Pico, eresia e scandali d'amore: una vita davvero al massimo

Pico, eresia e scandali d'amore: una vita davvero al massimo Pico, eresia e scandali d'amore: una vita davvero al massimo RECENSIONE Anacleto Verrecchia PICO della Mirandola e la sua prodigiosa erudizione, la temperie culturale in mezzo a cui visse e la morte che lo colse ad appena trentun anni di età, la bellezza fisica accanto a quella intellettuale, la carcerazione per eresia e perfino uno scandalo d'amore: sono tutti temi che si prestano benissimo a una rievocazione biografica, ma lo strumento dell'autrice ha le corde allentate e suona male. La prosa di Mariateresa Beonio Brocchieri è sciatta, per dirla benevolmente. E poi che bisogno c'è di scrivere continuamente «conte»? A pagina 21, per esempio, questo titolo è ripetuto tre volte di seguito. Se si ha l'intelligenza di Pico, i titoli nobiliari diventano un ammennicolo superfluo e anche grottesco. Nella repubblica delle lettere esiste una sola aristocrazia: quella dello spirito. Nella premessa, che s'intitola «La vita di un uomo» e quindi suona come una promessa, l'autrice si RECENAnaVerr SIONE eto chia chiede: «Qual è il vero - Pico?». E' quello che mi chiedo anch'io dopo aver letto questo libro, che non ha né l'allure della biografia, né il rigore del saggio critico. Per giunta e sbilanciato: per sole centoquaranta pagine di testo, ce ne sono dodici di appendici, quattordici di schede biografiche e diciassette di bibliografia. La natura era stata decisamente liberale con Pico e gli aveva dato tutto: intelligenza geniale, prestanza fisica, ricchezza e fin'anche l'arte di sapersi fare gli amici. Solo la sua sensibilità sessuale non era, per così dire, al posto solito o usuale. In altre parole era a ponente, anziché a levante. Il francese Pierre Antonetti, biografico di Savonarola, dice che a Firenze la pederastia era stata incoraggiata dall'umanesimo. E aggiunge: «Pico della Mirandola era noto per i suoi eccessi in questo campò». Tuttavia Pico volle fare una puntata anche nell'altra direzione. E fu un grande scandalo. Il 10 maggio del 1486, la giovane e bella Margherita, moglie di Giuliano di Mariano de' Medici e già vedova di un allevatore di cavalli, s'incamminò per andare alla messa di mezzogiorno in una chiesa di Arezzo. Ma non fece in tempo ad entrarci, perché fu rapita da un gruppo di uomini a cavallo e portata a Pico che fremeva di passione. Questa è la versione ufficiale. Secondo altre versioni, invece, la brava Margherita avrebbe organizzato un finto rapimento per volare verso l'oggetto delle sue brame. Ma quella «fiuta» non durò a lungo. Margherita fu ripresa e ricondotta dal marito, il quale si limitò a chiedere un indennizzo di ottantacinque fiorini. Per non sembrare ingiusto verso l'autrice, dirò che la seconda parte del libro va notevolmente meglio della prima. L'ultimo capitolo, però, è strozzato: appena un paio di frasi sulla morte del grande umanista, probabilmente dovuta ad avvelenamento. Un necrologio direbbe di più. Ho detto grande umanista, non grande filosofo. Dal punto di vista teoretico, infatti, le opere di Pico attengono più alla teologia che alla filosofia. Considerare l'uomo, come fa lui, qualcosa di completamente avulso dal resto del regno animale sa tanto di sacrestia. L'«Oratio de dignitate hominis» fa l'effetto di un insieme di variazioni sullo scandaloso passo della Genesi: «Crescete e moltiplicatevi, e popolate la terra, e assoggettatevela, e signoreggiate i pesa e i volatili del cielo, e tutti gli animali che si muovono sulla terra». Signoreggiate, cioè opprimete, tormentate e uccidete tutti gli altri esseri viventi: parla così, un Dio? E non poteva anche risparmiaisele, queste parole, dopo aver creato un essere malvagio come l'uomo? Quale penoso contrasto con le sublimi parole che Buddha rivolse al suo cavallo, quando lo lasciò libero: «Va'! Anche tu, un giorno, dovrai essere redento»! Molti considerano le «Conclusiones» di Pico il manifesto del Rinascimento. Questo vale per le arti, non per la filosofia, che lui posponeva alla teologia. E' anche sintomatica la sua grande amicizia con Savonarola, 1 uccello notturno che fece ripiombare Firenze nel Medioevo e vi instaurò una teocrazia da Vecchio Testamento. E chi aveva indotto Lorenzo il Magnifico a chiamare nella città del Rinascimento quel frate ossesso? Lui, Pico! Egli combatteva, e giustamente, le superstizioni di quelli che credono nell'astrologia: ma le superstizioni religiose sono forse diverse? Machiavelli rideva beffardamente sulle tuonate di Savonarola che preconizzava diluvi e iradiddio; a Pico, invece, si rizzavano i capali per la paura. Questo, beninteso, non toglie nulla alla sua grandezza di umanista. Che poi l'Inquisizione abbia perseguitato anche lui, fino a incarcerarlo per breve tempo nel castello di Vincennes in Francia, è una prova in più di quale fosse il clima di oppressione e di fanatismo che per secoli ottenebrò il mondo cristiano. Una biografia con troppe appendici sul genio della Mirandola: più umanista che filosofo, ma in fondo simpatico avventuriero Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Pico della Mirandola riemme. pp. 208, L 30.000 BIOGRAFIA

Persone citate: Anacleto Verrecchia Pico, Machiavelli, Mariateresa Beonio Brocchieri, Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Pierre Antonetti, Savonarola

Luoghi citati: Firenze, Francia, Medioevo, Pico