Voleva morire: non aveva casa e lavoro di Ezio Mascarino

Voleva morire: non aveva casa e lavoro Voleva morire: non aveva casa e lavoro Quel giorno aprì il rubinetto del gas e provocò l'esplosione Ezio Mascarino TORINO Il cielo si affaccia dai muri sventrati e dai tetti che l'esplosione ha fatto volare via. Valeria Roero, la fioraia sotto casa, mormora ancora: «Madonna mia, quel giorno poteva essere una strage». Voleva morire Fabrizio Coppo, l'ex muratore ricoverato al Centro grandi ustionati del Cto. Lo aveva gridato alla sua compagna, Beatrice MineUi, la donna che gli ha dato due figlie: «Sono rimasto senza lavoro e siamo stati sfrattati. Fra pochi giorno sarò il mezzo alla strada, con la mia famiglia, i miei figli. Nessuno mi aiuti, mi hanno messo con le spalle al muro, faccio una strage». Si è chiuso in casa, le tapparelle abbassate. E ha aperto i rubinetti per cancellare quello che credeva il suo fallimento, come uomo, marito, padre. Beatrice Minelli sa trovare parole semplici per raccontare le loro sofferenze: «A dicembre la ditta dove Fabrizio lavorava ha chiuso e lo ha lasciato a casa. Il mondo ci è crollato addosso rapidamente. Abbiamo finito i pochi risparmi, si sono accumulate le bollette dell'Enel, del gas, l'affitto. E' arrivato lo sfratto. Per vivere ho teso la mano a tante porte. Sono andata anche alla chiesa di Sant'Ambrogio, mi hanno dato un chilo di pasta, frutta e verdura. Al Cottolengo anche un po' di carne. Un giorno ho preso le due bambine e sono andata alla mensa dei poveri, dietro a Porta Palazzo. Quel giorno mi sono vergognata e quando lo ha saputo Fabrizio ha pianto. Lui non voleva, è orgoglioso». Hanno nascosto i loro problemi, senza parlarne con i parenti. «Fabrizio provava vergogna, aveva paura che la gente sparlasse di noi, che dicesse che lui non era neppure capace a mantenere la sua famiglia», mormora Beatrice. E racconta delle tanto serate trascorse con il Kppo in gola, accanto al suo uomo: «Mormorava itti progetti e minacciava gesti disperati. Io cercavo di chetarlo. Chiudevo le bambine in camera loro, poi lo accarezzavo e gli ripetevo che il periodo nero sarebbe finito. E pregavo perchè comparisse un Arcangelo e risolvesse i nostri guai. Lui mi guardava, scuoteva la testa e diceva che dovevo andarmene, che dovevo lasciarlo, per rifarmi una vita con qualcuno che fosse capace di dare almeno un po' di benessere ai nostri figli». Così, un giorno dopo l'altro. Con la paura che cresceva nel cuore. «Abbiamo bussato a tante porte, chiedendo un lavoro, un aiuto, una sistemazione. Tanti sorrisi, tante parole e promesse. Ma nulla in concreto». Cosi, giorno dopo giorno, inseguendo una speranza. Fino a quel pomeriggio, quindici giorni fa. «Io ero da alcuni pap renti con le bambine. Dovevo tornare a casa, per prendere dei vestiti per le piccole. Sono arrivata troppo tardi». Un boato tremendo. «Una nube di polvere e poi, per alcuni minuti, tutto si è fatto nero», rib corda la fioraia sotto casa. La palazzina a tre piani fu sventrata, porte, finestre, mareti esterne volale via come fossero dicanone. Novo i feriti, tra loro anche una bimba di sette mesi. Lo spostamento d'aria mandò in frantumi le finestre nel ragp gio di 200 metri, sventrando porte, finestre, tapparelle. Una dozzina le famiglie rimaste senza casa. Fabrizio Coppo fu trovato dai vigili del fuoco tra mobile e macerie dell'alloggio. «Pochi giorni dopo avevamo l'udienza per lo sfratto, per noi non c'era alcuna speranza, avremmo dovuto lasciare la cab sa*- ripete Beatrice Minnelli. «Per lui sarebbe stata la sconb fitta». Così ha chiuso le finestre di casa, abbassato le tapparelle, aperto il rubinetto della cucina. Poi si è seduto accanto al tavolo attendendo che l'alloggio si saturasse. Ha innescato l'esplop sione accendendo la luce. Un bagliore, un boato. Doveva essere la fine. Ora Fabrizio Coppo lotta contro la morte. La palazzina di tre piani dove abitava fu sventrata. Nove i feriti, tra cui una bambina

Persone citate: Beatrice Minelli, Beatrice Mineui, Beatrice Minnelli, Fabrizio Coppo, Novo, Valeria Roero

Luoghi citati: Torino