Un funerale eli preghiere e rabbia

Un funerale eli preghiere e rabbia Milano, oltre un migliaio di persone alle esequie del gioielliere ucciso. A rappresentare il governo c'era soltanto il prefetto Un funerale eli preghiere e rabbia «Ingiustizia? Dovevano lasciarci gli assassini» Claudio Altarocca mìlanò Due gli addii al gioielliere Ezio Bartocci, ucciso con un colpo al cuore da duo rapinatori appena lasciati uscire dui carcere perché drogati e malati di Aids e poi non più controllati da nessuno. Un delitto che ha esasperato il quartiere di via Padova sempre più crivellato di violenze d'ogni tipo, portandolo fin quasi al linciaggio dei due delinquenti subito presi, e che ha acceso a Milano e nel Paese le dispute sulla sicurezza che non c'è. Tutt'e due gli addii sono stati dignitosissimi, composti e silenziosi, senza dolori esibiti davanti alle telecamere, senza gli isterismi che si videro al funerale del tabaccaio ammazzato per rapina a cento metri da qui all'inizio dell'anno. Prima scena: l'androne del palazzo dove abitava il gioielliere. Scende la vedova, la signora Maria Rosa, pallidissima, senza pianto. Tiene per mano il figlio Stefano e la figlia Barbara, giovani molto belli: anche loro sanno nascondere lo strazio, lo sgomento. Ma quando la bara è deposta nel corridoio, la vedova si ritira di scatto dai due ceri che le accendono sotto gli occhi e s'appoggia a una colonna, spinge contro eli essa come a volervi entrare per fuggire e nascondersi, emettendo un neve gorgoglio. Minuti di silenzio assoluto. La bara esce ora sulla via, accolta dal «Va', pensiero» suonato dalla piccola banda di Crescenzago. I musicisti sono tutti anziani e sono tutti legati all'uomo dentro la bara, a cominciare dal capobanda Ruggero Bonazzi, amico d'infanzia. Le note dei sax e dei clarinetti, per l'emozione, escono stentate, oscillanti. La banda si pone davanti al carro funebre e suona per tutto il percorso in mezzo alla folla sui marciapiedi. Il corteo passa davanti alla gioielleria chiusa (sulla saracinesca si legge un cartello, «Lo Stato non liberi chi non riesce a controllare») e giunge alla chiesa di San Giuseppe dei Morioni i, un'imponente e vasta chiesa del '39 già alio! lai a di amici, di commercianti della zona, di clienti di Ezio Bartocci. Saranno un migliaio di persone. Ci sono pure le autorità: il sindaco Alberti ni e il vicesindaco De Corate, il presidente dolio Regione Formigoni, il vicepresidente della Provin- eia Vermi. Il governo lo rappresenta (soltanto) il prefetto. Nascosti in mezzo alla gente, l'ex finanziere di Tangentopoli Sergio Cusani e mi unitissimo, sconvolto Nando Dalla Chiesa. La scena cambia. Al funerale pubblico gli animi sono più accesi. C'è un applauso per il feretro, ma ci sono anche parole sibilate: «Guardate che spiegamento di forze! E quando ce n'è bisogno non ci sono mail», «Alla gente dovevano darli, quei due bastardi, allora sì che c'era giustiziai». Umori crudi, accanto a mani che si tendono a toccare Ezio che passa nella bara e ad altre parole, più dolci: «Ezio, sarai sempre nei nostri cuori». La cerimonia religiosa è solenne. La bara è in alto su uno stretto traliccio in ferro, come sospesa nel vuoto davanti al grande Crocefisso nell'altissima abside in mosaico dorato con qualche brillio. I celebranti sono nove, a semicerchio dietro l'altare. L'omelia del vescovo Erminio De Scalzi tocca corde delicate: «La richiesta di sicurezza che prepotentemente sale dalla città è un grido che va adeguatamente ascoltato, è un diritto che va garantito a tutti i cittadini»: senza però lasciarsi vincere dalla rabbia, perché «una risposta violenta genera soltanto altra violenza», bensì puntando su valori più alti rispetto all'ossessiva caccia al denaro che caratterizza l'odierna cultura sociale. Il vescovo De Scalzi è anche abate di Sant'Ambrogio, è venuto come un parroco che celebra l'addio a un suo parrocchiano, perché Ezio Bartocci è stato tra i fondatori del coro di Sant'Ambrogio: e il coro è presente, sono anche loro tutti amici di Ezio e lo salutano cantando in modo straordinario il requiem di Perosi «Ingressa», un «Alleluja» gregoriano e il popolare inno «Io credo, risorgerò». «Ero tremante», dice il corista Ferdinando. «E' un amico che muore», dice un altro corista, Luigi. Il funerale è finito. La gente se ne va a piccoli gruppi, molte persone si tengono ora per mano. Le saracinesche vengono tirate su di nuovo. Uno chiede: «Cambierà qualcosa adesso?». Un altro gli risponde: «Speriamo non in peggio». Poco prima un altro gioielliere, lì a due passi, in viale Monza, era stato derubato da due banditi armati di coltello. Un cartello davanti al negozio sbarrato «Lo Stato non deve liberare chi non riesce a controllare» 11 vescovo De Scalzi «La richiesta di sicurezza è un grido che va ascoltato dal Palazzo» I famigliari di Ezio Bartocci si tengono per mano mentre si dirigono in chiesa per II funerale dell'orefice assassinato martedì scorso durante una rapina

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