A tre anni ostaggio del regime

A tre anni ostaggio del regime Nelle galere birmane la figlia di un dissidente A tre anni ostaggio del regime Domenico Quirico C'è un paese al mondo dove un regimo arrugginito dalla lunga routine del dispotismo (è al potere dal 1962!)considera con attenzione la possibilità che l'orco, il ribelle, il sabotatore, il nemico si nasconda perfino dietro gli occhioni sgranati e ingenui di una bimba di tre anni. E quindi, con dedizione morbosa alle scelte controproducenti, decide di raschiare via, con il ben oliato antidoto delle sbarre e della galera, anche questo infantile nucleo di pencolo. Se poi il padre e la madre di questa ribelle in erba sono già noti dissidenti, allora per il metafisico «State Law and Order Restoration Council» che con orwelliana, palpitante impazienza stringe la Birmania con militaresche dita di acciaio, l'equazione si chiude: la bimba arrestata e rinchiusa in galera può servire per costringere il padre, tenacemente latitante, a consegnarsi. Thaint era in braccio alla madre in una piazza della città di Bago; insieme a un gruppo di militanti del movimento democratico distribuiva manifestini che imploravano qualche riforma che avvicini Myanmar al ventesimo secolo. I poliziotti che nanno il fiato grosso a furia di acciuffare e trascinare in galera studenti e buddisti che non si rassegnano a questo discutibile paradiso l'hanno portata in prigione. La sollecitudine poliziesca per l'ordine anticipa i tempi, anela a curare il male ben prima che possa anagraficamente manifestarsi e quindi arresta anche i lattanti. Il regime, investito dalle denunce di Amnesty, adesso nega, sbuffa, puntualizza, ringhia, ma il sospetto di Amnesty appare solido: la bambina e la madre sono state 'prese in ostaggio per costringere il padre a consegnarsi, jfaiche perchè con loro sono starti rastrellati altri otto parenti dell'oppositore. La reazione, poi, è la prova della colpa: i militari non osano smentire la detenzione della piccola ma sostengono che si è trattato non di arresto ma di una «convocazione». Poi ieri dopo una settimana di «convocazione» hanno finalmente rilasciato la bambina (tenendola però in prigione la madre per distribuzione di manifestini) La vicenda di Thaint. è solo la punta di un fenomeno più vasto e preoccupante. L'attenzione per i diritti umani cresce ma in modo geograficamente selettivo, in alcune isole del mondo è spasmodica, puntuale efficace,mentre ci sono continenti che restano impermeabili al diritto universale. La corte europea condanna la Francia «per tortura» e intanto in Congo e Ruanda migliaia di persone mancano all'appello senza che nessuno pensi a convocare colpevoli testimoni vittime. Nascono tribunali penali internazionali e un paese asiatico come la Birmania tiene in prigione un premio Nobel per la pace senza che nessuno apra istruttorie, inauguri fascicoli, impugni sentenze. Forse bisognerà attendere che Thaint diventi maggiorenne.

Persone citate: Domenico Quirico

Luoghi citati: Birmania, Congo, Francia, Myanmar, Ruanda