La spazzatura non mente è lo specchio della società

La spazzatura non mente è lo specchio della società La spazzatura non mente è lo specchio della società ALL'INIZIO de Governare i rifiuti, Guido Viale afferma che il problema dei rifiuti «è in qualche modo lo specchio del nostro modo di vivere (e che deformato non è lo specchio, ma il nostro modo di vivere)». In che cosa consiste la deformazione? In una vera e propria rimozione in senso psicoanalitico: in questo caso, della realtà materiale di tutto ciò con cui abbiamo a che fare. «Nelle epoche preindustriali, ogni membro di una comunità, anche il più marginale o sconsiderato, aveva una conoscenza precisa degli oggetti e dei materiali che passavano per le sue mani o per quelle dei suoi simili. La società industriale ha progressivamente distrutto queste conoscenze». Produciamo oggetti sempre più complessi e, nel consumarli, siamo sempre più guidati dalla loro immagine pubblicitaria e sempre mono consapevoli dalla loro natura; come risultato, «negli Stati Uniti, ma ormai anche da noi, molti bambini pensano che il latte sia un prodotto sintetico, che gli hamburger crescano sugli alberi, che le automobili siamo sempre esistite». La rimozione non si attua solo nella cultura popolare, ma continua anche a livello «scientifico». L'economia politica classica «si articola in quattro branche: produzione, distribuzione, circolazione e consumo». Per consumo questa economia intende l'catto di acquisto»: «la decisione per cui LI consumatore finale scambia una parte del suo reddito con un prodotto offerto sul mercato. Dopo di che i riflettori dell'economia politica si spengono: i prodotti acquistati sono usciti dal circuito economico». La realtà però è ben diversa: non solo i rifiuti rimangono, ma la loro presenza è sempre più ingombrante: «si producono troppi rifiuti e non si sa più dove metterli». Nessuno li RECENErm-Benci IONE nno èngà vuole vicino a casa propria e distruggerli è praticamente impossibile. Finora ho parlato di deformazione, ma Viale aveva anche citato uno specchio; di che cosa si tratta? Proprio perché ai rifiuti nessuno fa pubblicità, essi si presentano «nudi» ai nostri occhi e sono quindi in grado di rivelarci «di che cosa è fatta la nostra vita quotidiana molto meglio di qualsiasi analisi del nostro paniere di consumi». «I rifiuti non mentono»: seguendoli impareremo sul nostro mondo moderno tanto quanto altri hanno imparato su antiche civiltà. Infatti, anche se «a scuola non ce lo hanno mai spiegato», l'archeologia è «in gran parte l'arte di ricostruire la cultura, la tecnica e la vita quotidiana di un popolo scomparso scavando tra i suoi rifiuti». Che cosa dunque impariamo dai rifiuti? In primo luogo, che «viviamo in una società dove quasi tutto quello che ci passa tra le mani si compra: è una merce». In secondo luogo, che le merci «nascono vecchie: contengono già in sé, al momento della nascita, una irrevocabile ingiunzione a porre termine alla loro esistenza nel più breve tempo possibile». Sono «oggetti la cui essenza sta esclusivamente nella loro capacità di trasformarsi immediatamente in rifiuti». Senza tale «spreco raccapricciante», il mercato non potrebbe funzionare; non c'è da stupirsi allora se quello di una gestione razionale dei rifiuti «è il caso più classico di fallimento del mercato». Di fronte a questo fallimento, dobbiamo sviluppare idee e atteggiamenti nuovi, e ancora una volta i rifiuti ci possono aiutare, trasformandosi «in una sorta di 1 abora to- rio sperimentale: non solo di un nuovo approccio a un uso più razionale, e parsimonioso, delle risorse della terra, ma anche di un approccio ai problemi della democrazia e della sovranità popolare». Per esempio, la raccolta differenziata può consentire ai cittadini di «familiarizzarsi con i processi e i cicli produttivi e di recupero dei prodotti», recuperando così anch'essi ima cultura materiale da tempo dimenticata. La necessità di affrontare, in questa raccolta, la particolare configurazione di ciascun condominio potrebbe condurre a un contatto più diretto, e quindi a una maggiore socializzazione, tra operatori e cittadini, forse anche a un rinnovato «rapporto di fiducia tra utenza e Amministrazioni» - oltre che a una conoscenza più minuziosa e articolata del territorio. L'impossibilità di coordinare queste attività mediante scelte puramente individuali (come quelle promosse invece dal mercato) potrebbe educarci all'importanza di una mobilitazione collettiva. E, infine, «uno sguardo più attento su ciò che buttiamo può anche indurci a rivedere i nostri modelli di consumo in una direzione che non abbina più meccanicamente il livello di benessere raggiunto con la quantità di beni che siamo in grado di comprare e poi, conseguentemente, di trasformare più o meno rapidamente in rifiuti». Chi venisse stimolato a documentarsi ulteriormente sul tema avrà a disposizione altri due testi utili e fra loro complementari: /I rovescio della produzione di Ercole Suri (Il Mulino 99, pp. 254, L. 35.000), dove «l'attenzione è concentrata su una sorta di mappa dei rifiuti nelle società preindustriali e della prima industrializzazione)» e / rifiuti nel XXI secolo, (Edizione Ambiente, pp. 260, L. 40.000). In epoca preindustriale ogni membro di una comunità, anche il più marginale, aveva una conoscenza precisa degli oggetti che passavano per le sue mani Oggi tali conoscenze sono state distrutte Al RIFIUTI NESSUNO FA PUBBLICITÀ. PRESENTANDOSI «NUDI», RIVELANO DI CHE COSA È FATTA LA NOSTRA VITA MEGLIO DI QUALSIASI ANALISI DEL NOSTRO PANIERE DI CONSUMI Spazzatura: oggi le merci contengono in sé, fin dalla nascita, una irrevocabile ingiunzione a morire nel più breve tempo possibile Guido Viale, Governare i rifiuti Bollati Boringhieri. pp. 173, L. 24.000 SAGGIO RECENSIONE Ermanno -Bencivèngà

Persone citate: Ercole Suri, Guido Viale

Luoghi citati: Stati Uniti