Bossi vince la sfida con Comino di Renato Rizzo

Bossi vince la sfida con Comino Bossi vince la sfida conComino Bossi vince la sfida con Comino Per lui un plebiscito: le alleanze le deciderò io Renato Rizzo inviato a VARESE E' finita come doveva finire: la vittima predestinata è stata messa alla gogna, poi mandata a morte davanti agli occhi di tutti. Un capro espiatorio che ha tacitato la base leghista tesa tra l'angoscia per la recente sconfitta e la voglia di una palingenesi purificatrice. Umberto Bossi ha gettato Domenico Cornino in pasto ai giustizieri in camicia verde. E questo gesto ha rinsaldato il feeling tra il capo ed i soldati semplici, quelli duri e puri che vogliono ragionamenti chiari ed emozioni forti: il leader piemontese abbattuto «non è un perseguitato, ma un rompicoglioni che voleva svenderci a Berlusconi». E che non ha avuto neppure l'umiltà di venire qui con il cappello in mano e gli occhi contriti: «E' uno di quelli che hanno camminato grazie alla Lega, un mangiapagnotte a tradimento che cercava rifugio nel paradiso di cartapesta del Cavaliere». Entrando al Palasport, poteva chiedere scusa, «ha preferito, invece, accusare, sporcando tutto. Ma le vipere fanno paura solo acquattate nell'erba. Portate sotto i riflettori diventano innocue. Povero Cornino». L'insulto più feroce è mascherato in un rebus volutamente ingenuo: una parola che «comincia con v... e finisce con la ...o» urla Bossi. La platea completa le lettere mancanti: «Vigliacco». E', questo, un piccolo congres- so minimizza il segretario federale. Ma, in realtà, quando il «Va' Pensiero» del Nabucco sigla la fine dei lavori, Bossi torna a casa con un cospicuo bottino. Non solo ha rinforzato i suoi personali legami con la base, ma ha incassato anche una modifica allo statuto che lo rende ancor più unico e onnipotente leader: solo lui avrà, d'ora in poi, la possibilità di stringere accordi pomici con altri partiti seppure attraverso il mal¬ leabile filtro del consiglio federale. Alle segreterie regionali resterà soltanto una non meglio precisata «autonomia organizzativa». Curiosa e intrigante questa nuova disposizione presa da una assemble chiamata a sancire l'aurea solitudine di una Lega che respmge ogni ipotesi di contaminazione con Roma. Ma il Senatur sembra già guardare alle regionali del 2000 e ai contatti che, nelle sue speranze, potranno conse¬ gnargli le chiavi della regione Lombardia. Storcono il naso alcuni dirigenti che, in mattinata, avevano difeso il proprio lavoro dalle generiche accuse di «poltronismo» volate a più riprese dal palco. Tacciono anche Formentini e Maroni. Loro, alle europee, avevano consigliato i simpatizzanti leghisti a votare per l'Ulivo: ora guardano la testa di Cornino che rotola tra la folla. Il Senatur arringa il suo popolo promettendogli per i prossimi dieci mesi le lacrime e il sangue di churchilliana memoria. E celebra una seduta di psicoterapia di gruppo in questa arena che gronda rimpianto e rabbia: lasciamo per strada chi, come Cornino, ha voluto «sfruttare la buona fede dei militanti per nascondere le sue vere intenzioni. Questa mattina si è presentato qui scortato da poliziotti italiani e con la moglie che teneva in mano due sacchetti: uova da lanciare in difesa della carriera politica del marito. Certi personaggi vale la pena di ammazzarli con cortesia». Un incarico che il Segretario affida ai consiglieri federali ammonendoli a «mostrare i coglioni». Non prima di avere annunciato, tra i «no» della platea, le sue dimissioni con un gesto quasi irridente nei confronti del reprobo piemontese che le aveva chieste. Un quarto d'ora d'intervallo, poi lo psicodramma apre il suo secondo atto: la «giuria» emette la sentenza e la platea riconferma il suo leader. Con la sola eccezione del deputato bresciano Terzi che alza la mano per votare no e subito dopo è costretto a rifugiarsi dietro il palco per evitare la rabbia del Palazzetto in ebollizione. Nel gioco delle parti Umberto Bossi striglia il consiglio federale che si è dimostrato troppo magnanimo: «Ce n'erano anche altri da cacciare. La gente deve vedere che chi giudica non ha la mano tremante. Bisogna ricordarsi che c'è il rischio di metastasi». Ancora una carezza alla base adorante che ridiventa ruvido e indiretto richiamo ai quadri del movimento: «Il marcio può toccare livelli medi, ma chi tradisce sta sempre in alto. La Lega ha la base migliore del mondo, deve sentire che i dirigenti non stanno l'i, solo per lo stipendio». E' la mozione degli affetti. Il richiamo che unisce sotto la bandiera con le «baionette innestate». Perché la Padania «non la porta Babbo Natale», bisogna saperla conquistare consci che «centomila uomini» valgono come quattro tv». Alla guerra, allora. Magari cominciando fin da domani sera quando, a Lazzate, si sfilerà contro i soprusi del prefetto che ha sospeso il sindaco leghista. Tutti sono mobilitati: «Chi ha l'enfisema lasci perdere le sigarette e venga a lottare. Domani e sempre». L'ARRIVO DI COMI NO E' la tarda mattinata di ieri, e l'ex capogruppo a Montecitorio Domenico Cornino arriva al congresso: «Sono qui per parlare, se mi sarà consentito», dice. Viene accolto da applausi e fischi LA CONTESTAZIONE Primo pomeriggio, scoppia la contestazione non appena Domenico Camino si avvicina al palco per parlare. I delegati non gli lasciano prendere la parola, fra i più accesi contestatori Con. Mario Borghezio I TAFFERUGLI Scoppiano i tafferugli sugli spalti del palasport: la segretaria di Cornino, che tenta di alzare un cartellone, è aggredita e ferita alla testa. Nella foto la giovane in ambulanza (sarà dimessa dopo le cure) COME ALLO STADIO Deve intervenire anche la polizia a Varese per placare gli animi: fra «tassiani» e «cominiani» volano bandiere, bastoni, pugni e calci: alcuni militanti sono leggermente feriti e medicati

Luoghi citati: Lazzate, Lombardia, Roma, Varese