Piemonte, l'era della «conta»

Piemonte, l'era della «conta» NEL CARROCCIO SUBALPINO FRA PAURA E VOGLIA DI SCISSIONE- Piemonte, l'era della «conta» «Ma Umberto usa la clava, come fermarlo?» radiografia Giuseppe Sanglcrgìo TORINO ■ L popolo della Lega non è una ■ mozzarella, è gente con il ■ sangue nelle vene», dice Bernardino Bosio, sindaco di Acqui Tenne, commissario del Carroccio piemontese per decisione dell'Umberto nazionale. Lo dice a caldo, nella bagarre del palasport di Varese, pochi minuti dopo l'espulsione di Domenico Cornino sancita dal Consiglio federale. Un'affermazione per «giustificare» quanto è accaduto poco prima, i fischi e gli applausi all'ex presidente dei deputati padani ed ex segretario in Piemonte. Con Cornino, che ora gli avversari non hanno timore ad indicare, come «l'insegnante precario di Morozzo, Cuneo», è rimasta parte della «truppa» subalpina: i segretari di Tonno, Roberto Ros¬ so, di Novara, Maria Grazia Nichetti, Walter Spirito di Domodossola. «Ma Rosso - spiegano i fedelissimi di Bossi - è sempre stato "dialettico" con il segretario federale». E la parola «dialettico» è il massimo che si può strappare agli esponenti del Piemonte in camicia verde. «Perché quando il gran Capo decide di impugnare la clava, pochi hanno il corag- §io di alzare la testa», dicono alla sede torinese. Sta di fatto che nel capoluogo del Piemonte ha vinto Mano Borghezio, deputato, capogruppo a Palazzo Civico e, in prospettiva, anche probabile europarlaìnei ita re, se, come pare, Bossi gli lascerà il collegio del Nordovest. Borghezio era contrario all'apparentamento con i «berlusconisti». «Non dobbiamo stare né con la destra, né con la sinistra, aveva sentenziato dopo la scelta di Cornino di appoggiare il Polo nei ballottaggi». E adesso, dopo la sconfitta elettorale, Bossi gli ha dato ragione. La Lega sotto la Mole ha perso posizioni e consensi, scendendo dal 13 per cento delle politiche '96 a poco più del 7 per cento del 13 giugno. Con l'uscita dalla scena leghista di Domenico Cornino le restano quattro deputati (oltre a Borghezio, Mario Lucio Barrai, Oreste (Tino) Rossi di Alessandria, Luciano Lorenzi di Cuneo, e il senatore Marco Preioni. Tutti, allineati e coperti con Bossi. «Non siamo uomini o donne per tutte le stagioni», attacca Bernardino Bosio, indicato nei giorni scorsi dallo stesso Bossi per «ricucire» lo strappo in un Piemonte nel quale il Carroccio può contare su una ventina di sindaci, tra cui lo stesso Bosio (primo cittadino ad Acqui), Francesca Calvo ad Alessandria, Riccardo Vaschetti a Mondovì. Fra i quattro consiglieri regionali (eletti) nel 1995, c'è il segretario provinciale di Torino, Roberto Rosso, sino a ieri favorevole all'apparentamento con il Polo deciso da Cornino. Scelta che qualche frutto l'ha pur dato. «Quanto meno - sostiene il segretario defenestrato - è servito a togliere dal frigorifero i nostri voti, senza snaturarli». In tal modo la Lega ha ottenuto il presidente del Consiglio provinciale di Novara, un assessore a Vercelli, un secondo membro di giunta nel Verbano-Cusio-Osso- la. Ma i suoi avversari - con in testa Mario Borghezio - non sono dello stesso parere. Per loro si è trattato di un «tradimento allo spirito e alla volontà della Padania». Di qui la battaglia, lo scontro, i fischi e gli applausi a Cornino, in un'assemblea di Varese che, salvo improbabili ripensamenti, ha di fatto posto la parola fine alla sua esperienza nella Lega, dopo che Bossi, nel 1993, lo volle candidare a sindaco di Torino, nel '94 lo fece ministro, infine, dopo il '96 capogruppo a Montecitorio. «Non c'è nessuno scontro», dice Bosio. Affermando che l'arrivo di Cornino, il suo discorso in assemblea «sono provocazioni per creare un caso». Visto che, valutato il discorso scritto che l'ex segretario del Piemonte, non potendo parlare, ha lasciato al presidente dell'assemblea Pagliarini, l'espulsione ci sarebbe stata comunque. L'uscita di Cornino dal Carroccio creerà contraccolpi in Pie- monte e a Torino? Nessuno si sbilancia. Malumori nei confronti di Umberto Bossi ce ne sono. Ma pochi, a quanto è emerso ieri, hanno il coraggio di esprimerli pubblicamente. Soprattutto adesso. Perché dire la «no» al Senatur, da oggi non potrà che avere che una conseguenza: andarsene come nel tempo hanno fatto altri: da Renzo Rabellino (che ha fondato il movimento Piemonte-Nazione) a Roberto Vaglio, ora Federalista ed alleato con Alleanza nazionale, attualmente assessore in Regione. Oppure come Gipo Farssino, che «emarginato» da Bossi (gli preferì Cornino alla guida della Lega piemontese) lasciò il movimento senza clamori, scegliendo, come dice lui, «l'arma del silenzio». Bernardino Bosio, il commissario in terra subalpina fedele al Senatur, è tuttavia ottimista: «Da domani riprenderemo le redini del Movimento in Piemonte. Se necessario ci conteremo. Ma sono convinto che per la Lega s'inizia una nuova vita». Ma pochi seguono l'ex leader cacciato Bosio: ora inizia una nuova vita