Il suo obiettivo: l'esercito europeo di Maurizio Molinari

Il suo obiettivo: l'esercito europeo Insieme al predecessore, ora all'Ue, dovrà realizzare il nuovo modello di difesa Il suo obiettivo: l'esercito europeo Maurizio Molinari IL decimo Segretario Generale dell'Alleanza è stalo scelto dai 19 ambasciatori che siedono nel Consiglio Atlantico di Bruxelles per centrare l'obiettivo di lenere a battesimo la nascita della difesa europea in seno alla Nato. George Robertson è un uomo fatto su misura per questo arduo compilo. Ministro della Difesa del governo laburista di Tony Blair, ò stato lui a decidere con Dowing Street di puntare sulla difesa comune per far rientrare la Gran Bretagna in Europa, riscattando la non adesione dei conservatori alla moneta unica. Diplomatico di razza ò stato lui a suggerire a Blair il discorso con cui al vertice europeo di Vienna annunciò l'impegno britannico per la difesa europea e fu sempre lui, negli ultimi mesi del 1998, a recarsi a St. Malo per firmare con i francesi il «patto» che, per la prima volta, impegnò le due potenze nucleari del Vecchio Continente a lavorare insieme per la sicurezza anche degli altri partner dell'Ile. Non a caso ieri, aprendo la sua conferenza stampa, Robertson di questo ha parlato, ribadendo la necessità che l'Europa di «assuma le proprie responsabilità» ovvero spenda di più e meglio in seno alla Nalo per non dover continuare a dipendere in maniera massiccia dall'intervento americano (come avvenuto durante le 11 settimane di guerra in Kosovo). Si tratta di una posizione che Javier Solana - precedessore di Robertson e recentemente nominalo alla guida della nascitura politica di difesa e sicurezza europea - condivide da tempo e che lo stesso comandante uscente della Nato, generale Wesley Clark, lascia in eredità al suo successore Joseph Ralston. L'incubo di tutti - disegnato nei dettagli nei rapporti interni dell'Alleanza - è che il gap tecnologico fra armamenti americani ed europei metta presto a rischio l'«interoperabilità» delle forze della Nato, ovvero la capacità di agire insieme nelle normali operazioni di teatro. Per spingere gli europei a «fare di più» Robertson parte dai risultali del vertice atlantici) di Berlino del 1996 - rilanciati dal recente summit di Washington per i 50 anni dell'Alleanza - che prevedevano le «missioni di Petersbcrg» ovvero la possibilità degli europei di operare come Nato anche senza la presenza di soldati e mezzi americani. Il passaggio più difficile per Robertson sarà guidare gli europei assieme a Solatia - verso quella che a Londra, Parigi, Bonn e Roma viene chiamata oramai la «Maastrich della Difesa» ovvero la definizione di criteri comuni di politica militare (che obbligherà l'Italia a spendere di più). Ma tenere a battesimo la sicurézza europea per il nuovo Segreta¬ rio Generale significherà anche un negoziato con il partner di Washington che non si annuncia facile. Se l'Amministrazione Clinton vede con favore un'Europa che spende di più per la propria sicurezza, negli ambienti più conservatoli del Congresso prevale ancora la preoccupazione che - come dice John Bolton dell'American Enterprise Institute - «la difesa comune europea manderà in lilt l'intera Nato perché gli europei litigheranno sempre fra loro». Inoltre negli Stati Uniti proiettati verso l'anno delle nuove presidenziali restano forti le correnti isolazioniste, come ha dimostralo la scarsa attenzione data da politici e media alla recente chiusura di una delle più grandi basi militari americane in Germania. Aumentare snidali ed investimenti europei nella Nato senza allontanare l'America dall'Europa sarà per Robertson la sfida da vincere.