Eroi di marmo, usciti dal black out della Storia di Marco Vallora

Eroi di marmo, usciti dal black out della Storia Inatteso ritrovamento a Brescia: il Monastero di Santa Giulia nascondeva un prezioso fregio greco Eroi di marmo, usciti dal black out della Storia La lastra, rovesciata dai Longobardi, era stata per secoli pietra tombale Marco Vallora BRESCIA ON si sa davvero che strada abbia fatto per arrivare fin qui, nel Monastero di Santa Giulia: se via _ mare, come capitava con le grandi sculture ellenistiche, spesso inabissate durante i naufragi, oppure, come più probabile, viaggiando via terra per tappe infinite e toccando un luogo nevralgico del mondo tardo antico come Cividale del Friuli. Certo, a vederlo così, trionfale e magnetico, ben inserito nel museo appena riaperto all'attenzione del pubblico, quel meraviglioso fregio attico di una concitata battaglia tra eroi che paiono usciti da un verso omerico, lo diresti inserito da sempre in qualsiasi manuale di storia dell'arte greca. E davvero riesce difficile pensare che soltanto qualche mese fa quell'impor¬ tante rilievo lapidico fosse invece nascosto alla vista di tutti, sconosciuto e oltraggiato, nella profondità di una cripta, degradato a lastrone qualunque di pietra, che fungeva da pavimento: vero capolavoro insospettato, sommerso. Ed incredibilmente quel fregio elegantissimo ed animale (che pare conclamare nella rigidità del marmo, una tensione bellicosa e barbara, che proviene dal mondo dionisiaco greco) fu tranquillamc-iite oltraggiato e degradato da alcuni operai longobardi, che senza alcuno scrupolo, per sfiatare la liscia superficie del verso non scolpito, lo ribaltarono pacificamente, come una tartaruga sul guscio. E quella battaglia d'i muscoli e di pietra che oggi qui ci seduce, conobbe così una notte dell'immagine, un black out che avrebbe potuto anche essere eterno, infinito. E si può immaginare quale emozione abbia catturato gli archeolo- gico-architetti, che stavano lavorando agli ultimi ritocchi nella chiesa di San Salvatore per restituirla a questo affascinante percorso museale, quando rivoltando come una zolla feconda quella voluminosa lastra tombale hanno potuto scoprire l'incanto di una simile superficie scolpita e assopita da secoli, che è diventata subito una delle perle attraenti inserita nel cammino museale di questo rinnovato quartiere espositivo della città. Perché una delle più insolite caratteristiche di questa nuova, enorme «distesa» museale, che si sviluppa su un'area impressionante (ma non punitiva) di oltre 12.000 metri quadrati, è proprio quella di essere un museocantiere, che non soltanto si sviluppa a diretto contatto con questo sito incredibilmente ricco di stratificazioni archeologiche che raccontano la storia millenaria di Brixia (città che già nella sua radice di «brig» conserva questa qualità di svettare, di erigersi alta alla vista), ma difende questa sua caratteristica abbastanza unica, di voler essere un museo in progress, che dovrà accogliere nel tempo tutti quei reperti che sono ancora sepolti sotto questo intiero-quartiere di rarità storiche stratificate, che spiegano con didattica spettacolarità il cammino ramificato della Storia.. Luogo assolutamente nevralgico questo, dello sterminato Monastero di Santa Giulia: fulcro di ricchezze tardo-antiche pari forse soltanto ad Acmi lei a. Fu in questo spazio stratificato di memorie, sopra la traccia distrutta di una vasta domus romana di cui si conservano ancora vestigio, che l'ultimo re dei Longobardi, Desiderio (di cui si custodisce la celeberrima croce tempestata di cammei e di gemme) fece costruire l'enorme monastero che sarebbe poi divenuto una roccaforte del potere f èmminile longobardo (con figu¬ re così affascinanti come Am alasunta, Rosmunda, Teodolinda o Anselpega). E fu proprio la moglie del Re, Ansa, a voler dedicare il Monastero alla singolare figura di martire in Corsica, quella Giulia insolitamente crocifissa, che campeggia ad apertura di Museo, in una bellissima scultura ardita, a seno nudo e corsetto abbassato, che fa impallidire di ridicolo, le povere provocazioni recenti, cinematografiche o artistiche, o le copertine di rotocalco con donne nude in croce: le Ultime Cene al lem mi ni le di Sam Taylor Wood o i deliri porcaccioni di Jodorowsky. Articolato su un intelligente progetto di Andrea Emiliani, realizzato con sobria efficacia da un team di architetti che si è alternato in più di ventanni di lavoro, sotto l'attuale supervisione di Giovanni Tortelli, dispiegato intomo a tre scenografici chiostri e tre chiese affascinanti, decorate da maestri frescatori del calibro di Romanino o Feriamola, il museo-città di Santa Giulia può offrire cifre da far impallidire: 11.000 oggetti esposti, 4160 reperti di scavi archeolgici, 4000 pezzi donati da collezionisti bresciani, 120 vetrine, 180 restauratori impegnati, un mosaico di oltre 60 metri quadrati, che sospeso scavalca addirittura i vari piani del museo diviso in 8 settori. Detto così, può impaurire: ma superata l'euforia della scoperta iniziale, che ti fa pattinare come rapito attraverso i chilometri interminabili di questo (maltiere-labirinto, che pare un viaggio in Internet sol idi ficai < i, un cammino stordito entro un libro di storia che ti materializza via via le immagini esemplificanti, ebbene ci sarà il tempo di visitare con cura le varie interconnessioni storico-stilistiche, che dalle necro poli protostoriche ci conducono sino alla Brescia veneto-rinasci mentale, di Vittoria e Moretto. i.UUiU. '-V La lastra che raffigura una concitata battaglia tra eroi. A lungo sconosciuta e degradata a sepolcro, è ora uno dei «pozzi» più preziosi del Monastero di Santa Giulia: un museo in progress con un'area di 12 mila metri quadrati: impressionante ma non punitiva

Persone citate: Andrea Emiliani, Giovanni Tortelli, Jodorowsky, Moretto, Romanino, Taylor Wood

Luoghi citati: Brescia, Cividale Del Friuli, Corsica