L'America d'oggi in forma di tv

L'America d'oggi in forma di tv L'America d'oggi in forma di tv abrizio Rondotino FRA i giovani scrittori americani venuti alla ribalta dopo la grande (e sopravvalutata) onda minimalista, David Foster Wallace, classe 1962, è probabilmente il più interessante. Scrittore prolifico (il suo Infinite Jest, di prossima traduzione, conta un migliaio di pagine) e versatile (racconti, saggi, reportage di cinema e sport), Wallace appartiene a quel genere un po' sbrigativamente classificato come «post-modern» e che lui stesso definisce «narrativa d'immagine». Tennis, tv, trigonometria, tor nodo, raccolta di saggi e articoli il cui oggetto fondamentale è l'America di oggi, contiene anche ima riflessione sul tema «Gli scrittori americani e la televisione» che può leggersi indifferentemente come un manifesto, una poetica o una dichiarazione d'intenti. «La nuova narrativa d'immagine - scrive Wallace - usa l'effimera mitologia della cultura pop come se fosse un mondo in cui immaginare storie con personaggi "reali", anche se mediati dall'immaginario pop». In altre parole, la televisione e in genere la cultura di massa non sono più un riferimento estrinseco, o un generico contesto in cui calare storie e personaggi (come di fatto è ancora in Pynchon e in DeLillo, i maestri di Wallace), ma diventa il luogo stesso della narrazione prima di tutto perché è il luogo dove la vita accade. L'unico reale, sembra dire Wallace, è il virtuale. Una tale letteratura è dunque, seppur in modo del tutto particolare, impregnata di realismo: e dunque anche critica. Non era forse il realismo la forma letteraria più matura e raffinata di critica della società borghese? Senonché con la televisione (e con la cultura pop in genere) le cose non sono così semplici, e Wallace - diversamente per esempio dai nostri «cannibali», anche in ciò sommamente superficiali e un poco faciloni - se ne rende perfettamente conto. «La televisione - scrive - è diventata capace di inglobare e neutralizzare ogni tentativo di cambiamento e anche di denuncia degli atteggiamenti di passività e di cinismo che la t eie vi sione stessa richiede al Pubblico per poter essere commercialmente e psicologicamente efficace». La sua arma è l'ironia, ovvero, il che è lo stesso, quella sorta di meta-televisione che anche in Italia conta esempi efficacissimi (basti pensare a Blob o a Striscia). Wallace non offre una via d'uscita, né indica una soluzione teorica al proble ma: ma averlo posto con cniarez za, senza atteggiamenti consolatori o indifferenti, è senza dubbio un risultato che gli rende merito D'altra parte, non è mi caso se il suo racconto probabilmente più bello è dedicato proprio a un re del talk-show, quel David Letterman che impazza negli Stati Uniti e che da noi è stato recentemente imitato da Daniele Luna zzi con Barracuda (il racconto si può leggere in La ragazza con i capelli strani, Einaudi/Stile Libero). Tennis, tv, trigonometria, tornado si raccomanda per almeno altri due capitoli: quello dedicato a Strade perdute di Lynch, vera e propria dichiarazione d'amore per d regista più visionario e Remale del cinema d'oggi, e quello dedicato alla Fiera statale dell'Illinois, ritratto forse un poco convenzionale ma spassossimo di un frammento di America di provincia che sembra riassumere tutte le nevrosi tutto il Kitsch e tutta la magnificenza del continente. l>HM<l 1 t'Nl.l He'mit .. ìtiriuidii David Foster Wallace Tennis, tv, trigonometria, tornado trad. Vincenzo Ostuni, Christian Raimo e Martina Testa ed. minimum fax, pag. 317, L. 30.000

Luoghi citati: America, Illinois, Italia, Stati Uniti, Striscia