Simenon d'estate

Simenon d'estate UN GENTILUOMO TRA I BANDITI Simenon d'estate Il costume da bagno, aderendo strettamente al suo corpo, ne delineò le forme procaci. Un lieve rossore colorì le sue guance. E lui la strinse in modo diverso dalle altre volte... IVPUNTATA »<IA*SUNTÒ Giacomo ed Elsa si incontrano a New York e vanno ad abitare nella stessa pensione: hanno finalmente un lavoro e tra loro è già scoccato un bacio galeotto ASSO circa mezz'ora, e finalmente una scarpa cadde sul pavimento, seguita qualche minuto dopo dall'altra. Soltanto dopo un'ora, Arbaud si decise ad uscin; per andare ad indossare l'uniforme verde-oliva dei fattorini del «Prado». Una formalità molto semplice. «Porche non vi sposate?», sospirava (piasi tutti i giorni l'eccellente signora Bennot covando con gli occhi i due innamorati. «Mi spiaci.' di dovere essere severa con voi. Ma... e il mio dovere!... Capisco che voi due (ale sul serio!... Ma, guardate, per non prendere ad esempio die il suonatore di trombone... Lo sapete, vero?... ebbene! egU si è innamorato della cantante di varietà che alloggia al Ili... e se io chiudessi un occhio per voi... il tromboni» starebbe lutto il giorno al I 8|... Queste parole non sono che una piccola parte, un modesto campione (ini discorsi della signora Bennet, la quale, buonissima ii bravissima donna, aveva la mania di occuparsi degli amori altrui. Dal giorno che per caso aveva sorpreso Giacomo ed Klsa a baciarsi nel corridoio del secondo piano, ella considerò come suo preciso dovere, come donna di matura esperienza, incamminare sulla buona strada quell'amore, che, senza il .suo intervento, resterebbe forse una futile avventura. «Sposatevi! E' tanto semplice! Ditemi che solo volete e mi incarico io di procurarvi subito il permesso!... Si sbriga lutto nello stesso giorno... Ed allora 10 vi (laro la grande camera del primo piano. Arbaud ed Elsa si guardavano con una grande voglia di scoppiare a ridere, ma non osavano farlo per timore di dispiacere alla signora Bennet; pulivano sempre aver bisogno un giorno del suo eredito! Si accontentavano di evitare 11 più possibile il salone della pensione. Uscivano insieme tutti i giorni e rientravano furtivamente. (lite in vaporetto, giostre, tiri a segno, ottovolanti: remunerazione completa sarebbe fastidio sa. Ad Atlantic City, borgata a pochi minuti di ferrovia da New Yoik, la domenica, la spiaggia rigurgita talmente di folla che diventa una impresa ben ardua riuscire a raggiungere l'acqua. E' appunto la prima vera che dii il segnale d'inizio a questi esodi settimanali sotto un sole ancora lievemente anemico. Giacomo Arbaud ed Klsa furono una di quelle migliaia di coppie che corrono cos'i al divertimento dopo una settimana di penoso lavoro. Furono visti da per tutto. Ben presto Giacomo conobbe alla perfezione tutti i dintorni di New York, senza contare j;li orari dei treni e dei vaporetti che avrebbe potuto recitare a memoria. Conobbe inoltre i prezzi d'affitto dei sandolini e (ielle cabine da bagno. Klsa era felice. Ella adorava la folla e si sentiva a suo agio noi luoghi dove centinaia di persone si agitavano e ridevano. Manifestava allora la sua gioia stringendo con maggior lorza il braccio di Giacomo al quale si appoggiava. «Oh, andiamo sulle "montagne russe", Giacomo!». Giacomo come francese non amava troppo quel genere di divertimenti. Talvolta un sorrìso un po' ironico sfiorava le suo labbra sottili, il sorriso di un parigino che acconsente a tutte le fantasie di una sartina alla Fiera di Neuilly. EgU era nato in un altro ambiente e soltanto la volontà di guadagnarsi la vita con i propri mezzi, aveva l'atto di lui un modesto lavoratore, l'uguale di Klsa. Il suo modo di pensare ed il suo genere di vita si avvicinavano molto più a quello degli eleganti clienti del «Prado» che egli contemplava ogni notte per delle ore. Queste cose, Giacomo, non li; pensava: le sentiva confusaniente e preferiva non analizzare i suoi sentimenti. Klsa era molto graziosa con quell'aria deliziosamente spavalda di piccola