L'esercito contro il Falun Gong «Destabilizza la nostra società»

L'esercito contro il Falun Gong «Destabilizza la nostra società» Pechino intenderebbe chiedere all'America l'estradizione del capo della setta, Li Hongzhi, per frode fiscale L'esercito contro il Falun Gong «Destabilizza la nostra società» Luoyan Shen PECHINO Rullano forte i tamburi a Pechino. La setta del «Ciclo del Kharniin non dà segni di voler indietreggiare davanti all'ondata di arresti, anzi mobilita tutti i propri seguaci dentro e fuori la Cina, contro quella che definisce la più grande repressione dei diritti umani dai tempi di Tienanmonnel 1089. Dall'altro lato, il governo di Pechino lancia una massiccia campagna di propaganda interna, dando risalto ai tanti casi di gente morta per aver praticato il «Fallili Gong». E con un segnale che non deve lasciare dubbi alla gente comune, l'esercito ha dichiarato il suo pieno appoggio alla repressione. La polizia militare presidia tutte le città, e i seguaci della setta sono tenuti sotto controllo. Ma molti dei fermati nei giorni scorsi sono stati già liberati, dopo essere stati identificati. Intanto le strade per Pechino sono bloccate, per impedire l'annunciato arrivo di migliaia di fedeli. Infatti continuano le dimostrazioni e gli arresti a centinaia, anche se, come dicono funzionari di governo a «La Starnila», il numero di fedeli disposti al «martirio» sembra diminuire. Secondo invece i seguaci della setta, da venerdì sera ò in corso una nuova ondata di arresti su larga scala, e ad Harbin, una città industriale del Nord, in diecimila sono scesi in piazza per chiedere il rilascio di 4 «confratelli» fermati da due giorni. Intunto, da New York, il «guru» della setta, Li Hongzhi dice: «Noi non abbiamo mai fatto opposizione al governo... Anche se certa gente è cuttiva con noi, noi non possiamo essere cattivi con loro. Non possiamo essere nemici di nessuno». A un giornale di Hong Kong, città dove decine di seguaci protestano devanti ad una rappresentanza di Peehino, Li ha detto: «Non ho mai chiesto ai miei fedeli di ribellarsi contro il governo. Lo hanno fatto di loro iniziativa. Io non mi interesso di politica. Se abbiamo sbagliato - ha aggiunto -, ce lo dicano, e noi correggeremo gli errori». Di altro tono, invece, una sua dichiarazione pubblicata dalla setta su Internet: «Spero che il governo cinese e i suoi leader non trattino i membri del "Falun Gong" da nemici. Le conseguenze farebbero perdere fiducia alla gente. E sarebbero deludenti per il governo». Da Hong Kong, poi, altri adepti dichiaravano ieri che, «al fine di evitare un altro tragico 4 giugno (giorno della repressione sullu piazza Tienanmen, ndr), chiediamo con urgenza che tutti i buoni di cuore del mondo, tutti i governi e i mass media che sostengono il giusto, prestino grande attenzione ugli sviluppi in Cina, e prendono le misure necessarie per prevenire il ripetersi di un'altra trago dia umana». Affermazioni di questo tipo, e le continue dimostrazioni, convincono Pechino die c'ò una vera sfida politica in corso. In palio, secondo il Partito comunista cinese, c'ò il controllo del potere nel Paese. E il l'e non ha certo intenzione di mollare la presa. La decisione di passare agli arresti è stata dovuta, dicono fonti ben informate a Pechino, al fatto che la sfida politica nei comunicati della setta era andata crescendo nelle ultime settimane. «Diventavano di giorno in giorno più baldanzosi nell'opporsi apertamente e direttumen- te al Partito comunista - raccontano a Pechino -. Ma ne sottostimavano le reazioni». Anzi, secondo le fonti, il governo sta preparando una richiesta di estradizione agli Stati Uniti, per Li Hongzhi. Il «guru» potrà essere accusato di truffa e di evasione fiscale in grande stile. E' altamente improbabile che Washington consegni Li a Pechino, ma è invece possibile che tale richiesta contribuisca ad aumentare la tensione tra Cina ed America. In tal caso, se le mosse di Pechino non saranno attentamente misurate, nella crisi potrebbe aprirsi un capitolo internazionale, mentre la questione del bombardamento Usa dell'ambasciata cinese a Belgrado non è ancora chiusa. In ogni caso il Pc sembra oggi padrone della situazione. Le forze di sicurezza non sembrano più prese di sorpresa davanti alle dimostrazioni, come era accaduto il 25 aprile scorso con il loro primo sit-in a Pechino. E' vero invece il contrario, che i «Falun Gong», cioè, sono stati presi di sorpresa dalla violenta repressione scatenata dal Partito. «Li ha sbagliato, ha avuto fretta. Se avesse aspettato tre anni la Cina gli sarebbe caduta in mano senza sforzi, invece in uno scontro diretto il Pc non può perdere», spiega un professore a Pechino. Ma è possibile che nella sua scalata Li non abbia previsto una repressione? Arrestati una trentina di adepti a Pechino in un parco accanto alla sede del partito comunista Piazza Tienanmen è presidiata dai militari Agenti si preparano ad affrontare un corteo del Falun Gong sulla Tienanmen

Persone citate: Luoyan Shen