La Russia si commuove «Lady dignità non morire»

La Russia si commuove «Lady dignità non morire» La Russia si commuove «Lady dignità non morire» Anna Zalesova MOSCA Era considerata noiosa, presuntuosa, rompipalle, snob, autoritària e spendacciona. Ora, mentre i medici tedeschi lottano per la sua vita nella clinica di Muenster, in patria a Raissa Gorbaciova viene restituito il suo titolo di first lady. Per la prima volta senza alcuna ironia: il dramma personale all'improvviso ha riabilitato la signora Gorbaciova agli occhi dei suoi compatrioti. «Lady dignità», titolano oggi le Izvestia, raccontando con toni commossi e meravigliati la mobilitazione dei russi per Raissa. Decine di telefonate, centinaia di lettere, fiori, auguri, regali, offerte di aiuto: la Russia che sembrava ormai aver dimenticato nel disprezzo il padre della perestroika, si è ritrovata unita in compassione e solidarietà quando è stato colpito dalla disgrazia, come un comune mortale. E i telegiornali mandano in onda ogni giorno un servizio sullo stato di salute di Raissa, consolando i telespettatori per bocca dei medici russi: «La leucemia non è più una condanna, si può guarire». Si può, ma non in Russia, dove la maggioranza dei malati di leucemia non ricevono le cure necessarie. Ma non importa: i russi hanno perdonato ai Gorbaciov tutto, perfino il fatto di aver scelto per la terapia una clinica all'estero. Nessuno ha ironizzato sul fatto che Gorbaciov non avesse i soldi per permettersi il soggiorno in clinica e che probabilmente la terapia di Raissa verrà pagata da fondi di beneficenza tedeschi. Perfino il Cremlino si è fatto coinvolgere dalle emozioni: ieri a Muenster è arrivata una telefonata dell'amministrazione Eltsin per offrire al nemico giurato del presidente russo «tutto l'aiuto possibile». La donna che ha simboleggiato in Occidente la perestroika forse non meno di suo marito, in patria non ha mai goduto di particolare popolarità. Paradossalmente per la stessa ragione per la quale riviste patinate dell'Europa e dell'America le dedicavano decine pagine: era troppo diversa. Diversa dallo stereotipo sovietico della consorte del capo di Stato. Diversa dalla massa delle donne sovietiche. Non a caso era risultata antipatica soprattutto alla popolazione femminile: colta, elegante, accuratamente pettinata, curata, con una figura sottile nonostante l'età non più giovane. Una vera signora. Niente a che vedere con le dolci metà del Politburò; taglia 60, capelli ossigenati e soprattutto bocca chiusa. Solo con Raissa Maxiniovna i russi hanno scoperto che la moglie di un presidente sapeva parlare. Parlare e anche dire la sua, con voce sottile, ma ferma. La sua prima apparizione pubblica durante un viaggio a Leningrado fece scalpore: il segretario generale del Pcus che va in giro a braccetto con la moglie era inaudito. Mosca si riempiva di voci: Raissa comandava il marito a bacchetta, gli imponeva nomine e licenziamenti, proteggeva i suoi beniamini nel mondo politico e artistico e perseguitava chi osava andarle contro. E poi che nuotava nel lusso vestendo Dior e collezionando gioielli: sono ancora leggendari gli orecchini di diamanti che aveva acquistato a Bond Street senza nemmeno guardare il cartellino del prezzo. Pettegolezzi maligni e per lo più infondati: Raissa ha raccontato con umorismo la fatica che le costava stare al passo con l'eleganza di Nancy Reagan e delle altre first lady in una Urss che non offriva molto nemmeno alla moglie del leader. I suoi famosi tailleur erano frutto dell'ingegno di sconosciute sarte moscovite sopravissuto al grigiore totale dell'economia pianificata. Ora, che la vita di Raissa è in pericolo, i nissi sembrano riscoprire improvvisamente - quasi vergognandosi per il ritardo - il suo coraggio e i suoi meriti. Più della metà dei messaggi che arrivano a Muenster porta firme femminili: «Ci ha aperto la strada».

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