L'elefante dall'oceano alla savana «JSÉfc !

L'elefante dall'oceano alla savana «JSÉfc ! ARTICOLO SU «NATURE» L'elefante dall'oceano alla savana «JSÉfc ! Nell'embrione la prova della sua origine acquatica DICONO che gli elefanti abbiano una grande memoria. Chissà se si ricordano di avere avuto un passato sotto l'acqua del mare, quando avrebbero utilizzato la proboscide come boccaglio. Una recente ricerca ha dimostrato infatti che gli elefanti (Loxodonta africana) si sono evoluti da mammiferi simili alla mucca marina (Dugong), che ancora nuota in alcune aree dell'oceano Pacifico. Stiamo parlando del primo studio embriologico su questi animali, eseguito da Ann Gaerth e Roger Shot, dell'Università di Melbourne, in Australia, dopo avere ottenuto il prezioso materiale proveniente dal Kruger National Park in Sud Africa. E' infatti molto raro riuscire a lavorare con materiale simile: un embrione e sei feti di elefante che vanno dai 58 ai 166 giorni di gestazione. L'idea sull'insolito passato degli elefanti è stata suggerita da una curiosità fisiologica, i nefrostomi, vale a dire dotti cigliati renali a forma di imbuto che si aprono sulla superficie del mesonefro e che connettono la cavità celomica alla capsula del glomerulo renale. Essi permettono lo scambio osmotico tra il fluido celomico e il sangue. Il mesonefro rappresenta il rene definitivo in alcuni vertebrati e una forma transitoria dell'organo escretore in altri, in cui, a sviluppo completato, permane con alcune strutture accessorie o vestigiali: ne sono provvisti i pesci d'acqua dolce e le rane, alcuni rettili e tutti gli uccelli nel primo stadio del loro sviluppo ma nessun mammifero viviparo. Di solito ciò che compare solo a livello embrionale è un retaggio con ogni probabilità di un periodo ancestrale; al contrario le fattezze che compaiono più tardi nel corso dello svilup¬ po sono facilmente relative a un adattamento più recente. Negli elefanti queste vestigia - i nefrostomi - compaiono ad uno stadio precoce dell'embrione per poi scomparire. Inoltre la proboscide compare ed è ben sviluppata anche nel più giovane feto, in concomitanza con la comparsa dei nefrostomi nel mesonefro. Gli elefanti moderni utilizzano ancora la proboscide come boccaglio. E' frequente infatti che gli elefanti, soprattutto in Asia, viaggiando da un'isola all'altra, debbano nuotare, ma il collo troppo corto non permetterebbe loro di respirare con la bocca. I loro polmoni, d'altra parte, permettono di immagazzinare un'incredibile quantità d'acqua nella proboscide per poi farla finire in bocca. Queste scoperte vanno ad aggiungersi al fatto che - come è noto dai tempi di Aristotele contrariamente agli altri mam¬ miferi terrestri, gli elefanti hanno i testicoli intraddominali, come le balene e le foche. Lo studio dei ricercatori australiani è stato rafforzato da altre prove. Se si dà un'occhiata ai fossili, la testimonianza paleontologica suggerisce che gli avi degli elefanti erano acquatici e recenti studi biochimici, immunologici e molecolari mostrano una incredibile affinità tra gli elefanti moderni e la Sirena acquatica (Dugong e Manatees), facendo pensare che gli elefanti potrebbero avere lasciato la vita acquatica 30 mila anni fa. Il biologo Ernst Mayer ha scritto che lo sviluppo embriologico offre preziosi indizi per ricostruire la storia evolutiva delle diverse specie. Se questo non funziona per tutti gli animali, di sicuro calza perfettamente per gli elefanti. Marta Paterlini Università di Cambridge Gli elefanti, memori delle origini, conservano una gran confidenza con l'acqua

Persone citate: Ernst Mayer, Kruger, Marta Paterlini, Roger Shot

Luoghi citati: Asia, Australia, Cambridge, Sud Africa