Fatiche da pittrice di Simonetta Robiony

Fatiche da pittrice «Femminile, singolare» di Claudio Del Punta, è l'unico italiano a Taormina Fatiche da pittrice Una provinciale a Roma Simonetta Robiony ROMA Una ragazza, un appuntamento, uno specchio, tanti vestiti indossati, provati, scartati e, con i vestiti, sensazioni, memorie, ricordi del passato: il ritratto di una giovane donna di oggi. «Femminile, singolare», di Claudio Del Punta con Cristina Moglie, quella di «Radiofreccia», è il solo film italiano presente a Taormina nella sezione Laboratorio: nel concorso principale italiani non ce ne sono. «Barry Gifford Un cuore selvaggio a New Orleans» del duo Conversano-Griffagnini, invece, è fuori di ogni sezione. «Femminile, singolare» viene mostrato al pubblico oggi e domani al Palazzo dei Congressi. Prodotto da Paso doble per scarsi tre miliardi di cui la metà del Fondo di garanzia, interpretato, oltre che da Cristina Moglia, da Dan ny Quinn, Valentina Chico, Vincenzo Peluso e Lorenza Indovina racconta, in toni da commedia, le fatiche e le frustrazioni di una ragazza arrivata a Roma dalla provincia con la speranza di fare la pittrice. «E' un mondo che conosco bene», spiega il regista, «nonostante non abbia mai praticato videoart e cose simili, perché ho molti amici che bazzicano mostre e gallerie nella speranza di diventare artisti. E' una storia universale, la mia, nella quale potrebbe riconoscersi qualunque ragazzo che coltivi il sogno di poter esprimere liberamente le sue capacità». Esser stato scelto per Taormina, comunque, ha restituito a Claudio Del Punta, toscano di Carrara, «Terra di anarchici e cavatori», ma da oltre dieci anni romano «perché se vuoi far cinema devi stare per forza a Roma», qualche speranza nella cinematografia nostrana. Assistente sul set di registi importanti, autore di numerose sceneggiature, Del Punta è stato infatti scottato da una precedente esperienza andata male. «Avevo girato, trovando a stento i soldi, il mio primo film, "Trafitti da un raggio di sole", che, pur avendo ottenuto riconoscimenti in piccoli festival, è uscito in pochissime città senza trovare una distribuzione. Taormina, dove arrivo di nuovo senza un distributore, potrebbe portarmi fortuna». Convinto che il problema del cinema italiano sia innanzi tutto la difficoltà di essere ascoltato sia dai produttori indipendenti sia dai dirigenti televisivi, Claudio Del Punta, dopo una lunga gavetta fatta di inutili giri, telefonate senza risposta, copioni spediti in giro, s'è trasferito recentemente a Los Angeles per tentare la grande avventura. «A Los Angeles arrivano aspiranti cineasti da tutto il mondo, quindi la lotta e durissima. Ma almeno i dirigenti cinematografici fanno il loro lavoro: pagati per scovare nuovi talenti, si danno da fare per tirarli fuori». Dunque è questo il male più grave del nostro cinema? «Mah. Certo non sono le intelligenze a mancare. E neanche i finanziamenti pubblici. Manca, però, una politica complessiva per il cinema che lo sganci dalla televisione, ne garantisca l'uscita in sala, lo promuova all'estero. Come dice D'Alema manca l'Italia come paese normale». Concepito come un minuscolo affresco sulla generazione dei trenta-quarantenni, «i kamikaze dell'esistenza», il film, dice il regista, ha più parentele con alcune opere francesi che con quelle italiane. «Ho pensato a Truffaut, a Rohmer, e molto a Tavernier». E tra gli italiani a chi si sente più vicino? «Stimo Amelio, ma appartiene a un'altra generazio ne. Di quelli della mia età apprezzo Marco Bechis che, nonostante le lodi, c'ha messo sette anni per fare il suo secondo film, e Carlei che, non a caso, se n'è andato in America a lavorare». Cristina Moglia con Vincenzo Peluso in una scena del film