In realtà è poco più di una goccia nel mare. Noi Italia, noi Europa, dobbiamo impegnarci a spendere di più, a investire di più nella lotta alla povertà. Negli anni scorsi, la quantità di risorse che il nostro Paese ha stanziato per la cooperazione con i Paesi i via di sviluppo è addirittura diminuita. Siamo passati dal 4 per mille del nostro Prodotto interno lordo, negli anni 1989-1990, all'attuale, striminzito, 1 per mille. Ovviamente, non è un caso se questo ò successo. E non è solo conse¬ guenza della generale politica di rigore e di contenimento della spesa pubblica. La cooperazione della fine degli anni Ottanta è stata anche la cooperazione degli scandali e della corruzione. Una «malacooperazione» che troppo spesso vedeva la complicità tra ólites corrotte dei Paesi di provenienza, a cominciare dall'Italia, e di destinazione degli aiuti. Come chiedono anche le quattro ministre, si deve voltare decisamente pagina, si deve impedire che si ripetano gli scandali che abbiamo conosciuto. Una quantità maggiore di risorse va immessa dentro una macchina organizzativa profondamente ripensata e ristrutturata, in modo da risultare insieme più efficiente e più trasparente. E' per questo che sosteniamo attivamente la riforma della cooperazione allo sviluppo, che proprio nelle scorse settimane è stata approvata in Commissione al"Senato. Si tratta di una riforma che poggia su quattro principi fondamentali: la separazione tra la funzione di indirizzo politico e quella di gestione dei progetti, attraverso la costituzione di un'agenzia; la regolazione della cooperazione decentrata, allo scopo di valorizzare al massimo le iniziative regionali e locali; l'assegnazione di un ruolo centrale alle organizzazioni non governative; il coinvolgimento di quella grande risorsa italiana che sono le piccole e medie imprese. Ma la prima forma di cooperazione allo sviluppo è tagliare il nodo scorsoio del debito estero, che sta strangolando le gracili economie di molti dei Paesi più poveri del pianeta. In base a stime del Fmi, il debito estero totale dei Paesi in via di sviluppo ammontava, all'inizio dello scorso anno (1998), a 2.066 miliardi di dollari. Complessivamente, i Paesi in via di sviluppo pagano 272 miliardi di dollari di servizio del debito, pari a oltre il 13 per cento del valore delle loro esportazioni. Un dato medio, che diventa il 28,7 per cento nel caso dei Paesi africani e il 34,2 per cento nel caso di quelli latino-americani. Si tratta di una situazione evidentemente insostenibile. Lo vanno affermando, ormai da anni, le più alte autorità morali, a cominciare dal Papa. Nel febbraio scorso, in un convegno nazionale a Roma, abbiamo chiesto al nostro governo di procedere ad un sostanziale azzeramento del debito con l'Italia dei Paesi più poveri e di adoperarsi perché una simile decisione fosse assunta da tutti i Paesi industrializzati. Il nostro impegno ha prodotto un primo risultato importante. Al G-7 di Colonia, la proposta italiana è stata accolta: verranno cancellati i crediti che i Paesi ricchi vantano nei riguardi di quelli più poveri, quelli che hanno un reddito medio pro-capite inferiore ai 300 dollari l'anno. Naturalmente si tratta ora di vigilare e di mantenere forte la pressione sui governi perché all'impegno politico, solennemente assunto a Colonia, seguano i fatti. E perché il condono del debito liberi risorse per lo sviluppo civile dei popoli e non per le iniziative militari o poliziesche di regimi spesso dittatoriali. E' il minimo che possiamo fare. Lo dobbiamo a noi stessi e alle nostre coscienze, prima an cora che ai milioni di bambini e di ragazzi condannati dal sottosviluppo. Quei bambini e quei ragazzi per i quali Yaguine e Fode sono morti assiderati, a diecimila metri di altezza, nella carlinga di un Airbus. «Come possiamo dirci un partito di sinistra sei nostro obiettivo non è combattere le disuguaglianze?» «L'Italia e l'Europa devono destinare risorse più consistenti per gli aiuti ai Paesi sottosviluppati» «La prima decisione deve essere quella di cancellare il debito estero che sta strangolando le economie deboli» Walter Veltroni segretario dei Ds e due immagini di consumismo e miseria nella società contemporanea

Persone citate: Koita, Sabena, Veltroni, Walter Veltroni