Adrià, 22 portate di delusione

Adrià, 22 portate di delusione ADDIO TRADIZIONE ALIATAVOLA DELL'IDOLO DEINUOVI BUONGUSTAI Adrià, 22 portate di delusione A cena in Spagna dallo chef rivoluzionario reportage Edoardo Raspe!» PIÙ' importante che la pietra focaia: più sconvolgente dell'invenzione della ruota. Altro che la scoperta del fuoco, altro che l'invenzione dei caratteri mobili, altro che la pila voltaica o le trasmissioni radio di Marconi. Al suo confronto, per la storia dell'umanità, la penicillina non è nulla, l'elettricità è un ritrovato da dilettanti, la televisione un giochino da bambini ed il computer una scoperta da quattro soldi. La svolta epocale, l'oggetto che sconvolgerà (anzi, ha già sconvolto) il mondo (o, almeno, l'Italia), che travolgerà come un fiume in piena usi costumi tradizioni, è lì alla portata di tutti: nel suo modello più piccolo ed economico si tiene addirittura nel palmo di una mano; il tipo più grande, quello da uno e due litri, si conserva in cucina, nel cuore della cucina. Lo si mette sul trono e, ogni tanto, ci si genuflette davanti o la si ringrazia di esistere. Lui, è il Dio Sifone: è fabbricato in Austria, ha un nome che ricorda la facilità e da un anno è sulla bocca di tutti. E' quell'attrezzo degli Anni 50 che serviva per fare il seltz. Addio fornelli, addio forni, addio cucina, addio per sempre modo di mangiare tradizionale: oggi domani, dopodomani, tutto si farà con Te, Dio Sifone, amen. A Senigallia, alla Madonnina del Pescatore, hanno già inserito nel menu un piatto fatto con il Dio Sifone; sempre nelle Marche già dieci ristoranti lo hanno comperato per cambiare totalmente il modo di preparare il cibo. Dozzine di ristoratori italiani stanno facendo un vero, autentico, convinto ed umile pellegrinaggio per vedere il Dio Sifone utilizzato dal suo genio, dal suo discepolo il quale discepolo, creatore, artefice, Duce e Guida, è un giovane cuoco e ristoratore della Costa Brava, Ferran Adria, che dal suo locale sperduto, ad una settantina di chilometri dal'confine con la Francia, sul mare, è diventato da un anno l'oggetto del desiderio, il mito, il pensiero unico dei cuochi del Tricolore. L'anno scorso il mensile Gambero Rosso gli ha dedicato una copertina e 8 pagine intere dal titolo equilibrato: «Il Cuoco del XXI Secolo». Da allora è stata un'orgia di complimenti per la cucina del Sifone: Il Gambero Rosso, trasformatosi da critico di ristoranti ad agenzia di viaggio dei medesimi ristoratori, ci ha portato i migliori cuochi italiani; un produttore di vino friulano ci ha trascinato, gratis, osti e giornalisti «invitati speciali»; il Salone del Gusto a Torino ed il Maurizio Cost anzo Show lo hanno visto trionfare;la sua cucina si è riempita di stagisti a 3 milioni la settimana (viaggio escluso). E che viaggio, per arrivare fino in provincia di Gerona, a tre quarti d'ora di macchina da Figueras, nel comune di Rosas (che diventano Girona, Figueres, Roses se, anziché in castigliano parlate come qui, cioè in catalano). «C'è un buon motivo per volare a Barcellona, prendere un'auto a noleggio, risalire verso il confine francese e fermarsi a Roses?» si chiedeva nell'agosto del 1998 il direttore del Gambero Rosso? E che debbo dire io che per arrivare fino alla spiaggetta dove insiste il ristorante El Bulli ho fatto, in auto, 1301 chilometri? Di Roses, brutta cittadina di 10.000 abitanti, popolare Rimini della Costa Brava, credevo peggio: spunterla sua storica Cittadella sulla vostra sinistra, là dove il cemento ed i campeggi-dormitorio prendono il posto dei girasole e del granturco. Se avete visto il Fuenti, Rapallo, le Corti Franche di Roveto, vi sembrerà di essere in un Nirvana: le immondizie accatastate attorno ai cassonetti dopo che avrete