IL POPOLO MUTO DI UNA TRAGEDIA
IL POPOLO MUTO DI UNA TRAGEDIA IL POPOLO MUTO DI UNA TRAGEDIA Domenico Onirico ECCELLENZE»: è tutto in quella parola il disagio che ti prende leggendo il testamento dei due ragazzi guineani. «Eccellenze, signori responsabili d'Europa...»: eccola la timidezza dolente e rispettosa degli eterni poveri di ogni epoca e di ogni continente, di chi non ha mai conosciuto una versione diversa del potere che non sia quella dispotica e ladresca del colonialismo, prima, e delle false libertà, dopo. Forse negli ultimi anni l'Occidente si è occupato troppo di Mobutu, Kabila, Museweni, Aidid. Come se l'Africa fosse le loro facce, i loro intrighi, le loro promesse. E siccome c'è sempre una filosofia per la mancanza di coraggio si è giustificata questa scelta con la necessità di non voler dare lezioni con una diplomazia coercitiva usata invece in altri angoli turbolenti del mondo. Ma l'altra Africa? Code lunghe, righe di carne umana aspirate dal risucchio della tragedia, pezzi rotti o smontati di quella grande macchina che si chiama guerra: per i diamanti/il petrolio, il rame, le materie prime più o meno strategiche. Poi un giorno arriva il messaggio macchiato di sangue di Yaguine e Fodè, studenti della classe sesta del comune di Matoto. E allora l'Europa scopre che c'è un intero continente dove i ragazzi si rivolgono ancora alle «eccellenze», che crede che sia stato il buon Dio a dare «tutte le ricchezze, le buone esperienze e il potere per ben costruire e organizzare il continente e farne il più bello e ammirabile di tutti». C'è un popolo che divide il mondo tra noi e loro, e ognuno di noi è visto non come un individuo ma come l'ospite a buon diritto di una favola. Questo esercito di poveri moltiplicato dalle guerre e dalle stragi purtroppo è vasto: ci sono i ragazzini dell'Angola gettati nel crogiolo di una guerra ormai inestricabile, e le migliaia di hutu, tutsi, congolesi che nessuno tirerà mai fuori dalle fosse comuni nelle foreste del Kivu. E poi ancora i guerrieri-bambini della Sierra Leone e della Somalia, e ancora la Nigeria, e l'altro Congo, e il Sud Africa senza apartheid ma sempre tragicamente miserabile. La assopita sbadigliarne pigrizia dell'Europa non distingue più tra quelli che si affollano alle sue frontiere: curdi, slavi, magrebini, neri, le valige sono tutte lise, legate con cordicelle, rattoppate con il cartone. Ma questi ragazzi che vogliono l'Europa come un vessillo da adorare non sognano solo soldi vogliono una scuola vera, non di lamiera, senza libri e con diplomi finti. Si portano dietro il loro diploma come un patetico passaporto universale l'unico che li aiuta a sentirsi un po' più uguali. Forse al prossimo vertice sull'Africa sarà meglio lasciare a casa Kabila e rileggere la lettera di Yaguine e Fodè.
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