L'amico americano del colonnello di Maurizio Molinari

L'amico americano del colonnello LA DIPLOMAZIA SEGRETA TRA GLI STATI UNITI E LA LIBIA L'amico americano del colonnello Herman Cohen, ex sottosegretario di Stato il personaggio Maurizio Molinari inviato a Washington Lg AMICO americano del co■ lonnello Muammar GhedI dafi si chiama Herman Cohen. Nella sua vita ha fatto di tutto, occupandosi quasi sempre di Africa e servendo l'Amministrazione sotto tre diversi presidenti: Ronald Reagan, George Bush e Bill Clinton. Quando nel 1993 lasciò le vesti di sottosegretario di Stato per l'Africa scelse - seguendo l'esempio di molti colleghi - di mettere a frutto le doti di carriera nel business. E' nata cosi la «Cohen & Woods International Inc.» registrata a Washington come rappresentante dei governi di Angola, Costa d'Avono e Mozambico e di alcune società tunisine. Ma la scommessa di Herman Cohen - occhi chiari, abbigliamento essenziale e fisico asciutto - è riportare le aziende americane in Libia. Le missioni impossibili sono il suo mestiere: su richiesta di Reagan andò dal presidente del Mozambico Joaquim Chissano per «proporgli» il negoziato con la guerriglia della Renamo. Chissano accettò e così aprì la strada verso la «Pace di Roma», poi celebrata in Trastevere sotto gli auspici della Comunità di Sant'Egidio. L'ex sottosegretario di Stato è un uomo riservato e non ama parlare in pubblico. Ci riceve nell'elegante sede della sua società nel «Colonial Palace» del Wilson Boulevard, in Virginia, in una piccola stanza spoglia, dove c'è solo una scrivania (senza nessuna carta) ed un telefono nero ricoperto di polvere. Per lui Gheddafi è essenzialmente una questione di business. Lo ha incontrato più volte, l'ultima lo scorso aprile quando il colonnello gli mostrò una mappa della Libia con una vistosa area di giacimenti petroliferi tutta punteggiata di rosso. «Ogni puntino è un pozzo che abbiamo riservato alle compagnie americane, quando torneranno» gli disse Gheddafi facendogli capire che, caduto il Muro di Berlino, non c'era più ragione per evitare un rapporto con Washington. Herman Cohen non guarda però solo al greggio. I suoi concorrenti gli imputano traffi- ci al limite del lecito ma i veri affari in ballo per le azienze americane a cui lui tiene sono due: la ristrutturazione dell'intero apparato petrolifero libico e l'appalto per la flotta aerea libica ridotta in pezzi dopo 7 anni di sanzioni Onu. Dopo i contratti firmati recentemente dalla British Airways quest'ultimo business è una corsa a due: Gheddafi può affidarsi alla Boeing di Seattle o puntare sull'Airbus europeo. Fra gli stretti collaboratori del colonnello Cohen è di casa ma ce n'è uno che apprezza particolarmente: l'ambasciatore a Roma, Abdel-Ati Al-Obeidi. Cohen ha seguito da lontano ma costantemente - il negozialo di Al-Obeidi con gli inglesi che ha portato alla ripresa dei rapporti diplomatici perché fu proprio lui, qualche anno fa, a suggerirgli di «passare per Londra per arrivare a Washington». Sulla possibilità di una svolta fra gli Usa e Gheddafi Cohen non parla. Ripete solo e sempre che lui si «occupa di business e non di politica». Ma in cuor suo spera nelle presidenziali di novembre 2000, magari grazie ad una vittoria dei Repubblicani, il partito più sensibile alle ragioni del commercio ed agli interessi dei grandi petrolieri. Richard Lugar, senatore repubblicano dell'Indiana, è un suo amico. Ma lo è anche Lee Hamilton, presidente del Centro Wilson, democratico di vecchia data. Cohen lavora sodo con i libici perché scommette sull'inevitabile modifica di una politica estera basata solo sulle sanzioni e vede in fondo al tunnel quella cartina punteggiata di rosso che gli ha fatto vedere il colonnello sotto la tenda. Certo, prima Gheddafi dovrà compiere dei passi: l'ottemperanza al dettato delle risoluzioni Onu sulla rinuncia al terrorismo, i risarcimenti per le famiglie delle vittime della strage di Lockerbie, la fine dell'ospitalità per i gruppi palestinesi che si oppongono al processo di pace, l'impegno per la stabilizzazione in Africa. Ma Cohen ritiene tutto ciò possibile. Sa invece - perché l'ha ascoltato con le proprie orecchie che l'unica cosa che Gheddafi non farà mai è riconoscere Israele e che la mina da disinnescare sono i sospetti del Pentagono sulle armi chimiche nascoste sotto il deserto. Ha collaborato con tre presidenti nella politica africana Ora scommette sul ritorno delle imprese Usa in Nord Africa Il presidente americano Bill Clinton che ha dato il via ad una cauta apertura nei confronti del Colonnello libico dopo la svolta sul caso Lockerbie