«Così si fa il bravo sindaco leghista» di Guido Tiberga

«Così si fa il bravo sindaco leghista» «Così si fa il bravo sindaco leghista» Calvo: fascisti i manganelli al Palasport di Varese intervista Guido Tiberga inviato ad ALESSANDRIA FASCISTI». Eccola la parola proibita: arriva a metà di una confessione amara ma non ancora disillusa. Francesca Calvo, padana al punto da chiedere la visita medica per i figli degli africani da mandare all'asilo, ma anche sufficientemente concreta per farsi riconfermare in municipio dopo quattro anni di «buongoverno». Fino a sabato, Francesca Calvo era «dialettica» ma in fondo allineata. «Umberto? Un grande animale politico, forse il più Brande di tutti. Ma delle due l'una: o è mal consigliato, oppure non è più in grado di tenere a bada gli hooligans che qualcuno ha portato dentro il movimento». Qualcuno chi? «E chi vuole che sia? Lo sanno tutti che in Piemonte la Lega ha due anime». Borghezio? «Proprio lui: i suoi fedelissimi sono pochi, ma per menare le mani a mi congresso non serve mica troppa gente...». Da ieri, il sindaco di Alessandria è in odore di eresia: prima la solidarietà pubblica offerta a Domenico Cornino, il «pus», la «vipera», il «traditore bastardo», il «vigliacco» liquidato in malo modo. Poi l'attacco duetto al Lider Maximo: «Bossi ha avuto il coraggio di dire che Domenico Cornino si è presentato al congresso scortato dalla polizia italiana. Quel che non ha detto è che Cornino ha dovuto farlo per difendersi dai manganelli fascisti della Lega». Ho capito bene? «Fascisti»? «Fascisti, fascisti. Lei come li definisce i manganelli, scusi? E quelli che li usano per far valere le proprie ragioni? Guardi, quello che è successo al congresso mi ha disgustato. A partire dal servizio d'ordine, che è intervenuto solo quando i delegati hanno cercato di difendere Cornino. Peccato che lo hanno fatto per picchiare i delegati. Bossi, poi..». Bossi cosa? «Ma lei ha mai visto un congresso dove il leader arriva alla fine? Che cosa serve parlare tanto, se tutto è già stato deciso prima, alla bulgara? Io in consiglio ci vado sempre. Ho mancato una seduta sola, ma avevo appena avuto un collasso...». Qui il collasso rischia di averlo la Lega. Prima la gazzarra a Milano contro il prefetto, poi la rissa di Varese... «Per favore distingua: la protesta per il sindaco di Lazzate è più che giusta: sa-cro-san-ta. Ma dóve si è mai visto un burocratino di prefetto che vuole mandare a casa un sindaco eletto dal popolo. Dov'è lo scandalo? Un concorso che aiuta i residenti fa risparmiare tempo e denaro: a Firenze, in una Asl, si sono presentati in 24 mila. Pensi ai costi di gestione: senza contare che i meridionali che vincono, dopo sei mesi, chiedono giustamente la mobilità di tornarsene a casa. E' successo a me, e ho dovuto ricominciare da capo con un altro concorso. Eppure, e qui sta la foiba di questa Lega, il congresso era contento». Contento di che? «Di poter dire che il prefetto è un italiano mascalzone. E tutte le cose buone che Cesarino Monti ha fatto per la sua gente? Cancellate, dimenticate. Lo sa cosa dice Bossi dei suoi sindaci? Dei pochi sopravvissuti dei settecento che aveva? Che non siamo qui per riparare i tombini. Sarà banale, ma è anche con i tombini che funzionano che si fa capire alla gente che cosa vuol dire essere della Lega». Sindaco Calvo, ma lei lo farebbe un accordo elettorale per poter continuare a «r ip a rare i tombini»? «Sì, la politica è l'arte del compromesso. Altrimenti mi spieghino che cosa ci stiamo a fare qui. Andiamo tutti a casa, ma proprio tutti: dai consiglieri di quartiere agli eurodeputati. Tutti a casa a imbracciare il Kalashnikov. Sarebbe una soluzione anche quella... Non per me, certo». E questo accordo «per i tombini» lei lo farebbe già dalle prossime regionali? «Per forza. Bossi dice che le Regioni sono essenziali: come pensa di conquistarle senza accordi? L'isolamento non paga». Bossi direbbe che non si tra¬ discono gli ideali leghisti per un paio di poltrone... «Ma qui non si tratta di poltrone. Voghamo dare alla gente una buona amministrazione? Vogliamo dare lavoro, sicurezza? Vogliamo continuare a portare il Palazzo in piazza, o no?». Volete continuare anche a litigare con i prefetti, magari per aver inserito l'esame di dialetto nei concorsi comunali, come ha fatto lei? «Ancora con questa storia? Intanto l'esame non era di dialetto, ma di cultura alessandrina». Che cosa significa, scusi? «La nostra sto¬ ria, le nostre tradizioni, il nostro modo di vivere. Se devo mettere uno allo sportello, posso pretendere che capisca il novantenne che chiede un significato?». E se il vecchietto parla solo il piemontese? «Ma non esiste il piemontese... A Torino si parla in un modo, a Novara in un altro. E pure qui, uno della Fraschetta e uno del Cristo rischiano di non capirsi tra loro. Certo, io il dialetto l'ho portato nelle scuole. Sa qual è stata la mia più grande soddisfazione di sindaco? Sono andata a casa di un tunisino, uno dei nostri attacchini, mica un professorone, e suo tìglio si è presentato dicendo Sun Menico, "Sono Domenico"...». Le stesse parole potrebbe dirgliele Cornino, magari per invitarla ad andare con lui. Sindaco Calvo, se c'è la scissione lei da che parte sta? «Non mi piace la parola scissione. Spero che Cornino non si ritiri su un bricco a Morozzo, questo sì. Spero che continui a difendere i suoi ideali in qualche modo, poi vedremo...». Lui ha detto che vuole fondare un movimento politico. Lei che fa, lascia i «manganelli fascisti» per andare con lui? «Gliel'hogià detto: vedremo». A sinistra Giancarlo Pagliari ni. Umberto Bossi e Francesco Speroni ascoltano il «Va' pensiero» a conclusione del congresso di Varese. Accanto, il sindaco di Alessandria Francesca Calvo