fatto centinaia di chilometri immacolati, vi daranno l'impressione di essere in Italia. Non state nemmeno a chiedere: in fondo alla breve passeggiata sul mare, un cartello bianco vi indica «Cala Montini, 7 chilometri». Andate e stupite: enormi siepi di oleandro coprono l'asciutta di un torrente artificiale, poi tra agavi e cespugli di rovi pieni di more, entrerete in un aspro, meraviglioso Parco Naturale. Clio cosa doveva essere la Costa Brava! Il paradiso in terra vi regala sette chilometri di anfratti, calette silenziose, profumi che ricordano la Sardegna. La strada vi riserva qualche chilometro di buche mentre, ogni tanto, dipinto sui massi, il muso di un cane di razza Bulli indica che siete sulla strada giusta. Un vialetto tra pini marittimi e lecci, illuminato da lampioncini discreti, vi conduce all'ampio ombroso verde parcheggio affacciato sulla spiaggetta: all'ancora tre piccole placide barche, sulla sinistra una costruzione rustica da cui viene musica, sotto di voi un'auto che ha deciso di girare sulla sabbia e, sulla destra, la mole elegante, bassa ed allungata, del ristorante più chiacchierato del momento, un Tre Stel¬ le Michelin diviso tra una piccola veranda ed un paio di sale, diverse tra di loro, di taglio tra il rustico e l'elegante. In sala, il socio dello chef gira in maniche di camicia: dai clienti abituali appoggia le mani sul tavolo e il ginocchio sulla sedia libera. Ragazzi e ragazze che servono a tavola sono eleganti e misteriosi nelle loro glaciali divise che fanno tanto Guardie del Popolo. Sono professionali, attenti, poliglotta, disponibili efficienti. L'efficienza de¬ ve essere alla base del loro lavoro, visto che il menu (in carta a mano) porta 14 piatti (tra le 38.000 e le 04.000 lire ognuno) ma lutti, proprio tutti, esigono il menu degustazione, 22 «cose» elencate in un piccolo luglio anch'esso di carta tipo Amalfi per assaggiare le quali io ho fatto Mozzio di Crodo, Novara, Torino, Savona, Cannes, Figueres, Roses, Cala Montijoi. La rivoluzione, lo sconvolgimento, il sovvertimento di regole costumi usi tradizionali, si tradur¬ rà in una successione piacevole solo per anoressici sdentati. La ricerca estelica sarà sublime, la tecnica geniale, il senso del colore magistrale, le presentazioni più uniche che singolari, ma la buona cucina sta da tutt'altra parte, da tutt'altri piatti. Quando, dieci anni fa, Vissani mi offriva un fegato grasso in salsa d'anguria, cioè un foiegras... di acqua, quando inventavo per lui la frase «bambini alla griglia», bè, in confronto, era un tradizionalista, un conservatore: qui c'è pura invenzione, totale creatività, provocazione allo stato puro, totale gioco, assoluta ricerca dello choc. Cosa riuscirà a fare questo grande cuoco quando la pianterà di prenderci in giro? La carta dei vini allinea, viva l'Italia, Schiopetto, Rate, Gravncr, Jermann, Martinetti, Coretto, Gaja, Voerzio più i sommi francesi e sconosciuti grandi spagnoli: che rabbia bere cos'i boni; e mangiare tanto male (aneliti se il prezzo della degustazione non sale oltre le 153.000 lire). La prima schiuma arriva subito, appena seduti, con un buon whisky sauer ai frutti della Passione, poi i primi cineme «piatti» saranno solo sfizi provocatori più da cocktail party che da ristorante: dadini millimetrici di sesamo croccante i!), baccalà croccante (!!) croccante di alghe (111), un cucchiaino con pinoli in salsa salata e montata, riso selvaggio cotto a mo' di pop com, la cui cottura lo riduceva a vermetti; cosine fredde, fettucce appetitose da sgranocchiare che andrebbero bene al Gin Rosa. E poi si cade a precipizio. Un delizioso bicchierino porta una pallina di pane farcito di olio e fritto, adagialo su un bianco sorbetto di acquoso pomodoro; un cucchiaio reca un schiumetta di patata con un lieve gusto di caffè. Il gelalo di parmigiano è straordinario, la cosa migliore di tutta la mia esperienza a L'I nulli di Ferran Adria, la cialda che lo racchiude è un capolavoro di gusto, però non è un gelato di Parmigiano, ma un Parmigiano gelalo, poi non è Parmigiano ma Grana Padano, infine, questo piatto di Ferran Adria, lo trovate dal 1967 in «Le ricette regionali italiane» di Anna Gosetti della Salda. Un altro calicino elegante arriva: «lo deve bere tutto di seguito», mi dice il cortese cameriere. 