Estate in città di Masolino D'amico

Estate in città Estate in città «Per anni i mei genitori si concessero il piacere di lasciare ifigli in villeggiatura e di tornare a Roma per il Feiragosto» Masolino d'Amico E l'Estate Romana? chiede ogni tanto qualche amico straniero. Esiste infatti un'idea di Estate Romana, mentre non credo si sia mai parlato di. Estate Milanese, Napoletana o Palermitana. L'Estate Romana diventò una istituzione, o perlomeno una specie di appuntamento, sotto le prime giunte di sinistra, più di vent'anni fa. Chi volesse documentarsi sui principali, modesti svaghi, tutti più o meno scomparsi, a disposizione dei rimasti in città prima di allora, si può rivolgere al cinema. In Domenica d'agosto di Emmer (1949), ricchi e poveri si ritrovano affratellati sulla spiaggia di Ostia, guadagnata nella maggior parte dei casi con mezzi pubblici, come oggi nessuno si sognerebbe più di fare. In Bellissima di Visconti (1951) si vede un film (Aio Bravo) proiettato in un'arena di quartiere; qualcuna ce n'è ancora, ma sono scomparsi i locali col tetto che veniva apertola notte. Quand'ero bambino dalla nostra terrazza se ne sentivano due contemporaneamente, il Mazzini (sparito) e il Delle Vittorie, ora consacrato al varietà televisivo, e certe battute fatidiche («Posa la pistola su quel tavolo e metti le mani dietro la testa») arrivavano puntualmente alla stessa ora, sera dopo sera, subito dopo lo sferragliare del tram; qualche volta scoppiava un acquazzone e la gente dentro gridava per far richiudere la cupola. In Poveri ma belli di Risi (1956) si va a prendere il sole sul Tevere, al galleggiante del Ciriola, e ancora in Accattone di Pasolini (196Dei si tuffa nel biondo fiume; chi 10 facesse oggi sarebbe folgorato dalla leptospirosi. Infine, nella Luna di Bertolucci (1979! c'è un'esecuzione di opera a Caracalla, altra consuetudine cessata forse per sempre. La parte del direttore d'orchestra in quel film è sostenuta da Enzo Siciliano, che ai bei tempi era un fan, come altri letterati in seguito diventati illustri. «Io non ho trent'anni», sentii dire una volta n Cesare Garboli, quando ancora tutti lo chiamavano Cesarino, «ho tredici Aide a Caracalla.» Dopo lo spettacolo, Enzo e Cesarino aspettavano che 11 pubblico fosse sfollato per arrampicarsi sul palcoscenico e cantare loro, Garboli nella parte di Amonasro. Roma d'estate era semideserta e si stava benissimo. Per anni i miei genitori si concessero il piccolo piacere di lasciarci soli al mare, e di tornare a passare il Ferragosto nella casa e nella città vuote. Buon tempo andato, oggi l'opera estiva si fa nella curva nord dello Stadio Olimpico, davanti a decine di migliaia di spettatori e con le voci così amplificate, che la resa sarebbe certo migliore a casa, davanti a un teleschermo. E chi non è andato in villeggiatura trova infinite possibilità di svago. E' anche vero che oggi in villeggiatura non ci va più nessuno. Finite, anche per via del nmpcieicqsdmmrilc nuovo calendario scolastico, le vacanze di tre mesi, una volta di prammatica anche per la piccola borghesia, si resta in città e ci si concedono brevi e fulminanti escursioni, magari in posti lontanissimi; i ragazzi partono con zaini e bongo e biglietti di treno con chilometraggio illimitato, e girano l'Europa bivaccando dove capila. Ma torniamo all'Estate Romana. L'idea nacque, dicevo, con le prime amministrazioni di sinistra, anche se il concetto è capitalista per definizione (Oscar Wilde lo ha spiegato bene, per mantenere le cose come sono il sistema fa in modo di dare ai poveri giusto quello che basta per rimanere vivi; nei casi di sistema più evoluto e lungimirante, pensa anche a divertirli. Figuriamoci a Roma, dove l'espressione «panem et circenses» è addirittura nata!). Giusto però ricordare che quando finalmente vinse la sua prima