«Così corteggiamo L'impossibile» di Pierangelo Sapegno

«Così corteggiamo L'impossibile» \ I seguaci della nuova moda si confessano: «Vivere quei momenti di rischio ci fa sentire più forti» «Così corteggiamo L'impossibile» Anche in Italia è «boom» degli sport estremi Pierangelo Sapegno MILANO «Devo dire che per me, forse, vivere è diventato più facile che per altri. Quando arrivi così vicino alla fine, tornare indietro è un po' come avere l'opportunità di fare una seconda vita. Hai capito tutte le cose che puoi perdere, anche le più piccole, quelle che sembravano non avere importanza, e che invece adesso tu sai che ce l'hanno, Per questo, io dico che il giorno più importante della mia vita è quando ho vinto per Casartelli, non quando vincerò il Tour. Quello sarà il giorno più felice, ma è un'altra cosa. Io adesso so cosa significa la vita». Lance Armstrong, ciclista, malato di cancro ai testicoli nel '96, vincitore del Tour 1999. Non riusciamo a dire se quello che proverà Raimondo Guarnelli, impiegato di banca, 42 anni, da Bologna, quando tornerà dal suo primo volo in deltaplano o quando farà l'«heli-bungee», il salto dall'elicottero, sarà in qualche modo rapportabile a quello che ha provato Lance Armstrong, resuscitando da un cancro e lasciandoselo alle spalle, toccando la fine e ripartendo da capo. Crediamo proprio di no. Però, vorremmo capire quello che spinge la gente comune a misurarsi con Ta potenza della natura, con la forza della roccia, con la violenza delle acque e anche, nei casi estremi, con il rischio dell'incolumità, soltanto per il gusto di provare se stessi. Qual è la molla che spinge la gente ad affrontare questi sport, ad innamorarsene, a lottare contro il pericolo? E perché gli italiani pigri e sedentari oggi inseguono esperienze come queste, anche quando non riescono a viverle? L'indagine della Doxa sui nostri sogni segreti è quasi choccante: al 18 per cento piacerebbe volare cori un deltaplano, mentre addirittura il 20 per cento si lancerebbe con un paracadute. Niente amore, niente lavoro, niente pace. Siamo diventati davvero questo, un popolo che sogna il pericolo e l'aweptura come un'espressione di vi^a, che sale su un gommone con la pancia e le mortadelle per scendere i torrenti o che salta nel vuoto da un ponte con un elastico ai piedi e per unico salvagente quello, un po' ridicolo, del benessere? Eppure, anche se noi facciamo fatica a crederci, Guarnelli è convinto che «qualcosa di molto piccolo, di infinitamente piccolo, in comune, c'è, con l'esperienza di Lance Armstrong. Il rischio, quell'andar nel vuoto, quel restare senza respiro per un attimo, un secondo. E poi venirne fuori, più forti di prima, più sicuri di prima». Certo, a volte queste sono nient'altro che le illusioni del dilettante. La verità è che gli «X Games» non sono soltanto i voli di Icaro: comprendono giochi esplosivi, scenografici, cambiano abitudini, mode e passioni, e anticipano quasi un uomo diverso, sempre più giovane, anche più selvaggio. Nei prossimi anni invaderanno le nostre Alpi, e i ragazzi scenderanno le piste da slalom con le mountain bike, tra esplosioni in volo e balzi e rimbalzi fra le gobbe di neve, mischiando sci, sport di strada, violenza, rischio, musica rap e musica tedino e musica jungle e cultura televisiva. Sono mutanti di una nuova specie. Vestono come nei film di fantascienza, fasciati in tute arancioni o verde veleno, quando inforcano argentee mountain bike con le gomme chiodate per mordere la neve. In America fanno anche i campionati, «Winter X Games», dove «X» sta per «extreme», e riguardano tutte le discipline emergenti che stanno sconvolgendo il mondo tradizionale dello sci alpino. I campioni si chiamano Johnny Moseley, Seth Morrison, Wendy Fisher. Adesso non li conosce ancora nessuno. Però le loro acrobazie catturano tra i 60 e i 100 milioni di