Da Milano a Venezia l'ombra di Shelley sul Byron italiano

Da Milano a Venezia l'ombra di Shelley sul Byron italiano Da Milano a Venezia l'ombra di Shelley sul Byron italiano RECENSIONE Grazia Minervino LA crisi di foiba andava scomparendo, Lord Byron a Milano esplorava la Biblioteca Ambrosiana. Lo colpirono le lettere d'amore fra Lucrezia Borgia e il cardinal Bembo, oltre una ciocca liscia e bionda dei capelli di Lucrezia. Più volte ritornò a rivedere e sfogliare, non potendo copiare le missive, ne imparò brani a memoria. Ma non bastava: un giorno agguantò furtivamente uno dei fulgidi capeUi di Lucrezia e rimase incanì at o dal possedere capelli d'una morta che sapeva stilare accorate lettere d'amore, firmando con una croce, come faceva lui con l'amata sorella Augusta. E' questo uno dei curiosi quanto gustosi episodi che, in un sussegguirsi frenetico, percorrono questo libro speciale. Una biografia di Byron in ItaUa che ne svela ed esplora ogni segreto, umore, bizzarrie, eccentricità, dandysmo, smanie aristocratiche, inquietudini, nonché scritti o poemi, in una pendolarità assoluta fra arte e vita. Sicché la sua poetica viene indagata sul nascere: come i primi canti del «Don Giovanni», o poemi come «Marin Faliero», «I Cenci». Il tutto in un intreccio assiduo di amori e disamori, da Claire Godwin da cui nasce la figlia Allegra, a Marianna Seganti di 22 anni a Venezia, la «Fornarina», Margherita Cogni, sposa d'un fornaio e così via fino al legame con Teresa Guiccioli. Seguono poi gli incontri e le amicizie, Vincenzo Monti, Silvio Pellico, una vetusta Madame de Stael, il maturo Goethe, un Henri Beyle, nel 1816 non ancora Stendhal, invano estasiato d'ammirazione per 1' inglese. Sopra ogni cosa domina l'ombra di Shelley. Anche lui aristocratico, irruento, reprobo ed esule, affetto da follia, anche lui scrittore di razza. Era in compagnia di Mary Wollestonecraft Godwin, figlia di William Godwin, poi sua moglie, e della sorellastra claire Godwin che si gettò su un ritroso Byron fino ad averne un figlia, Allegra. Il viaggio in Italia, fra il 1816 e il '23, assume il valore di fuga, un'evasione del libertino impenitente che aveva suscitato scandalo nella Londra che lo osannava, con il tradimento della moglie dopo un anno di matrimonio e gli ambigui rapporti con la sorella Augusta. Fu pure un'esperienza psicologica che lo segnò nella vita come nel lavoro, lo sprofondò nella sregolatezza, magli regalò attimi sereni, lo guarì in parte dalle ferite mortali inferte dalla società londinese. Il 26 aprile 1816 il poeta sale a bordo zoppicando sul vascello, che doveva condurlo nei Paesi Bassi, poi in Italia. E' un uomo in crisi profonda, ben undici ingiunzioni giudiziarie in un anno, oltre lo scandalo e la vendita della sua bibhote- ca e dei mobili. Dolente iniziò il mesto peregrinare, senza perdere le abitudini inveterate: alla locanda di ©stenda, «appena raggiunta la stanza, scriveva il suo medico PoUdori, si precipitò come un fulmine sulla cameriera». Non lo interessavano opere d'arte nè monunenti. Ad Anversa detestò le carni cellubtiche di Rubens. Waterloo gli riservò emozioni, riteneva simib il destino suo e di Napoleone, si era fatto costruire la medesima carrozza dell'Imperatore ora esilio, con letto per dormire e attrezzatura per i pasti. L'altro eroe era lord Brummel,ne imitava consuetudini, orari. A Milano gradì la Scala per gli intrighi e l'atmosfera fosca di patriotti e autriaci. Una Venezia struggente di nebbie, dai climi lagunari e seduzioni sottili, lo ricevette 1' 11 novembre. Lo ammaliò per lo splendore e decadenza, per l'incrocio di Oriente e Occidente fino a traformarsi nella «Sodoma marina», dopo la stagione trascorsa a Palazzo Mocenigo. Nell' edificio sul Canal Lord Byron Grande si stabilì con 14 servitori, concubine chiassose, parassiti, protettori, la feccia di Venezia, e i suoi animali, cavalli, cani, gatti, scimmie, galli, corvi, mi'aquila. A gennaio ricevette la notizia dell'enorme successo delle ultime pubblicazioni, «Childe Harold» e il «Prigioniero di Chillon». Con le mani bianchissime e inanellate, scriveva la notte, rapidamente e febbrilmente. Cominciò il I e il II canto del «Don Giovanni», opera incompiuta, fra le più potenti, inquiete, moderne. Il soggiorno a Ravenna lo legò agU ambienti liberali italiani, ne vide le feroci repressioni del 1821. Produsse il V Canto del «Don Giovanni», «Marin Faliero», «Sardanapalo», «I due Foscari». Shelley gli fu di nuovo vicino, superstiziosi entrambi, appassionati di storie di fantasmi e spiritismo, prediligevano le cavalcate pomeridiane, le chiacchiere sino a notte fonda. Gli Shelley presero casa a La Spezia e vollero incontrare Byron. Shelley, che non sapeva nuotare, ma amava il mare con feroce senso di autodistruzione, si fece costruire la barca Ariel di dieci metri, per Byron ci fu invece un «BoUvar». Shelley convinse l'amico a ospitare l'esule Leigh Hunt, editore del giornale «Explorer». L'8 luglio a Livorno il tempo era afoso, Shelley uscì con l'Ariel, mentre il Bolivar doveva seguirlo. Scoppiò una tempesta cu 20 minuti, l'Ariel scompave. Il poeta ebbe la morte che aveva agognato. Byron costernato pubblicò con Hunt il giornale «The Liberal»; accolto da invettive a Londra, ne uscirono tre esemplari. Byron si trasferì ad Albani, vicino a Genova e cominciò a pensare alla Grecia, terra di giovinezza e di lotte libertarie.. Ingrigito nei riccioli fluenti, innamorato di Lady Blessington, sente che è tempo di salpare. Lascia un regalo a tutti e comincia il viaggio fatale che doveva concluderne l'esistenza. Appassionante come un romanzo d'avventure, ricco di suggestioni, qualche azzardo, questo libro (pubblicato per la prima volta nel 1941 ) è lui stesso un «viaggio» alla ricerca del Byron più vero fra le sfumature della sua personalità. Una biografia svela segreti, umori, bizzarrie, eccentricità, dandysmo, smanie aristocratiche, nonché scritti o poemi, in una pendolarità assoluta fra arte e vita INCONTRI E AMICIZIE: VINCENZO MONTI, SILVIO PELLICO. MADAME DE STAÈL, IL MATURO GOETHE 1 Peter Quennell. Byron in Italia Il Mulino. Biblioteca storica, pp. 232. L 32.000 BIOGRAFIA