lavoratrice americana. In principio, Giacomo era rimasto un po' disorientato dalla grande avidità di godere l'esistenza della sua compagna, ma poi si era abituato. Quando SÌ trovavano insieme da qualche parte, ella si comportava con lui come avrebbe fatto un buon vecchio amico. Nulla nei suoi gesti e nei suoi atteggiamenti rivelava che ella nutrisse per lui un sentimento qualunque, ma, improvvisamente, quando in mezzo alla folla attendevano il treno per ritornuro in città, con uno slancio appassionato ella si gettava nelle sue braccia mormorando: «Oh! Giacomo, come sono felice!». E rimaneva stretta contro di lui con gli occhi socchiusi; se egli parlava ella sospirava: «No, non ditemi nulla!...». Spesse volte, per tutto il tempo che durava il tragitto ella rimaneva in preda ad una dolce emozione che assaporava come una delizia. Appena giungevano sulle scale della pensione della signora Bennet, ella incollava i suoi labbri su quelli di Giacomo ed il suo corpo, tutto nervi, si appiattiva sul corpo vigoroso dell'uomo. Un lungo bacio, poi ella gli scivolava dalle mani ed entrava nella sua stanza. Giacomo Arbaud si era abituato a questo contegno come si era abituato alle idee di Klsa O'Nell sulla questione del denaro. Adesso egli guadagnava più di lei, ma mai ella accettava che le spese non fossero scrupolosamente divise. Dopo una domenica di divertimenti ella prendeva dalla borsetta un piccolo taccuino e con una matita, di cui bagnava con la saliva la inulta, si preparava a scrivere: «Quanto avete speso per la cabina?». Talvolta egli fingeva di non ricordarsene e allora ella s'impazientiva: «Bene - diceva lo domanderò a qualche amico! E il biglietto del treno?... E i costumi che abbiamo noleggiato?... Poi abbiamo bevuto tre aranciate, vero?...». Ella addizionava, divideva: «Vi devo un dollaro, Giacomo, eccolo...». «Ah, se lasciaste fare a me! sospirava continuamente la signora Bennet. - a quest'ora sareste già sposati!». Giacomo Arbaud non rispondeva ma incominciava a pensarci. V.gYi non poteva vivere in cosi grande intimità con Klsa senza essere, molto spesso, sfiorato dal desiderio del possesso completo della ragazza. Egli, allora, si era accontentato delle labbra che ella, d'altra parte, gli dava generosamente. Ma spesso, quando attraverso la parete che separava le camere, egli la sentiva andare e venire per la stanza, un gran sospiro sollevava il suo petto. Sposarsi? Perché no? Come diceva la signora Bennet, negli Stati Uniti è molto facile sposarsi. E' una delle formalità più semplici che si compiono in mezza giornata. E chissà se Elsa non ci pensava anche lei? Giacomo Arbaud non era mai stato l'uomo delle grandi decisioni. L'unica grande risoluzione presa nella sua vita era stata quella di lasciare la Francia per l'America e, ancora, egli aveva deciso così solo nel momento preciso quando sUo padre gli aveva sospeso l'assegno mensile. A Parigi non aveva voluto sminuirsi ajdi occhi degli amici accettando un lavoro qualsiasi, mentre a New York, dove nessuno lo conosceva, poteva accettare qualsiasi occupazione. Il posto che occupava al «Prado» non era molto invidiabile. Egli era costretto tutte le sere ad indossare l'uniforme verde oliva con i galloni d'oro e non aveva il diritto di rifiutare le mance che gli venivano offerte. Cercando bene, Arbaud avrebbe potuto trovare qualcosa di meglio: delle lezioni di francese, oppure un impiego in qualche ufficio. Ma al «Prado» egli aveva modo di osservare da vicino tutte le celebrità sia finanziarie che artistiche e politiche degli Stati Uniti. A poco a poco s'iniziava alla vita americana: assisteva come muto testimonio a dei traffici più o meno loschi e cercava di comprendere e d'imparare... Quando ne avesse saputo abbastanza avrebbe cercato a sua volta di fare qualcosa anche lui. Che cosa? Ancora non lo sapeva. Ma si sentiva che c'era molto da fare. Forse Elsa avrebbe preferito vederlo impiegato in qualche ufficio, non perché ella avesse dei pregiudizi stupidi e che l'uniforme del fattorino la spaventasse, ma