Regia italiana per l'opposizione serba di Maurizio Molinari

Regia italiana per l'opposizione serba E' stata la Albright a incoraggiare il ministro Dini su questa strada al summit di Sarajevo Regia italiana per l'opposizione serba Presto vertice a Roma del cartello anti-Milosevic Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON Per l'Italia si profila un ruolo di primo piano nei rapporti con l'opposizione serba, nel tentativo di accelerare i tempi di una uscita di scena «morbida» del presidente Slobodan Milosevic. Sprofondati sui divani grigio-scuri della «Zedra Arena» di Sarajevo il segretario di Stato, Madeleine Albright, ed il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, hanno discusso a lungo i dettagli di un'agenda di iniziative che Washington sostiene e che spinge l'Italia a giocare un ruolo di primo piano. Il tentativo è quello di far coagulare in Serbia un cartello di forze dell'opposizione capaci di formare un governo alternativo a quello di Milosevic grazie ad un ampio consenso popolare che potrebbe garantire la vittoria alle elezioni o giustificare un vero e proprio «ribaltone» parlamentare senza necessità di ricorso alle urne. Da qui il progetto di un vertice in tempi stretti fra i rappresentanti dell'opposizione serba al governo di Milosevic, finora però sempre rinviato per i disaccordi esistenti fra i diversi partiti sulle strategie da seguire. Di questo Dini parlerà martedì alla Farnesina accogliendo Vuk Draskovic, il carismatico «Raspatimi serbo ed ex vice primo ministro jugoslavo, che abbandonò il governo di Milosevic durante la guerra in Kosovo. Ad organizzare - -y l'incontro è stato il nostro ambasciatore a Belgrado, Riccardo Sessa, che da quando è tornato in sede non ha mai cessato di sondare umori e intenzion degli oppositori interni di lvtilose vie. Dopo di lui, a estate finita, arriverà a Roma l'ex presidente della Banca centrale jugoslava, Dragos Avramovic, che gode di grande rispetto a Washington per l'impegno che profuse fra il 1994 ed il 1996 a favore delle riforme economiche e finanziarie prima di essere bruscamente esonerato da Milosevic che lo riteneva un pericoloso avversario politico. Sono inoltre possibili delle missioni romane da parte dei sindaci delle città serbe governate da esponenti dell'opposizione: le cosi-dette «città democratiche» a cui l'Europa e gli americani vogliono far giungere gli aiuti umanitari senza passare per le autorità di Belgrado. L'idea americana di aiuti diretti ai partiti dell'opposizione non trova invece fino ad ora molti consensi fra i leader serbi. L'incoraggiamento degli Stati Uniti per un più marcato impegno italiano in favore della «democratizzazione della Serbia» nasce dal- l'intenzione di sfruttare a vantaggio del processo di ricostruzione dei Balcani i legami privilegiati fra Roma e Belgrado che durante la guerra in Kosovo hanno più volte valso a Dini il titolo di «ministro filo-serbo». Ma c'è dell'altro: a contale sono anche gli stretti legami del nostro paese con il Montenegro (la seconda repubblica della Federazione Jugoslava). Fu proprio durante la sua recente visita a Roma che il presidente montenegrino, Milo Djukanovic, suggerì al Capo della Farnesina di guardare all'ottantenne Dragos Avramovic, come ad un possibile carismatico interlocutore nonché leader dell'opposizione in Serbia. I due d'altra parte si conoscono dai tempi della comune esperienza maturata a Washington con la Banca Mondiale - dove Avramovic servì come alto funzio¬ nario per oltre venti anni - ed a Sarajevo hanno messo sul piatto subito i più urgenti temi economici, come quello della valuta da far circolare in Kosovo per evitare di acquistare i dinari di Milosevic. Fra le ipotesi vagliate c'è anche quella di uno spettacolare debutto dell'Euro. Degli aspetti militari dell'impegno italiano nei Balcani ha invece parlato nei giorni scorsi a Washington il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Mario Arpi- no, incontrando il Capo degli Stati Maggiori Congiunti, Henry Hugh Shelton. Gli americani hanno «presso particolare apprezza- nento per il contributo che i nostri soldati stanno dando alle indagini dell'Fbi in Kosovo, garan- tendo la protezione fisica di una cinquantina di investigatori impe- gnati a rintracciare le prove dei crimini commessi in nome della pulizia etnica. Solo nell'area del settore italiano in Kosovo sarebbe - ro state trovate un centinaio di fosse comuni. Shelton con Arpino si è soffermato in particolare sul ruolo dei Carabinieri: a Pristina arriverà infatti entro la fine della prossima settimana un battaglione di 250 uomini dell'Anna, che andrà a costituire il nucleo della forza di polizia internazionale incaricata di mantenere l'ordine pubblico. Arpino e Shelton hanno discusso anche di Bosnia. L'imminente riduzione delle forza della «Sfor» da trentamila e ventimila con conseguente ritiro di una parte del contingente britannico aumenterà la portata dei compiti operativi dei soldati italiani. Il primo ospite della Farnesina sarà martedì l'imprevedibile Vuk Draskovic, ex vicepremier tornato nemico del regime Poi è atteso l'ex presidente della banca centrale jugoslava Avramovic, visto da molti come il futuro premier di Belgrado - -y Una manifestazione anti-Milosevic svolasi a Valjevo città a cento chilometri circa dalla capitale Belgrado Il primo ministro britannico, Tony Blair, conti comandante della Kfor generale Mike Jackson, stringe la mano al rappresentante dell'Orni in Kosovo, Bernard Kouchner, durante la visita di ieri a Pristina