elezione municipale, la sinistra trovò a Roma una situazione spaventosa, senza avere i mezzi per risolverla: le aziende in rosso, i servizi pubblici allo sbando, e soprattutto, una sterminata periferia costruita senza altro criterio che la più cinica speculazione edilizia: torvi quartieri senza slarghi, senza giardini, senza nemmeno lo spazio per parcheggiare quelle auto che i residenti erano costretti ad acquistare per spostarsi. Volendo dare un segnale forte, come direbbe un eroe di Frutterò, il Comune, tramite il giovane, simpatico e col senno di poi perniciosissimo «appronti sorcier» Renato Nicolini, assessore alla cultura, si lanciò in un clamoroso programma di intrattenimenti per la massa. Un enorme numero di cittadini, molli dei quali recentemente inurbati e quindi legati alle abitudini paesane, viveva in agglomerati privi di centri dove passeggiare e spettegolare e incontrarsi; non potendo crearne da un momento all'altro, si decise di fare del centro di Roma la piazza universale, incitando la gente, con espressione assurda, a «riappropriarsi» di luoghi, più o meno monumentali, dai quali fino allora sarebbe stata iniquamente esclusa. Per incoraggiare la «riscoperta» di tali luoghi, furono organizzati concerti pop in posti che oggi nessuno si sognerebbe più di sfiorare; Lucio Dalla a Castel Sant'Angelo procurò un ingorgo di proporzioni bibliche. La metropolitana, non proprio nata a questo scopo, cominciò a vomitare ragazzi di periferia sulla delicata scalinata di Piazza di Spagna, dove ben presto un MacDonaki si affiancò ai furgoncini abusivi con bibite e patatine fritte. Nacque allora quell'abitudine di gironzolare per il centro la domenica, che non ha più smesso di rendere la città storica particolarmente invivibile proprio nelle feste. Mitigato da amministrazioni successive, il gigantismo spettacolare di Nicolini ritornò parzialmente nei tardi anni Novanta con Rutelli e Borgna, sotto i quali essendo Caracalla stala dichiarata inagibile dalle Belle Arti se ne cercò una sostituzione a Piazza di Siena, dove fu creato per l'opera un deplorevole teatro a cielo aperto subito poi passato al rock, e in seguito eliminalo. Oggi si assiste a un non spiacevole cambiamento di tendenza, in parte imposto dai paralizzanti e onnipresenti cantieri del Giubileo. Così come le gite al mare sono avvelenate dai lavori che salomonicamente si svolgono sulla Cristoforo Colombo come sull'Ostiense, sull'Amelia come sul Raccordo Anulare, altri lavori hanno sloggiato dai giardini adiacenti a Castel Sant'Angelo una vivace Fiora del Libro notturna, con offerte di libri ma anche di tante altre cose, dalle lezioni di tango alla lettura della mano, per farla vivacchiare a Piazza Cavour; e altri ancora hanno spostato Tevere Expo, frequentato appuntamento serale, da Tor di Nona al lontano Foro Italico. Prosperano in compenso tante iniziative minori e minime. Dei comici si esibiscono su molte gradinate, all'EUR come davanti alla Galleria Nazionale d'Arto Moderna; in molte piazzette di quartiere ci sono proiezioncine di film su video non so quanto autorizzate; spettacolini nascono quasi dappertutto. La difficoltà di spostarsi ha incoraggiato insomma l'offerta locale: guardate sotto casa, chissà che non ci sia qualcosa proprio lì. Per esempio, gli abitanti della zona detta Galline Bianche a Prima Porta hanno avuto un piccolo festival tutto per loro, dedicato a Franco Cristaldi che abitava lì davanti, con film rari e un dibattito con testimonianze ghiottissime. Che dall'inferno del pre-giubileo sia giunta un'inattesa lezione positiva? La prima amministrazione di sinistra creò l'intrattenimento di massa: cioè l'occupazione del centro storico. Ora, nell'inferno pre-giubileo, i quartieri e le piazze hanno i loro spettacoli, i loro film

Luoghi citati: Castel Sant'angelo, Europa, Roma