Galois, il fondatore dell'algebra che morì in duello

Galois, il fondatore dell'algebra che morì in duello Galois, il fondatore dell'algebra che morì in duello RECENSIONE PIERGIORGIO ODIFREDDI LA notte del 29 maggio 1832 Evariste Galois scrive furiosamente il suo testamento spirituale, in cui riassume le sue scoperte a futura memoria. Sui margini annota tragicamente e più volte: «Non ho tempo». La mattina una carrozza lo preleva per portarlo in una pineta per un duello. Ferito, viene abbandonato sul campo. Lo raccoglie un contadino che lo porta in ospedale, dove muore il giorno dopo. Non aveva ancora compiuto ventini anni, e oggi viene riconosciuto come il fondatore dell'algebra moderna. Il motivo del duello, così come il nome dell'avversario, non sono noti: si sa soltanto che era coinvolta una donna, rimasta anch'essa sconosciuta. Ma il tragico destino di Galois era comunque segnato, visto il suo carattere. Da studente era svogliato, arrogante e ribelle: l'unica materia che lo interessava era la matematica, por la quale aveva un talento precoce. Fallì due volle l'esame di ammissione al Politecnico, dove avrebbe forse trovato un ambiente adeguato alle sue capacità. Dalla Scuola Normale, in cui si era sempre sentilo incompreso, fu espulso per aver pubblicato su un giornule una critica al preside. L'altra grande passione della sua vita fu la politica. Il padre, sindaco del suo villaggio, si suicidò nel 1629 per colpa dei gesuiti e dei conservatori. Galois giurò vendetta, e nel momento della rivoluzione del 1830 si schierò apertamente con i repubblicani, arruolandosi nella Guardia Nazionale. Deluso dal l'avvento al potere di Luigi Filippo d'Orleans, fu arrestato per aver brindato al suo assassinio e passò in galera buona parte del suo ultimo anno di vita. La vita avventurosa e la tragica morte di questo genio solitario, che divise equamente le sue energie fra pensiero e azione, costituisce una ghiotta tentazione per scrittori e registi, a cui hanno ceduto in molti. Naturalmente, la sfida consisto nel non limitarsi a trattare gli aspetti romanzeschi della sua vicenda, che oggi rimangono soltanto curiosità storiche, e nel cercare invece di penetrare le profondità del suo spirito, le cui conquiste mantengono un'importanza fondamentale. «11 matematico francese» raggiunge brillantemente lo scopo, pur non entrando mai nei dettagli del pensiero di Galois. Tom Petsinis, che è un letterato e non un matematico, si calo infatti nei panni dell'irrequieto giovane, e corca di rendere conto del fuoco interiore che lo consumò. Galois si confessa in prima persona al suo futuro biografo, affidandogli i propri pensieri così come nella sua ultima me- moria, aveva affidato ai posteri i propri risultati. Lo vediamo dunque conversare immaginariamente con i grandi matematici del passato, in quella ideale comunione spirituale che accomuna i sommi spiriti e li separa dal resto dell'umanità. Di Pitagora egli condivide l'idea della matematica come vera religione, di Archimede ammira sia i grandiosi risultati che l'eroica morte, di Pascal disapprova il «gran rifiuto» del pensiero in favore della superstizione, di Fermai invidia il famoso margine contenente l'intuizione di un misterioso teorema. Ma i suoi veri predecessori sono altri, a partire dagli italiani Cardano, Tartaglia e Ruffini: coloro, cioè, che timidamente fecero i primi passi su una strada che Galois seppe percorrere fino in fondo. Il problema che Galois affrontò è così naturale e semplice che lo si può appunto raccontare in un romanzo, benché la sua soluzione rimanga ancor oggi un tour de force che richiede un intero corso di algebra. Molti sapranno citare le formule per la soluzione delle equazioni di primo e di secondo grado: formule semplici, già note a egizi e babilonesi. Mn pochi ricordoranno di aver visto a scuola simili formule por la soluzione delle equazioni di terzo e quarto grado, formule trovate appunto da Cardano e Tartaglia nel Cinquecento, e abbastanza complicate da aver dato luogo all'espressione «fare un terzo grado». Per quanto riguarda il quinto grado, nessuno ha certamente mai visto formule analoghe: con buone ragioni, visto che Ruffini dimostrò alla fine del Settecento che tali formule non esistonol Il romanzo accenna a come Galois rimase affascinato dall'algebra, ricercò la soluzione dell'equazione generale di quinto grado, si illuse di averlo trovata, scoprì il suo errore, e infine ottenne una nuova dimostrazione dell'impossibilità della soluzione, che portò alla teoria che oggi porta il suo nome: un metodo generale che permette non soltanto di dimostrare che la soluzione non esiste per nessuna equazione generale di grado maggiore del quarto, ma anche di stabilire per quali equazioni particolari essa invece esista. L'impatto del lavoro di Galois sui suoi contemporanei fu nullo, e ci vollero decenni perché esso fosse letto e capito. Le sue primo memorie, presentate all'Accademia delle Scienze, furono «perse» dal losco Cauchy, il maggior matematico francese. Un'altra memoria fu dichiarata «incomprensibile» e i suoi risultati considerati «dubbi». Non c'è da stupirsi se Galois, con le sue idee politiche, arrivò a considerare il conservatore Cauchy «un cane», e la propria matematica un'espressione del romanticismo. Alcune delle pagine più belle del romanzo sono appunto le osservazioni sul ruolo e la natura della matematica, oltre che sulle sue somiglianze e differenze con l'arte e la politica, che Petsinis mette in bocca al giovune protagonista. Un altro merito del libro è l'aver saputo evitare stereotipi troppo plateali, mostrando come un genio non solo possa sbagliare, ma debba luvorare sodo por raggiungere i suoi risultati: por dirlu all'inglese, «il genio è dicci per cento ispirazione, o novanta per cento sudorazione». A proposito di inglese, spiace dover concludere dicendo che la lettura di questo bel libro ò sposso disturbata da una traduzione imperdonabile (non esistono forse i consulenti?) dei termini matematici, nella quale i numeri interi diventano «numeri integrali», i limiti di rapporti «rapporti limitativi», le soluzioni reali «soluzioni vere», le funzioni continue «funzioni continuative», i punti singolari «punti separati» o «singoli punti», e così via. L'errore più madornale è però il sistematico scambio della teoria dei gruppi con la «teoria degli insiemi», e dunque di Evariste Galois con Georg Cantiir una non richiesta conferma, da parte di un «traduttore traditore», del destino ingrato di un genio incompreso. Studente arrogante e ribelle, interessato solo alla matematica, fallì due volte l'esame di ammissione al Politecnico, espulso dalla Scuola Normale Tom Petsinis, Evariste Galois, morte di un matematico traduzione di Paolo l'agli e Laura Toti Rigateili Archinto.pp.TO.L. 14.000 BIOGRAFIA