Barak gioca la carta dell'accordo definitivo di Aldo Baquis
Barak gioca la carta dell'accordo definitivo Israele teme che Hamas cerchi di fermare la pace con le bombe. Il leader dell'Anp: valuteremo Barak gioca la carta dell'accordo definitivo Incontro con Arafat: rinviamo la fase di transizione Aldo Baquis TEL AVIV Superata la fase di assestamento del nuovo governo laburista, il premier israeliano Ehud Barak ha ieri incontrato Yasser Arafat per discutere finalmente i tempi e i modi della realizzazione degli accordi di Wye Piantatori (ottobre 1998), che prevedono fra l'altro un ritiro graduale dell'esercito israeliano dal 13 per conto della Cisgiordania. Nel primo incontro di lavoro - seguito al vertice dell'I 1 luglio, in cui Barak e Arafat si limitarono ad approfondire una superficiale conoscenza reciproca - il premier israeliano (che era accompagnato dal ministro degli esteri David Levy) ha tentato ieri di convincere il presidente palestinese a privilegiare la ricerca in tempi brevi di un accordo sull'assetto definitivo nei Territori, a scapito della realizzazione di accordi di transizione. Incontratisi conio di consueto al valico di Erez (a Nord di Gaza), i due leader sono emersi sorridenti dopo due ore di colloqui e hanno reso noto che nelle prossime due settimane i palestinesi soppeseranno e valuteranno le proposte israeliane. Ma Arafat ha tenuto ad enumerare puntigliosamente tutti i punti ancora in sospeso. «Israele - ha ricordato - deve realizzare tutti gli accordi, non solo quelli di Wye ma anche quelli relativi a Hebron», dove si attende ancora l'apertura di una importante arteria. Il presidente palestinese ha menzionato poi la scarcerazione dei detenuti politici, la necessità del congelamento delle colonie ebraiche, la sospirata apertura di un corridio terrestre fra Gaza e la Cisgiordania e la realizzazione del porto commerciale di Gaza, che necessita un'autorizzazione israeliana. Per convincere Arafat a rivedere gli accordi di Wye Barak ha citato il timore dei servizi di sicurezza israeliani che la ripresa del processo di pace stimoli gli integralisti di Hamas - che si oppongono a qualsiasi copromesso con Israele - a compiere nuovi efferati attentati come quelli che nel 1996 contribuirono a bloccare il processo di pace. Ancora nei giorni scorsi «Ezze- din al-Qassam», il braccio armato di Hamas, ha emesso un minaccioso comunicato in cui si impegna a «proseguire la lotta armata contro gli occupanti israeliani». Dall'esame delle carte del ritiro previsto negli accordi di Wye Plantation Barak - un ex capo di stato maggiore - ha constatato che osso comporta la costituzione di una quindicina di enclave attorno ad altrettanti insediamenti ebraici in Cisgiordania. «Si creerebbe così una situazione esplosiva» ha previsto ieri Dany Yatom, ex capo del Mossad e stretto collaboratore del premier israeliano. «Ogni giorno saremmo esposti al rischio di attentati, le trattative di pace sarebbero in ostaggio». Barak ha dunque suggerito la realizzazione di un ritiro dal 5-6 per cento della Cisgiordania e l'avvio immediato dei negoziati sullo status definitivo nei Territori, nell'obiettivo di concordare entro pochi mesi una «dichiarazione di principio». Qualora le trattative si prolungassero, ha assicurato il premier, Israele completerebbe allora il ritiro dal 13% della Cisgiordania. Il Presidente palestinese Yasser Arafat stringe la mano al premier israeliano Ehud Barak (al centro) ed al ministro degli Esteri David Levy (a sinistra)
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