contatti, sulle reti Espn o Espn International, emittenti sportive che fanno capo al network Abc. A Crested Buttle, 350 atleti e 230 mila dollari di premi, fanno il «Triple Air» con gli skiboard: tre salti su tre rampe, doppi avvitamenti, lopping, attcrraggi sulle punte e sulle code, mentre dalle torri rimbombano i ritmi sincopati dei Funk Junkles, dei Sligntly Stupid, dei Metallica e dei Sucidal Tendencies. Cominceremo a conoscerli presto questi sport: skiboard, free skiing, snowbo- ard, e poi l'arrampicata sul ghiaccio e il cross su motoslitta. Alcune case sciistiche come la Salomon hanno già fiutato l'aria e investono soldi. Tutto fa spettacolo: sulle pareti di ghiaccio, le donne salgono come gatti in 12 minuti. Di fronte a questo futuro prossimo, gli sport estremi che stanno andando di moda in Italia sembrano roba del passato. Mike Horn, in questi giorni, «sta facendo il giro del mondo attorno all'equatore», come informa Daniela Longo, di Sector. Va a piedi. E con il trimarano a vela sull'acqua. «Ha passato l'Oceano Atlantico in 19 giorni», dice Daniela. Fatiche antiche, che rimandano all'uomo che doveva ancora conoscere la scienza, da solo in mezzo alla natura. A volte, contro. Per questo, persino uno come Giovanni Soldini, che sfida il mare e il mondo da sole sulla sua barca a vela può essere annoverato fra i precursori degli sport estremi. Soldini viaggia 200 giorni all'anno in mare. Non c'è da impazzire?, gli chiesero. «Ma no. Impazzirei non dovessi andarci», rispose. Gli uomini e le donne del no limits sembrano forti e vivono da lupi solitari, come Soldini, o come Mike Horn. O forse come Barbara Brighetti, paracadutista estrema, detentrice del record mondiale femminile di lancio in caduta libera da 10 mila 900 metri. E' scesa senza respirare per 40 secondi, perché a quell'altezza non c'è ossigeno. E' scesa a meno 60 gradi. Che sfida è questa? Lei spiega che «la molla che avvicina la gente a questo sport è il contatto con la natura. Per me è stato così. E non solo per me. Ma noi non sfidiamo la natura. La natura va assecondata, gli elementi sono più forti di noi e noi dobbiamo saperlo e correre al loro fianco». Dice che in questo sport ha trovato la massima espressione della libertà: «Sono diventata una persona che rispetta gli altri e la natura». Anche per questo, lei lo vuole il paragone con Lance Armstrong: «Tanti anni fa i primi che andavano in bici facevano sport estremo. Non c'erano protezioni, affrontavano chilometri nel rischio e nella fatica. Per essere un grande sportivo, bisogna essere molto equilibrati. Avere la voglia di migliorare se stessi e non di affermarsi a tutti i costi. In questo, Armstrong è uguale a noi». «La malattia mi ha aiutato molto ad acquistare temperamento, serenità, fiducia. Non so se l'uomo ha bisogno di vedere in faccia il brutto per amare il bello. Vorrei che non fosse così. Prima facevo il mio mestiere come un normale professionista. Ora ho preso coscienza delle grandi possibilità che offre il fisico umano. Curo meglio l'allenamento, la mia vita, l'alimentazione (il mio piatto preferito sono gli spaghetti Balilla n.5). Non disperdo malamente l'aggressività. La convoglio per un fine utile. Sono migliorato come corridore, perché sono migliorato come uomo». Lance Armstrong, ciclista, da Austin, Stati Uniti. \ BUNGEE JUMPING. Consiste in uno spaventoso salto nel vuoto da una piattaforma installata su una gru oppure da un ponte, legati ad un elastico fissato alla caviglia. L'altezza minima del lancio è da 60 metri. Questo è lo sport estremo più popolare: viene proposto anche a sagre e feste di paese e, soprattutto negli ultimi tempi, è molto seguito, anche in Italia Sport estremo: una ragazza prova l'emozione del Canyoning Il recupero delle salme nel fiume Saxeten, in Svizzera

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