La Cassazione: Cusumano non doveva finire in cella
La Cassazione: Cusumano non doveva finire in cella Per la Corte «per poter arrestare una persona si devono raccogliere indizi gravi di colpevolezza» La Cassazione: Cusumano non doveva finire in cella «Mon basta la parola di un pentito» ROMA Non basta la parola di un pentito su presunti «referenti politici» e nemmemo è sufficiente ima mera ipotesi investigativa. Ci vogliono indizi gravi, anche quando c'è di mezzo la mafia, per mettere in prigione una persona. E contro Stefano Cusumano, primo viceministro italiano a essere arrestato, la Cassazione sostiene che non c'erano elementi che lo indicassero come affiliato di Cosa Nostra o come aiuto esterno all'organizzazione. Aveva fatto scalpore, nei mesi scorsi, l'arresto del sottosegretario al Tesoro, così come l'annullamento del provvedimento di custodia cautelare stabilito il 25 giugno dalla Suprema Corte. Cusumano, che il 26 aprile aveva avuto un malore al momento dell'arresto ed era stato espulso dal governo, era stato accusato di turbativa d'asta nell'inchiesta sulle presunte tangenti negli appalti da 120 miliardi per la costruzione dell'ospedale Garibaldi. Non solo: nei suoi confronti si ipotizzava anche il concorso esterno in associazione mafiosa. Ma gli indizi raccolti dai magistrati catanesi non hanno con vi rito la Suprema Corte: non si può fare leva «solo su elementi genericamente presuntivi» e sfociare «nella vera e propria congetturaj. Per arrestare una persona ci voglio gravi indizi di colpevolezza. «Dell'essere stato Cusumano additato da alcuni collaboranti come referente politico della Cogeco, amico di Vincenzo Randazzo spiega la Suprema Corte - non può semplicisticamente inferirsi la sua partecipazione all'attività illecita». La Cassazione, inoltre, delinea una volta per tutte l'identikit del presunto concorrente esterno in associazione mafiosa: è colui che non vuole fare parte dell'associazione, è colui al quale l'organizzazione si rivolge «sia per colmare temporanei vuoti in un determinato ruolo, sia per superare un momento difficile della vita associativa andata in fibrillazione». Il concorrente esterno «non rimane invischiato nel vincolo associativo», ma deve avere la «consapevolezza del "valore" del suo contributo, nel senso che deve rendersi conto che la sua azione, al di là del fine personale perseguito, va a risolvere problemi e difficoltà di un sodalizio criminoso di cui ben conosce l'esistenza». E nel caso di Cusumano non sono emersi elementi tali da cui desumere questa consapevolezza, considerato anche «che la presunta "mafiosità"» dell'impresa Cogeco non era certo un fatto notorio. lAgi) Stefano Cusumano primo viceministro a essere arrestato: era stato accusato di turbativa d'asta e di concorso esterno in associazione mafiosa
Persone citate: Cusumano, Stefano Cusumano, Vincenzo Randazzo
Luoghi citati: Roma
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