Assad resta a Damasco di Aldo Baquis

Assad resta a Damasco Assad resta a Damasco Evitato rincontro con Barak Aldo Baquis TEL AVIV E' durata solo un fine-settimana la speranza che i funerali di re Hassan II di Marocco fungessero da sfondo a uno spettacolare vertice fra il premier israeliano Ehud Barak e il presidente siriano Hafez Assad. L'ipotesi di un storico incontro israelo-siriano che accelerasse sensibilmente gli approcci di pace fra i due paesi dopo quattro anni di totale assenza di contatti diretti si era profilata venerdì, non appena Washington aveva appreso della morte del monarca marocchino. Ancora ieri il ministro degli esteri israeliano David Levy, prima di partire per la natia Rabat, non aveva escluso la possibilità di tro¬ varsi presto a tu-per-tu con il «Leone di Damasco». Tuttavia quando a mezzogiorno da Damasco è decollata la delegazione siriana diretta ai funerali di re Hassan, l'agenzia di stampa Sana ha deluso molte speranze rivelando che essa era guidata dal vicepresidente Muhammad Zuhair Masharqa e includeva il premier Mahmud Zoubi e due ministri: Faruk a-Shara (esteri) e Mohammad Harba (interni). «L'assenza di Assad - ha poi spiegato una fonte governativa siriana - è una indiretta smentita alle notizie stampa israeliane su un tentativo statunitense di organizzare un vertice con Barak». Come a dire che il presidente siriano non si lascia imporre da alcuno - nemmeno dall'imprevedibile decesso di re Hassan o da Clinton - i tempi del disgelo con Israele. In passato il Marocco aveva ospitato altri incontri discreti, come quello del 1977 fra il ministro degli esteri Moshe Dayan e il funzionario egiziano Hassan Tohamy in cui furono gettate le basi degli accordi di pace di Camp David. Assad inoltre aveva quasi sfiorato Benyamin Netanyahu nel febbraio scorso ad Amman, ai funerali di re Hussein. Questa volta il presidente siriano ha probàbilmente temuto che Bill Clinton lo conducesse a sorpresa di fronte a Barak: ha quindi prudentemente preferito restare a Damasco e inviare a Rabat il fratello, Rifaat. Alla partenza da Tel Aviv, Levy aveva già preparato un ipotetico approccio con il presidente siriano: «Gli dirò: 'Suvvia, parliamo... Lei vuole la pace, noi pure la vogliamo...Mettiamoci dunque a parlare'». Troppo poco, probabilmente, per fare breccia nel ruvido Assad che anche all'indomani dei complimenti indirizzati a Barak resta inamovibile nella sua richiesta di ricevere da Israele l'intero territorio delle alture del Golan, occupato militarmente nel 1967. Ha scritto ieri il governativo Tishrin: «Dopo le belle parole, Israele deve adesso passare ai fatti. Deve completare il ritiro dalle alture del Golan e dal Libano meridionale, e rispettare finalmente i trattati internazionali». Anche così la folta delegazione israeliana a Rabat - guidata dal capo dello stato Ezer Weizman - non ha perso tempo. Barak e Levy si sono incontrati con Clinton, con Yasser Arafat e perfino - in un colloquio senza precedenti nel suo genere - con il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika (Israele e Algeria sono ancora formalmente in stato di guerra). Superato l'interludio marocchino, nei prossimi giorni Barak dovrà mettersi al lavoro per riattivare i negoziati con i palestinesi che si attendono una realizzazione pronta e completa degli accordi di Wye Plantation, ossia di un profondo ritiro in Cisgiordania e la scarcerazione di 750 detenuti politici. Come la Siria, anche l'Autonomia palesinese si at tende da Barak che passi ormai dalle parole ai fatti. Hillary Clinton e la figlia Chelsea escono dal mausoleo in cui ieri sono state sepolte le spoglie di re Hassan II A destra, la polizia argina la folla lungo il tragitto del corteo funebre. In molti hanno tentato infatti di toccare il feretro