11 colore è terrificante. Gl'inizio ò una crema calda di piselli, sul fondo si trasforma in menta ghiacciata: repellente. I medaglioni sono freschissimi frutti di mare locali, mollicci, accompagnati da una dolce gelatina di frutto della Passione. Il mio entusiasmo per le annunciate «tagliatelle alla carbonara» è durato un secondo: su un vitreo piatto trasparente mi sono atri vali dei freddi spaglici!ini diafani creati mettendo una montagna di agaragar in un brodo, fatto cosi rassodare. Li accompagnano dadini di formaggio e uovo crudo. Al di là del nome, non si mastica nemmeno con la «tortilla de patata»: una schiuma, non la prima e non l'ultima, di tuberi con su! fondo cipolle tostate e, sopra, occhi di olio crudo. L'ennesimo piatto trasparente reca mucchietti: si tratta di semi di piccoli peperoni, amarissimi, aromatizzati, accompagnati da cialde di tartufi estivi. Dentro c'e una salsina molle, attorno salsa di yogurt. Adoro le lingue di anitra della cucina cinese: qui arrivano, in fila come soldatini, mezze crude e inconsistenti, accompagnate da fettine di pere, la solita salsa dolciastra (di lychees) e salsa ai frutti di mare, accozzaglia senza senso gastronomico. Gli scampi sono di meravigliosa freschezza, «Finalmente si mangia?!». Sono salatissimi, accompa (jnali da mandorle fresche inule ed evanescente gelatina. Solita molliccita nella salsa che accompagna le sardine crude. Consueta inconsistenza in bocca per il cerve) lo di agnello (al sangue) ed anche per la crespella di ananas cocco e salsa allo yogurt profumata di anice finocchio selvatico menta, senza zucchero. I dolci sono tre, il sorbetto di fragole è farcito di formaggio fresco, accompagnalo dalla consueta gelatina (questa, al Campani, dove, evidentemente, prevale l'amaro. Il biscotto di mandarino con gelato di cioccolato è accostato ad uri predominante (e terrificante) zabaione alla lavanda. Per mangiare tutto questo menù (la cosa è singolare e significativa) avrete a disposizione, soprattutto, cucchiaini, forchettine e coltellini. Un tagliere bellissimo e mai visto, di legno ed acciaio, reca una decina di piccole frivolezze, di «pequenas locurus» («piccole follie»). Ci trovate il croccante di sesamo con sorbetto di lamponi, la cialdina di cioccolato bianco, il «lecca lecca» di limone (cioè un cristallo caramellizzato ed aromatizzalo all'agrume), un altro lecca lecca dolce di (boh?), il gelato all'anguria, i bon bon alla menta, il melone con gelatina di menta, due cioccolatini grandi come un'unghia, semi di girasole al cacao. «Follie»? Fuori, lungo la deserta strada del ritorno a Roses, nel buio, i vostri fari inquadrano un'auto con una figura discinta clic si copre gli occhi. Accanto all'auto, in piedi, faccia al mare ed alla luna piena, un uomo nudo vi dà le spalle. E' finito il rito dell'amore? L'acqua ritoma all'acqua? Le follie erano a tavola o per gli strapiombi al di là del Bulli? Il Gambero Rosso lo ha battezzato «il Cuoco del XXI Secolo* e gli ha dedicato anche una copertina Ma la buona cucina sta da tutt'altra parte Alla base della sua arte c'è un sifone, utilizzato per creare spume gelatine e schiume, in un gioco continuo dove le regole vengono capovolte di continuo