Matilde di Canossa innamorata: galeotta fu la penitenza del giovane Enrico IV di Lorenzo Mondo
Matilde di Canossa innamorata: galeotta fu la penitenza del giovane Enrico IV Matilde di Canossa innamorata: galeotta fu la penitenza del giovane Enrico IV Il «Principe scalzo» di cui tratta Laura Mancinelli nel suo romanzo è Enrico IV di Franconia, re di Germania e imperatore dell'occidente cristiano. Siamo all'undicesimo secolo, alla lotta delle investiture: quando Enrico si scontrò duramente con papa Gregorio VII sulla «vexata quaestio» della nomina dei vescovi. Questi, per essere nello stesso tempo principi e uomini di Chiesa, venivano contesi dalla due potestà, che si scambiavano all'occasione roventi accuse di simonia. Un capitolo di bellicoso Medioevo, sul ECENLorMo lO'NE quale la scrittrice informa il lettore o rinfresca la sua memoria con amabilità, nzo do senza appesantimenti didascalici. Ma, fissata la cornice e la successione dei fatti, la Mancinelli cerca spazio per la sua volontà di racconto. E lo trova nell'episodio cardine di Canossa: quando Enrico, scomunicato e sul punto di essere abbandonato dai principi elettori, scende al castello della contessa Matilde per prostrarsi ai piedi del papa e ottenerne il perdono. E' proprio l'immagine del sovrano umiliato che irradia una insospettata valenza fantastica. La Mancinelli, investendolo infatti di tutta la sua simpatia, gli offre, a dispetto della storia, un galante risarcimento. Racconta infatti che Enrico, penitente di giorno sotto gli occhi dell'inflessibile Gregorio, viene accolto di notte alla tavola e al letto della contessa. La beffa, che evita al papa il discredito per la possibile morte del re intirizzito dal gelo, finisce per dare a ciascuno il suo contento. Anche se resta ambiguo il comportamento di Matilde, non sai se prevalga in lei il desiderio di affermare contro chiunque la propria autorità o l'incantato trasporto dei sensi. O perfino una vera passione, che si vena di rancore quando il re giovinetto è costretto a tornare in Germania. L'immagine del re scalzo, ridimensionata e negata nella realtà fattuale, finisce tuttavia per affermarsi, senza possibilità di riscatto, sul piano simbolico. Scalzo resterà per sempre, Enrico: non basteranno le sue vittorie ad alleviare il peso di una immedicabile malinconia. Orfano esposto nella fanciullezza agli intrighi dei cortigiani, sposato a una donna che non ama, vede morire i migliori amici in guerre senza fine ed è costretto a battersi con un Papa in cui riconosce la sua stessa tempra. E non gli dà pace il pensiero di Matilde, del suo enigmatico amore. Sulla sua vita si stende dal principio alla fine l'ombra del vanitas vanitatum. Così remoto è il Libano febee e amoroso che il vecchio abate Williram gli ha fatto conoscere sulle pagine del Cantico dei Cantici. Laura Mancinelli è al suo quinto romanzo di sfondo medioevale. Ha insegnato letteratura alto-tedesca ai 1 uni versila, conosce, anche per averli tradotti, i suoi testi e porta dunque, nelle ricostruzioni d'epoca, una sicura competenza. Ma ù suo Medioevo di corti e conventi, di cavalieri e contadini, in cui i colori araldici si stemperano e inteneriscono in quelli della natura sempre viva, è avvolto da un'aria di favola. Senti che è diventato per lei, tra realtà e immaginazione, una patria dell'anima. ECENSlO'NE Lorenzo Mondo Laura Mancinelli, Il prìncipe scalzo Einaudi, pp. 134, L 16.000 ROMANZO STOR I C O
Persone citate: Einaudi, Enrico Iv, Gregorio Vii, Laura Mancinelli, Mancinelli, Scalzo
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