Specchio dei tempi

Specchio dei tempi Specchio dei tempi «La zona blu ha eliminato il caos-pareheggi nella tranquilla via Bidone» - «Mio figlio invalido è schiavo di un lavoro che non riesce a fare» - «Quaranta minuti d'attesa senza notizie» - «Versamenti inutili?» Un lettore ci scrive: «Nei giorni scorsi è stata pubblicata una lettera di circa un centinaio di dipendenti di una clinica di via Bidone in cui la tranquilla via che si trova in prossimità di Torino Esposizioni è descritta come una zona frequentata solo da drogati, prostitute ecc. e dove alle 22 bisogna correre per salire in macchina e salvarsi. Risiedo da 15 anni in questa via e a parte i soliti casi di tossicodipendenti che vagano nelle vie della nostra città e la presenza di alcune prostitute italiane, ormai monumento storico della zona, non mi pare che la situazione sia quella descritta dai firmatari, anzi molto spesso le lamentele più feroci sono per il frastuono, gli schiamazzi e le auto in doppia fila di coloro che frequentano il Teatro Colosseo, fino a tarda ora, o dei nuovi locali aperti all'inizio della via all'angolo con via Nizza, che a modo loro garantiscono un elevato passaggio di auto e persone. Tengo anche a sottolineare che la zona blu era previstatela nel Piano Urbano del traffico del 1995/96, quindi non è stato nulla di improvviso, anzi la sua realizzazione è stata anche ritardata e ottenuta solo grazie alla tenacia dei residenti. Inol- tre ricordo che vicino alla clinica esiste il V Padiglione con abbonamenti dimezzati. «Mi chiedo infine perché nella lettera non compaia nessun riferimento alla situazione insostenibile in via Bidone nel tratto di fronte alla Clinica con macchine in doppia fila dal mattino alle 7 fino alle 23 della sera, prima dell'entrata in vigore della zona blu, e al parcheggio interrato da 94 posti auto fatto costruire dall'Ente Morale che gestisce anche la Clinica privata». Segue la firma Una lettrice ci scrive: «Ho un ragazzo di 19 anni, nato sano, ma purtroppo a seguito di una cantonata dei medici e quindi cure sbagliate, nei suoi primi anni di vita, ha modificato la sua esistenza in un tour lungo e tortuoso tra visite e incontri nei centri specializzati... e alla fine ho dovuto addirittura licenziarmi dal mio lavoro per seguirlo a scuola. «A 17 anni mio figlio, tramite amici, trova un impiego in una ditta meccanica. All'inizio sembrava che andasse tutto bene, ma poi come supponevo mio figlio non riesce a svolgere il suo lavoro perché non è all'altezza. E' talmente disperato e dispiaciuto, al punto che a casa non parla d'altro, e chiede aiuto a me, che nel frattempo mi sono separata da mio marito, e quindi l'unica risorsa economica che ho al momento è proprio mio figlio. «Mi consigliano, riscontrati i suoi problemi, di fare domanda di invalidità e gli viene riconosciuta l'invalidità al 50%. «A questo punto vado a chiedere un posto di lavoro per mio figlio (non elemosina) e mi vie¬ ne detto che per poterlo avere deve iscriversi alle liste di collocamento, e quindi licenziarsi dal suo posto attuale. Se faccio questo, come viviamo? «In più mio figlio, visto l'evolversi della sua vita, è molto depresso: bisogna aspettare che accada il peggio per trovare una soluzione?». Segue la firma Una lettrice ci scrive: «L'altro giorno alle 8,35, alla fermata del tram 16 di c.so San Maurizio, tra via Sant'Ottavio e via Guastalla, ho atteso il mezzo che va in direzione Po/Valentino la bellezza di 40 minuti. Sono a conoscenza dei lavori e dei cantieri attualmente in corso in questo perìodo in città e comprendo perfettamente il disagio che essi possono arrecare, ma la gente che attende alle fermate non può sapere la du¬ rata dell'attesa e potrebbe decidere di cercare un altro mezzo di trasporto. Sarebbe troppo chiedere di attrezzare tutte, dico tutte, le fermate con delle paline con la scritta luminosa indicante il tempo di attesa, o non potrebbe una vettura con a bordo addetti dell'Atm percorrere le strade lungo i percorsi critici informando la gente a voce di persona della criticità del momento?». Nerina Ferro Una lettrice ci scrive: «Avendo lavorato per 14 anni come artigiana (sarta), chiesi all'Inps di via XX Settembre cosa dovevo fare per avere il minimo di pensione. Un impiegato mi disse che se avessi continuato i versamenti con la prosecuzione volontaria delle marche la mia pensione sarebbe stata superiore al minimo. «Quindi iniziai la contribuzione versando le relative somme (ogni 3 mesi) per ben 19 anni e smisi quando un impiegato di un patronato mi disse che era inutile fare la prosecuzione volontaria, tanto avrei percepito soltanto il minimo di pensione. Se è vero questo, posso recuperare le somme versate per i contributi volontari?». Vanna Elia

Persone citate: Vanna Elia

Luoghi citati: Torino