la vita notturna che Giacomo era costretto a fare non la faceva vivere tranquilla, era forse gelosa delle belle donne di New York che tutte le notti sfilavano davanti al suo innamorato? Ella aveva letto sui giornali molte storie di dame ricchissime che erano fuggite con fattorini di circoli o ai alberghi. Per molte ore della notte egli viveva vicino ad un ambiente che era proibito alla ragazza e sul quale ella si faceva delle idee molto false ed alcune vere. Spesso ella gli diceva: «Una sera quando avrò un abito adatto, verrò al Prado, una volta sola per vedere...». Egli non diceva apertamente di no, ma pensava al modo d'impedire ad Klsa di mettere in esecuzione questo progetto che non lo soddisfaceva troppo... Passarono ancora alcune settimane e l'intimità tra Giacomo ed Elsa diveniva sempre più grande. A parte le ore di lavoro dell'uno e dell'altra, essi passavano tutto il tempo libero insieme, senza mai litigare, cosa che meravigliava assai la buona signora Bennet. «Com'è possibile che non ne approfittiate per sposarvi? Non riesco a capirlo! Quando penso che quasi tutti gli innamorati passano il loro tempo leticando e che finiscono con lo sposarsi ugualmente!.... Mio marito e me!... Ebbene, quando si era fidanzati non passava giorno che non mi facesse piangere... Litigavamo per delle sciocchezze, per delle cose ridicole... Ciò non ha impedito che il nostro matrimonio abbia avuto un'ottima riuscita... Voi due sarete la coppia più perfetta della terra, soprattutto nella grande camera del primo piano le cui finestre danno sulla strada... Si vedono anche, fra le due case di fronte, gli alberi di Wite Park». Era proprio una fissazione! La signora Bennet era sempre stata felice quando aveva potuto combinare un matrimonio e adesso non disperava di riuscire a far sposare anche la cantante del 18 col suonatore di trombone. Ella s'impazientiva davanti all'atteggiamento passivo di Giacomo e di Elsa che non si decidevano a sposarsi. «Che cosa aspettano?» domandava, quando i due giovani erano assenti, all'unica cameriera dell'albergo. Finalmente la signora Bennet trionfò: ma non furono certo i suoi discorsi a decidere Arbaud. Fu ancora una volta il caso che fece tutto e il pianerottolo del secondo piano fu il teatro della scena che costituì il punto di partenza della nuova vita dei due giovani. Una domenica sera, Giacomo ed Elsa tornavano da Atlantic-City dove avevano trascorso tutta la giornata in costume da bagno, dandosi a tutti i divertimenti della spiaggia. Era di maggio e la giornata era stata eccessivamente calda: questi primi effluvi della primavera ammollivano i nervi, penetrando nell'organismo con languori voluttuosi. Era forse per questo che quel giorno Arbaud aveva guardato la sua giovane amica con maggiore insistenza specialmente quando, * usciti dall'acqua, il costume da bagno, aderendo strettamente al corpo di Elsa, ne delineava nitidamente le forme procaci. Se ne era accorta Elsa? Probabilmente, perché in treno, al ritorno, ella era stata più silenziosa del solito e, presentendo il pericolo, non si era rannicchiata tra le braccia di Arbaud. L'aria libera, il sole scottante, l'acqua di mare, avevano sfibrato i due giovani che provavano come delle lievi vertigini. Mentre salivano la scala della pensione, gli occhi di Arbaud non avevano abbandonato un istante la snella figura di Elsa. Improvvisamente, al momento di lasciarsi, egli la strinse a sé in modo così diverso dalle altre volte, che ella fu scossa da un tremito. Che cosa c'era di cambiato in Giacomo? Perché quella stretta così differente dalle altre? Elsa si sentiva a disagio: un lieve rossore colorì le sue guance. (Continua) ©1929 Estate of Georges Simenon ali rights reserved Per gentile concessione di Adelphi Edizioni Giacomo non poteva viverle accanto in grande intimità senza essere sfiorato dal desiderio di possederla Ed Elsa incominciava ad essere gelosa del club e di tutte quelle donne bellissime che ogni sera incontrava

Luoghi citati: America, Francia, New York, Parigi, Stati Uniti