«Con le force cercavano quei corpi»
«Con le force cercavano quei corpi» «Con le force cercavano quei corpi» «C'era tanto buio, tutti urlavano e piangevano» inviato in VAL CHIAVENNA «Speriamo che stessero dormendo, speriamo che non si siano accorte che stavano morendo...», ci mette tanta pietà e troppa rabbia Renato Locri, uno dei soccorritori del Gruppo Volontari Valle Spluga, uno dei primi a correre su al torrente Febbraro dopo che alle sei del mattino le campane del Soccorso alpino di Madesimo avevano iniziato a lanciare l'allarme. «Ci hanno avvertiti con il 118, ci hanno detto che c'era gente in acqua, ma non pensavo di trovarmi davanti a quello spettacolo», racconta lui, in piedi dall'alba, negli occhi ancora le immagini delle due palafitte portate via dal torrente, le ragazzine in acqua con i sacchi a pelo, molte a riva sotto choc, tre finite venti metri più a valle per la forza della corrente. «Una respirava ancora, è morta a riva dopo pochi minuti», racconta e non sa dire se quella fosse Giulia, oppure Anna, o la piccola Martina, che tanto adesso non fa più differenza. «La corrente era forte, tutti gridavano. Mi hanno detto che i primi soccorsi li hanno dovuti fare alla luce delle torce, tanto era buio», spiega forte della sua esperienza, che c'è sempre qualcuno che si perde in montagna, qualcun altro che non trova il sentiero. «Ma in tanti anni non ho mai visto una cosa così. Non ho mai visto costruire delle palafitte per le tende direttamente nel torrente. Ma come si fa...», spiega con la calma che arriva non dal senno di poi, ma dall'esperienza di chi ama la montagna e di chi sa che un po' bisogna sempre temerla. «Una tragedia, una tragedia assurda», ripete mentre si toglie la divisa arancione dei volontari, mentre sono tutti lì in cerchio a sentire, a guardarsi negli occhi. A rivivere quei pochi minuti all'alba, sotto alla cascata. Tre ragazzine sono ancora all'ospedale di Chiavenna, due sono sotto choc, una ha un dito fratturato. Una di loro è la sorella di Anna, una delle tre vittime, dodici anni appena. E' impaurita, ha una coperta addosso, un'infermiera le porta del the. «Ma perchè stanno venendo qui i miei genitori, io sto bene...», dice alla nonna a Verona. E anche lei non ha il coraggio di raccontarle che Anna non c'è più, è annegata nel torrente. Davanti alla caserma di Campodolcino un carabiniere ringhia contro i fotografi e le televisioni. Gli scatti, a raffica, sono per quel gruppetto di sopravvissute che il magistrato ha voluto interrogare. Una ha le treccine, un'altra i capelli lisci, tutte hanno la faccia spaventata, a fianco a proteggerle ci sono le suore della colonia aperta per ospitare gli scout del campo, i carabinieri davanti che non fanno passare nessuno. Davanti all'ospedale di Chiavenna si ferma una station wagon argento targata Verona. Sono due ragazzi, in pantaloncini corti. Forse parenti, forse amici di quelle tre fami- ?;lie che avevano mandato i loro igli in campeggio con gli scout e adesso sono qui a piangerli morti per un torrente impetuoso, un'imprudenza. Forse un gioco stupido, per cui a rischiare di più si veniva premiati. «Io non lo so se è stato un gioco. Ma tutti, figuriamoci gli scout, dovrebbero sapere che i torrenti si ingrossano se piove. E l'altra notte ha piovuto veramente tanto...», racconta Luigi Triulzi, un altro dei soccorritori della Valle Spluga, anche lui tra i primi al torrente. Anche lui con una sola immagine negli occhi: «C'era quella bambina sulla riva che respirava appena. E poi c'erano le altre due, quelle che abbiamo trovato dopo, più in basso. E non c'era più niente da fare...». (f. pol.l Anna Ciocchetta
Persone citate: Anna Ciocchetta, Febbraro, Luigi Triulzi, Renato Locri
Luoghi citati: Campodolcino, Chiavenna, Madesimo, Verona
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