Scarcerato, il killer torna a colpire

Scarcerato, il killer torna a colpire L'ergastolano è stato rinviato a giudizio per aver eliminato la fidanzata durante i permessi fuori dalla prigione Scarcerato, il killer torna a colpire Torino, aveva già commesso quattro omicìdi Giovanna Favro Nino Pietropinto TORINO Diceva di essersi ravveduto. Del suo pentimento, della sua voglia di mettersi in riga, aveva convinto psicologi e magistrati al punto da meritare la semilibertà nonostante quella condanna a vita sulle spalle, inflittagli nell'82 per quattro omicidi: tre carabinieri, e la moglie. E invece, appena libero, Calogero Consales - che in precedenza aveva collezionato anche condanne per una sfilza di rapine - ha rubato un'auto ed è andato ad ammazzare, forse addirittura facendola a pezzi, la fidanzata. Almeno, questa è l'accusa di cui dovrà rispondere in corte d'assise il mese prossimo. Un caso limite, incredibile, che allunga la lista di criminali che ottengono premi e benefici e li usano solo per tornare a far danni, o addirittura ad uccidere. Consales, 51 anni, palermitano emigrato al Nord negli Anni Sessanta, il 16 settembre sarà giudicato per l'omicidio di Rosaria Pacifico, 32 anni, di Moncalierì, sparita nel giugno '97 in un week end di libertà dell'ergastolano, detenuto a Prato. Per il pm Gabriella Viglione è stata uccisa da Consales, con il quale aveva una relazione. Il suo cadavere non s'è mai trovato, ma una serie di elementi portano a lui: si sa che aveva pesantemente minacciato la donna, decisa a troncare quella storia d'amore nata nel '95, quando lui beneficiava dei primi permessi-premio. Un teste li ha visti insieme prima che la donna scomparisse nel nulla. Sangue compatibi¬ le con quello di Rosaria viene trovato nell'alloggio che usava il detenuto, in via Bologna, a Torino. In più, saltano fuori alcune bugie raccontate dall'ergastolano: il giorno in cui la donna scompare, il 7 giugno, lui racconta al datore di lavoro che non può presentarsi, mentre in carcere risulta il contrario. Indizi che hanno convinto il gip a firmare il rinvio a giudizio. Tornerà in aula con l'accusa di omicidio, come sedici anni fa. Allóra era arrivata per lui la sentenza di condanna a vita, dopo una serie di «grane» giudiziarie meno pesanti. Alcuni «colpi» da rapinatore, finché, il 24 marzo del 1980, partecipa alla strage di tre carabinieri: una banda, di cui fa parte anche il fratello Nunzio, assalta una corriera diretta fuori città, a Cavour, che trasportava valori postali. Una «soffiata» aveva avvertito i militari di una possibile rapina: ma i carabinieri Paolo Centroni, Sergio Petrucelli e Giuseppe De Montis, a bordo di quel mezzo per prevenire l'assalto, furono colti di sorpresa e freddati senza pietà, crivellati di proiettili. L Arma, dopo un'indagine-lampo durata appena 48 ore, spedì subito in carcere i complici di Calogero Consales. In cella, il fratello Nunzio racconta tutto e si finge terrori- sta delle Br per beneficiare dei vantaggi accordati ai brigatisti che collaborano. Lui è latitante. Resta uccel di bosco pochi mesi: il tempo di massacrare a pistolettate la giovane moglie, Rosa D'Avino, colpevole - anche lei - di volerlo lasciare. E' l'agosto del 1980. A dicembre Consales è in manette. Lo prendono al termine di una drammatica rapina in un ufficio di cambio, a Torino, durante la quale prende in ostaggio una donna e un bambino. A questo punto cominciano a fioccare le condanne: 10 anni nell'81 per le rapine, e poi l'ergastolo per quei quattro morti. Sembra il tipico detenuto da «fine pena mai». Ma, nel marzo '91, nemmeno nove anni dopo la sentenza più pesante, il tribunale di sorveglianza di Firenze gli accorda una riduzione di pena. Nel '95 fruisce dei primi permessi-premio, fino a godere, dal marzo '97, della semilibertà. Che, per il pm Viglione, usa per massacrare Rosaria Pacifico. Sarà un processo indiziario: lui ha sempre negato tutto. In questi due anni, di galera non è più uscito. Ma la madre di Rosaria, Margherita D'Antoni, è sicura che «tornerà a galla. Quello uscirà di nuovo: con i giudici che abbiamo, lo rimetteranno fuori». Poi si corregge: «Non mi faccia parlare, io non sono sicura che è stato lui, anche se ho dei sospetti. Non andrò al processo: non voglio vederlo in faccia, non ho fiducia in nessuno. Quello uscirà, e ce ne sarà anche per me e per il figlio che mi resta. Tutto ciò che so è che mia figlia non aveva ragioni per sparire, e che non ho pace».

Luoghi citati: Firenze, Prato, Torino