Meduse all'assalto delle nostre vacanze

Meduse all'assalto delle nostre vacanze LE INSIDIE DEL MARE Meduse all'assalto delle nostre vacanze CHI va al mare pregusta già il piacere di tuffarsi in acqua tra un turbinio di spuma bianca. E' una sensazione così piacevole, quella frescura che ti avvolge mitigando il calore rovente della spiaggia... Ma non sempre tutto va per il verso giusto. Capita spesso che il nuotatore si veda improvvisamente davanti una folla di tremolanti meduse. La prudenza gli consiglierebbe di fare dietro-front e di uscire dall'acqua al più presto possibile. Ma se non fa in tempo a invertire la rotta e senza accorgersene sfiora una di quelle graziose creature dall'apparenza così innocua, allora sono guai. E come se avvertisse improvvisamente una staffilata bruciante e subito la parte colpita si arrossa e si gonfia. Le meduse che in queste estati invadono le nostre acque costiere appartengono alla specie Pelagia noctiluca. Sono medusine dall'ombrello largo otto centimetri, ma i loro tentacoli trasparenti e lunghissimi nascondono le invisibili «armi segrete», tipiche non solo delle meduse ma anche degh anemoni di mare e dei coralli (m pratica di tutto il phylum dei Cnidari(dal greco «knydé»=ortica). Che cosa sono queste misteriose «armi segrete»? Sono i «cnidoblasti», celluline a forma di vescica ripiene di un liquido urticante, entro cui pesca un filamento cavo avvolto a spirale. Da ciascuna di queste cellule sporge all'esterno un minuscolo peluzzo. Basta che un corpo estraneo lo sfiori perché lo stimolo si trasmetta alla vescicola. E, in tempo variabile dai tre ai cinque millesimi di secondo, scatta all'infuori il filamento che si conficca nelle carni dei disturbatore come un ago da siringa, iniettandogli il veleno. Naturalmente queste armi non sono rivolte contro l'uomo, intruso nel dominio marino. Sono strumenti per la cattura delle prede. Nulla da paragonare comunque al veleno di altre meduse che vivono lontano da noi, in acque tropicali o polari. Come il gigante della famiglia, la terribile Cyanca arctica che, come dice il suo nome, vive nei mari artici. Ha un ombrello largo due metri e centinaia di tentacoli lunghi fino a quaranta metri. E' una spaventosa trappola di morte per le creature che hanno la disavventura d'incontrarla. Non meno pericolse le cubomeduse dei mari tropicali il cui veleno è così potente che può provocare nell'uomo una morte quasi istantanea. Ci sono poi i veleni prodotti da molte specie di pesci - circa trecento - e da altri animali marini. Va detto subito però che la stragrande maggioranza dei più temuti produttori di tossine vive nei mari tropicali. La splendida Caravella portoghese (Physalia phisalis) colonia di celenterati dai tentacoli lunghi fino a 40 metri ha un veleno paragonabile per tossicità a quello dei cobra. Il pesce leone (Pterois volitans) che fa il largo intorno a sé per i velenosissimi raggi della pinna dorsale o il tremendo pesce sasso (Synanceia verrucosa), ritenuto il pesce più velenoso del mondo, abitano tutti nei mari caldi. Da noi la disavventura più frequente è quella di mettere il piede su uno scoglio subacqueo ricoperto di ricci di mare. Gli aculei che li proteggono sono seghettati e fragili, sicché facilmente si spezzano rimanendo incastrati nella nostra pelle. Ma anche se l'estrazione è un tantino fastidiosa, non c'è da temere dalla specie più comuni lungo le nostre coste, il Paracentrotus liyidus, di cui mangiamo gli organi sessuab. Sono quei cinque spicchi carnosi color arancione che si mettono a nudo spaccando in due la corazza, come fanno gli ostricari sulle loro bancarelle. Diverso sarebbe il discorso se avessimo a che fare con il temibile Toxopneustes pileosus che vive nel Pacifico occidentale. Basta sfiorarlo perché le minuscole ganasce delle sue innumerevob pinze (le «pedicellarie») si rinserrino, iniettando un veleno molto tossico per l'uomo. Le pedicellarie dei nostri ricci sono troppo deboli per penetrare nella pelle umana. Nelle nostre acque, per fortuna, gli avvelenatori temibili sono una sparuta schiera. Ci si può imbattere in una Pastinaca (Dasyatis pastinaca) dal corpo largo e piatto, che sulla flessibile coda a frusta ha impiantato un robusto aculeo velenoso capace di provocare ferite dolorose, o si può calpestare inavvertitamente un pesce-ragno, un trachinide che se ne sta semisepolto nella sabbia del fondo. E' un' esperienza che non si dimentica facilmente, perché il doloro è lancinante, specie se l'esemplare calpestato è la tracina drago (Trachinus drago) o la tracina vipera (Trachinus vipera) che feriscono con l'aculeo degli opercoli branchiali e i raggi spinosi della prima pinna dorsa¬ le. Di solito però l'infortunato guarisce entro una decina di giorni. Ma speriamo che tutto vada bene, che il nostro bagnante riesca a farsi una bella nuotata senza inconvenienti e ritorni a riva gocciolante e ritemprato. E' allora che gli viene la voglia di farsi una passeggiata lungo la spiaggia, dove può incontrare altre creature, questa volta assolutamente inoffensive. Se smuove la sabbia col piede, ecco che ne sbuca fuori un nugolo di animaletti che per la forma compressa e per la buffa maniera d'incedere a salti fanno pensare alle pulci. E infatti le chiamano «pulci di mare». Sono in realtà crostacei antipodi appartenenti alle specie Talitrus saltator. Vivono queste minuscole creature nascoste nella sabbia, approfondendosi quel tanto che basta per trovare un po' di umidità. Ma quando escono allo scoperto, si dirigono senza esitazioni verso il mare, scegliendo la via più breve. E non è detto che il mare lo vedano, perché se li si trasporta dietro una duna, da dove il mare non lo vedono certo, puntano ugualmente nella giusta direzione. Si è scoperto che si orientano usando come bussola il sole, la luna e la luce polarizzata. La selezione naturale condanna a morte gli individui che scelgono la direzione sbagliata. Il che dimostra come sia fissata geneticamente nella specie la direzione che conduce al mare. E' una delle tante sorprese che ci riserva una rapida escursione lungo il confine tra terraferma e mare, un habitat difficile, eppure fittamente popolato. Isabella Lattes CoHmann ECTODERMA GONADE CANALE RADIALE CANALE CIRCOLARE MANUBRIO afei-i^- CAVITA1. GÀSTROVASCOlARC U- MSSOGLEA DERMA ic specie più diftuse nel Mediterraneo sono piccole ina con tentacoli lunghissimi e trasparenti

Persone citate: Del Mare, Isabella Lattes