Sì arrugginisce il mito della Legione

Sì arrugginisce il mito della Legione DALL'EPOPEA ERÒICA ALLE MISSIONI UMANITARIE Sì arrugginisce il mito della Legione Effettivi ridotti, meno volontari, crisi di identità inchiesta Enrico Benedeito N corrispondente ila PARIGI EL défilé militare del 14 luglio sugli ChampsElysées, tradizione vuole che ogni drappello (para, fantaccini, genio...) si divida in due per aggirare la tribuna presidenziale. Salvo la Legione Straniera. 1 legionari applaudil.issimi, come sempre - ruotano in blocco. E per un banale motivo: la Légion otrangòre è unica e indivisibile. Come il Dio biblico. Le sue patriottiche tavole della Legge contemplano due comandamenti appena, ma inderogabili: non arrendersi mai, né abbandonare i compagni. Un sol uomo giustifica il sacrificio collettivo. Fratelli di sangue malgrado le 130 nazionalità (in definitiva, h la Francia Eterna a scorrere nelle loro vene), anche sul piano coreografico i légionnaires non rinunciano a una gelosa differenza che ne sottolini la vocazione eroica da monaci guerrieri con il martirio facile. Eppure oggi la fede legionaria vacilla. Dopo H,n anni di epopea, il III Millennio venturo scopre un corpo mistico in crisi da realpolitik umanitaria, con vocazioni troppo diseguali (overdose balcanico-sla va, gravissima indigenza tra i Quindici), gelosie inconfessabili verso l'Armée regolare che si professionalizza, smarrimento - se non panico dinnanzi a una ipotetica femminilizza/ione. Aggiungiamoci che nel 2002 il budget Difesa amputerà gli effettivi (7800 contro quasi diecimila oggi). Morale: il mugugno, che covava da mesi, sta divenendo grido. La prova? Persino il grancapo - Christian Piquemal, generalissimo soprannominato «l'ore Légion» dai suoi figli adottivi in armi - tira il campanello d'allarme. Confida al settimanale «L'Express»: «Attraversiamo gravi turbolenze. E' in gioco la nostra specificità». L'ammissione stupisce solo chi ignora che la crisi attuale è ben più insidiosa di Sidi-bel-Abès, Dién Bièn l'Ini e Camerone, dove la Legione perse le sue forze migliori, ma non smarrì l'anima. Nel 1999 parrebbe accadere il contrario. La Legione salva la pelle. Ma toglierle come successe in Bosnia, e il Kosovo reitera quell'infelice esperienza - ogni «licenza di uccidere», mortifica i keppi bianchi. A Mitrovica, i Legionari non trovano l'adoratissima bagarre, bensì delicati equilibri diplomàtici, missioni pacificatrici, incombenze talora sedentarie. E, sopra tutto, una cronica assenza di «nemici» ufficiali, Nuova frontiera o meno, l'ecumenismo politico-militare costituisce per la Legione un amaro calice. Berlo sino alla feccia, lasciandosi magari prendere in ostaggio dai serbi - 1995 senza reagire per consegne superiori sfiora il disonore sommo. Ecco perché la Légion espia nel purgatorio kosovaro un atroce contrappasso. Vorrebbe combattere: si ritrova milizia di pace. Blaise Cendrars, Curzio Maialarle, il principe Napoleone, Ernst Junger, Giuseppe Bottài (alias Battaglia: con i suoi trascorsi, meglio utilizzare qualche precauzione)... eccepirebbero che la virtuosa routine 6 una tomba per la Legione. Il gen. Piquemal non la pensa diversamente, come peraltro la truppa. Firmi per cinque anni sognando l'avventura, l'addestramento è un massacro, in Guyana scopri che Kumbo sei tu, le basi africane t'insegnano a sopravvivere in condizioni estreme, ti dici che no meglio svignarsela ma poi rimani, e alla fine come ricompensa una divisa da guardalinee nelle beghe kosovare, correndo dietro 1 arbitro internazionale di turno: inglese, britannico, italiano, cliissà... Se Parigi impiega con parsimonia la Légion in loco, se ne possono facilmente intuire i motivi. Ma la preoccupazione forse più inconfessabile è lo sbarcare nei Balcani con effettivi dalle origini geografiche a rischio. Ucraini, sorbi, albanesi, magiari, polacchi, romeni, bulgari, russi. Un tempo il cittadino sovietico veniva rifiutato a Aubagne - è nel Midi francese che la Légion etrangère seleziona le candidature - complice un accordo ParigiMosca. Ma il dopo-comunismo riversa torme di aspiranti legionari dall'ex Impero. Basterebbe limitarne l'acces¬ so, privilegiando altre origini. Ma il guaio è che Italia, Gran Bretagna, America e - in generalo - i Paesi floridi (o, caso opposto, il III e IV mondo) forniscono presenze sempre più irrisorie. Difficile, quindi, non soccombere al vento dell'Est. Ma un teorema legionario vuole che nel puzzle i popoli omogenei (latini, germanici, arabi...) debbano fermarsi al 30 per cento, pena snaturare il melting pot bellico trasformando in forze paracoloniali come Ascari, Zuavi e, se vogliamo, le Guardie Svizzere vaticane - la mitica formazione. Ebbene, la statistica uffi¬ ciale per ora non lo recepisce, ma sembrerebbe che la fatidica quota sia dietro le spalle. Beninteso, il mutare identità all'ingresso concede margini di ritocco etnico (esempio: i numerosi - e improbabili legionari monegaschi). Ma la tendenza appare incontrovertibile. E balcanizzare una Le- gione già fragile preoccupa oltremodo il comando. Infine, il nodo ragazze. Che stanno dilagando a ogni livello tra le Forze Armate di Francia. Ma Christian Piquemal erige una vera linea Maginot antifemminile. «Il nostro valore base è il cameratismo tra uomini. Le donne sono incompatibili. Un loro eventuale arrivo condannerebbe a morte la Légion» dice. Ma non ignora che, sul piano giuridico, l'orgoglioso machismo dei legionari può trasformarsi in trappola. Una denuncia per apartheid sessuale a Strasburgo sprofonderebbe nell'imbarazzo l'establishment politico transalpino. Il «no pasaran» è fermo, insomma, quanto provvisorio. Immolatasi con i viet, la Legione soccomberà all'arrivo di Venere? Nell'attesa che gli eventi maturino, una sola certezza: mai nel dopoguerra emergenza fu più grave. Piquemal & C. tremano. In fondo, l'esclusiva del professionismo patriottico spettava finora proprio alla Legione. Ma annunciando la fine della coscrizione obbligatoria, Jacques Chirac le parifica la futura Armée nazionale. Le grandi scuole e accademie militari stanno adeguandosi con straordinario, insospettabile opportunismo. Scrive «Le Figaro» che la prestigiosa Saint-Cyr (da cui uscì un eerto de Gaulle) snobba gii eroi del Sahara preferendo loro - orrore I - persino la Gendarmeria. Ormai la maggior parte dei soldati arriva dai paesi ex comunisti L'esercito regolare punta al professionismo togliendo spazio ai vecchi guerrieri Ma secondo il comandante la definitiva condanna a morte per il glorioso corpo sarebbe «l'arrivo delle donne» Nelle quattro fotografie da sinistra, un'immagine storica dei legionari, la sfilata del 14 luglio a Parigi sugli Champs-Etysées e, nelle ultime due, il massacrante allenamento a cui sono sottoposti i volontari

Persone citate: Ascari, Blaise Cendrars, Camerone, Christian Piquemal, Curzio Maialarle, Ernst Junger, Giuseppe Bottài, Jacques Chirac