IL POPOLO DELL'ANGURIA di Gian Paolo Ormezzano

IL POPOLO DELL'ANGURIA IL POPOLO DELL'ANGURIA G! IA' pati■vamo il mistero di cosa fanno per tutto l'anno che non è estate i venditori di angurie (e a questa nostra ignoranza abbiamo dedicato una Sportineria molto discussa dal popolo angurioso), quando siamo stati visitati da un pensiero/mistero ben più angoscioso, perché di massa: cosa fanno per tutto l'anno che non è estate i consumatori di angurie, che sono assai più numerosi dei venditori? Cosa fanno e anche: dove vivono, come vestono, come si nutrono? Perché il consumatore di angurie è personaggio meritevole di tutti gli interrogativi. E' infatti misterioso, è chiaramente travestito, e recita bene la sua parte, nel senso che ci intriga sulla sua esistenza e intanto niente di chiaro lascia trapelare. Il suo abito di scena è semplice ma inquietante: canotta, calzoncini, sandali senza calzino (sennò sarebbe facile i'identificazione: tedeschi sfuggiti alla vacanza coatta della Riviera romagnola, e sciamanti per l'Italia). I suoi movimenti sono essenziali: approccio sicuro al bancone dove vengono pesate le angurie, esame disinvolto dell'anguria offerta dal venditore, breve operazione di annusamento, colpo secco con le nocche a sentire come suona il frutto, e via. Via per lunghi IL PO POLO DELL'ANGURIAminuti di intensa felicità, appunto mangiando l'anguria. I gesti, gli sguardi, le espressioni del mangiatore di anguria sono così intensi e beati da far pensare a come abbia potuto sopravvivere a lunghi mesi senza angurie, e a come possa acconciarsi, a estate finita, a mangiare di nuovo frutta qualunque, pasta, carne, verdura, pesce, anche caviale. Una beatitudine persino sfrontata, l'anguria è il mondo e io me lo pappo, ole. Non c'è probabilmente felicità meglio esibita, più facilmente constatabile. Un dittatore o anche un capo illuminato che cercasse il consenso facile dovrebbe comandare anguria gratis al popolo, invece di sciupare denaro nell'assistenza sanitaria, nell'organizzazione scolastica Da chiederci come mai la grande scienza non abbia ancora creato angurie senza semi. Perché il momento di sosta nell'asportazione con i denti di grandi pezzi di anguria, per togliere in qualche modo i semi, è occasione di autentica sofferenza. Si perdono secondi preziosi, l'anguria si scalda, il futuro morso non sarà divino come l'ultimo dato. Al prossimo assalto, l'anguria risentita ci sporcherà la canottiera. • Gian Paolo Ormezzano

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