Gioco di morte nel campo degli scout

Gioco di morte nel campo degli scout Dramma in Val Chiavenna, le tende canadesi erano sistemate sulle impalcature di legno Gioco di morte nel campo degli scout Dormivano sulle palafitte, 3 ragazzine travolte dal torrente Fabio Paletti inviato in VAL CHIAVENNA Sulla riva del torrente Febbraro appena fuori Isola di Madesiiiio ci sono due lapidi e una croce di legno. Sono per «Il baro», «Lo smilzo» e «Marion». Sono l'ultimo gioco, quasi una sfida al destino, dei trenta «lupetti» e «coccinelle», accampati in questa gola sotto alla cascata del Borghetto con la tenda bianca che si chiama saloon, con le canadesi sparse sul prato in mezzo ai sacchi a pelo blu e rossi, ai vestiti ancora appesi ad asciugare. Un campeggio fermo alle cinque e mezzo di ieri mattina, quando il torrente si è portato via due tende costruite su palafitte direttamente nell'acqua, dodici ragazzine ancora nel sonno, tre annegate nel sacco a pelo, nei teloni verdi chiusi come bare su di loro, nove salve per miracolo. «Ma come si fa a costruire tende sull'acqua...», si dispera Claudio Zucchetti della Forestale di Chiavenna mentre passa e ripassa davanti al filo bianco e rosso fatto mettere da Anna Ferrari, il magistrato di Sondrio che adesso sospetta responsabilità nel disastro, nell'omicidio colposo plurimo di Giulia Perlini, 13 anni, Anna Ciocchetta e Martina Signorini, entrambi dodicenni, tutte e tre della provincia di Verona, tutte e tre al loro ultimo giorno di vacanza, dopo due settimane al campeggio «Verona otto». «Io glielo avevo detto che era pericoloso costruire le palafitte per le tende in acqua. Glielo avevo detto che con i temporali il fiume si ingrossa. Mi hanno risposto che era un gioco...», guarda sconsolato alla valle Davide Pirano, uno di qui, uno che sta negli alpeggi, mentre si tormenta il polsino della camicia a quadrettoni blu e rossi. Ma non era stato l'unico, ad avvertire gli scout che era pericoloso piantare le canadesi in acqua, che il torrente anche se poco profondo non perdona, che i temporali degli ultimi giorni avevano alzato il livello dell'acqua. «E' solo un gioco...», la risposta di tutti, dei trenta ragazzini tra i dodici e i sedici anni, dei sei accompagnatori tutti di Verona, venticinque anni e anche più, il pomeriggio nella caserma dei carabinieri di Campodolcino a rilasciare dichiarazioni al magistrato prima di un'inevitabile incriminazione, la sera all'ospedale di Chiavenna, dove ci sono le tre salme per l'autopsia, dove arrivano trafelati i parenti che piangono, che non si danno pace per questa morte che non ha risparmiato nemmeno una vacanza. «Ringrazio Dio per aver salvato mio figlio da questa sciagura», si aggrappa a quello che può un signore con gli occhiali. «Ringrazio Dio...)», ripete mentre racconta che suo figlio era anche lui in una palafitta, la pah prima, l'unica che ha resistito alla furia dell'acqua, che forse ha fatto da diga provocando quell'onda fortissima che ha strappato via tutto: le altre due palafitte con i tronchi tenuti insieme da corde, le tende ancorate a riva e le dodici ragazzine ancora nel sacco a pelo, finite in acqua, contro i sassi, contro gli sterpi a riva. Deve essere successo tutto in pochi minuti, quando era ancora a buio. Alle cinque, forse alle cinque e mezza. C'è chi parla dall'acqua che arriva come uno schiaffo, del rumore delle palafitte che si sbriciola¬ no. E poi delle urla, ma quelle dopo, quando gli scout più grandi si buttano in acqua, quando i ragazzini a fatica raggiungono la riva e nessuno trova Anna, Giulia e Martina. Quando qualcuno corre fino al paese, cinque chilometri più sotto, per dare l'allarme, visto che quassù non funzionano nemmeno i telefonini portatili. Uno dei responsabili degli scout si chiama Francesco. E' stato il primo, a buttarsi nel torrente. E adesso è quello che si dispera di più, che parla di un presentimento: «Quando all'una di notte è scoppiato il temporale, mi sono alzato. Ho fatto il giro del campeggio, sono andato a guardare anche alle tre palafitte. Sembrava tutto in ordine, i legni tenevano, l'acqua era bassa, non sembrava che ci fosse pericolo...». Delle tre palafitte ne rimane una sola, in piedi per miracolo. Delle altre due si vede un pezzo di legno venti metri più a valle, un frammento di tenda verde ancora più sotto. Dove hanno trovato i cadaveri, dove hanno cercato di salvare una delle tre ragazzine, morta dopo essere stata portata a riva dalle compagne, dai lupetti, da quel¬ li del campeggio San Martino un chilometro più sotto, anche loro tra i primi nei soccorsi. Il campeggio è deserto adesso. La bandiera blu dell'Agesci sventola sopra al palo dei «totem», a quest'altro gioco che adesso sembra una nuova premonizione. Ogni lupetto o coccinella del campeggio western veniva premiato con un punteggio a seconda del comportamento. Due punti a chi teneva più pulito, tre punti a chi non faceva troppi schiamazzi. Quattro punti alle «mani più agili», a chi tra tronchi è arbusti sapeva costruire capanne, ca- sette. E palafitte, come quelle crollate una sull'altra sotto alla spinta del torrente, come quelle dove sono morte le tre bambine passate da una tenda all'altra, senza però salvarsi. «Forse c'è stata una piccola frana, all'origine di tutto. Forse il terriccio ha creato una diga, l'acqua si è ingrossata ed è venuta giù a cascata. Non ho mai visto l'acqua così scura...», dice un altro della Forestale in divisa, mentre guarda al torrente, alla cascata lassù in alto e a queste due lapidi con la croce di legno costruite a riva per un gioco adesso crudele. Avevano dodici e tredici anni ed era il loro ultimo giorno di vacanza Il disperato soccorso degli amici «Abbiamo sentito lo schiaffo dell'acqua, i più grandi di noi si sono buttati. Ma non riuscivamo a trovare Anna, Giulia e Martina» Uno dei responsabili del gruppo: «Quando è scoppiato il temporale ho controllato, ma mi sembrava che non ci fossero pericoli» Da sinistra, i vigili del fuoco vicino a una palafitta, il gruppo di scout di cui facevano parte le tre bambine e Giulia Perlini

Persone citate: Anna Ciocchetta, Anna Ferrari, Fabio Paletti, Febbraro, Giulia Perlini, Martina Signorini

Luoghi citati: Campodolcino, Chiavenna, Sondrio, Verona